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Orlando, Vittorio Emanuele.

Giurista e uomo politico italiano. Dal padre, avvocato, ereditò la passione per l'attività forense e la simpatia per le idee politiche risorgimentali. Laureatosi in Legge, conseguì la libera docenza in Diritto costituzionale nel 1882, ottenendo immediatamente l'incarico di insegnante presso l'università di Palermo. Fautore di un liberalismo temperato, partecipò in modo attivo alla vita politica italiana. Fu deputato in Parlamento dal 1897 al 1925, poi ministro della Pubblica Istruzione (1903-05), di Grazia e Giustizia (1907-09 e successivamente 1914-16) e dell'Interno (1916-17). In coincidenza con la disfatta di Caporetto, dal 29 ottobre 1917 ricoprì la carica di presidente del Consiglio dei ministri. Dopo aver contribuito a ridare nerbo alla Nazione duramente provata dallo scacco militare (tanto da meritarsi l'appellativo di "presidente della vittoria"), al termine del conflitto partecipò in qualità di capo della delegazione italiana alla conferenza di pace di Parigi. In quell'occasione, però, le qualità di accorto mediatore messe in evidenza nella politica interna non gli furono di grande aiuto: in particolare, sulla questione dei confini con la Jugoslavia si trovò in netta contrapposizione con il presidente americano Wilson, arrivando ad abbandonare la conferenza in segno di protesta. Per questo fu duramente criticato dai nazionalisti e dovette ritornare sulla propria decisione. Rientrato a Parigi il 7 maggio 1919, si trovò in una posizione di netta inferiorità, tanto che gli insuccessi al tavolo delle trattative contribuirono alla caduta del suo Gabinetto. Nei confronti del Fascismo fu inizialmente cauto. Nel 1923-24 appoggiò, con la sua autorità di costituzionalista e di liberale, la riforma Acerbo, entrando nella lista elettorale fascista. Il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 determinò il suo passaggio all'opposizione, per poi rassegnare le dimissioni da deputato il 7 agosto successivo. Nel 1931 abbandonò l'insegnamento universitario per non dover prestare giuramento di fedeltà al regime fascista, dedicandosi agli studi e all'attività forense. La sua partecipazione alla vita sociale riprese attivamente con la caduta del Fascismo: ritornò all'insegnamento accettando una cattedra presso l'università di Roma (1944), fu membro della Consulta nazionale e dell'Assemblea Costituente (1946-47), per poi essere investito della carica di senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana (1948-52). In qualità di giurista, O. può essere considerato il fondatore della scuola italiana di diritto pubblico, il cui assunto fondamentale è che il diritto, liberato da qualsiasi interferenza filosofica e ideologica, doveva fondarsi su se stesso assumendo lo statuto di scienza giuridica. Tra le opere: Della resistenza politica individuale e collettiva (1885), Diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione (1887), Principi di diritto costituzionale (1889), Principi di diritto amministrativo (1890), La giustizia amministrativa (1901), Diritto pubblico generale e diritto pubblico positivo (1924), Immunità parlamentari e organi sovrani (1933), Diritto pubblico generale (1940) (Palermo 1860 - Roma 1952).