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Orchestra.

(dal greco orchéstra, der. di orchêisthai: danzare). Il complesso degli strumenti musicali e degli esecutori ai quali spetta l'esecuzione di un'opera musicale. ║ Per estens. - Complesso di suoni o voci. ║ Fig. - Insieme di diversi elementi o motivi. ● Mus. - Nella terminologia musicale moderna si distingue tra grande e piccola o. e o. da camera, anche se tale distinzione non è rigida. La grande o. (detta anche o. sinfonica) è costituita da un elevato numero di strumenti, che in alcuni casi possono arrivare fino a 100 elementi (dei quali una trentina di strumenti a fiato, una sessantina di strumenti ad arco, una decina di strumenti a percussione). In alcuni casi possono far parte della grande o. anche il pianoforte e l'organo. L'o. da camera non comprende in genere più di una quarantina di elementi, soprattutto archi (da 20 a 25), mentre per le sezioni di legni e ottoni non possono essere presenti più di due elementi per ciascun tipo di strumento. Simile all'o. da camera per numero di elementi è la piccola o., che si differenzia però per il tipo di strumenti previsti: essi possono infatti variare a seconda del tipo di esecuzione e non sono soggetti ad alcuna limitazione. ║ O. jazz: o. di piccole dimensioni, che prevede due sezioni, una ritmica (batteria, pianoforte, ecc.) e una melodica (clarinetto, tromba, tromboni). ● St. - In Italia il termine o. cominciò ad assumere il significato attuale solo intorno alla metà del XVIII sec., mentre con la stessa accezione veniva usato in Francia già dai primi decenni del secolo precedente. Il significato originario, infatti, indicava la parte del teatro posta fra la scena e le gradinate, quindi il luogo destinato ad accogliere gli esecutori dell'opera e non il complesso strumentale in sé. Nel corso dei secoli variarono sensibilmente sia il numero e il tipo degli strumenti compresi in un'o., sia la loro disposizione e collocazione nello spazio scenico. Se già in età medioevale si erano avuti i primi, elementari esempi di piccole formazioni musicali composte da un ristretto numero di strumenti (mentre eventuali vasti organici strumentali erano utilizzati in caso di cerimonie civili o religiose), fu solo nel corso del Cinquecento che si crearono i primi raggruppamenti organici di strumenti usati per l'esecuzione di un'opera. Si trattava dei cosiddetti concerti, che a seconda del tipo di esecuzione o del gusto del pubblico, potevano comprendere elementi della stessa famiglia (concerto di viole) o di famiglie diverse. Utilizzato sia nelle opere di carattere sacro, sia in quelle profane, talvolta insieme alle voci, più spesso negli intermezzi tra due scene, il concerto cinquecentesco non prevedeva alcun tipo di annotazione per l'orchestrazione, che quindi veniva lasciata alla volontà del maestro del concerto ed era determinata dalle possibilità e contingenze del momento. Una maggiore attenzione alla composizione strumentale dell'o. si riscontrò a partire dai primi decenni del Seicento, quando i compositori cominciarono a fornire l'indicazione degli strumenti che avrebbero dovuto eseguire l'opera: significativo in tal senso fu l'Orfeo di C. Monteverdi, che nella stampa recava l'elenco degli strumenti previsti nella prima rappresentazione. Il concerto barocco fu caratterizzato dalla preferenza per l'omogeneità dei timbri piuttosto che dalla ricchezza e dalla varietà dei contrasti. Esso vide inoltre l'affermazione sempre più netta degli strumenti ad arco, fondamento da allora di ogni formazione orchestrale; divisi in una scrittura a quattro parti (violino I, violino II, violoncello, viola, ai quali si aggiunse il contrabbasso sul finire del Settecento), gli archi sostituirono gradualmente la più antica famiglia delle viole. Nel concerto barocco si avvertì presto la necessità di una più precisa individuazione timbrica, che prendesse il posto dell'ormai abusato concerto grosso, basato su un gioco di contrapposizione tra il "concertino" (basso e due violini) e il resto della strumentazione. Una tappa fondamentale in questo senso fu l'o. voluta da Vivaldi, il quale seppe sfruttare pienamente le diverse possibilità degli archi (tremolo, pizzicato, ecc.), ma sottolineò anche la funzione delle parti soliste, arricchite con una grande varietà di strumenti a fiato. Un utilizzo parimenti raffinato delle singole voci orchestrali fu quello di Bach, che adottò il timbro di ogni strumento in funzione espressiva, legandolo ad un particolare momento psicologico. Un'organizzazione stabile, anche se non rigida, dell'o. e un suo ampliamento (introduzione dei corni, già presenti in Scarlatti e Händel, del flauto traverso, dei clarinetti) fu raggiunta solo nel corso del Settecento, grazie ai contributi fondamentali di Mozart e di Haydn, che nelle 12 sinfonie per i concerti pubblici tenuti a Londra volle un'o. di 40 elementi, molti più di quelli generalmente previsti nelle o. del tempo. In particolare fu un'o. tedesca, quella di Mannheim, ad esercitare un ruolo di primo piano nello sviluppo di un rinnovato linguaggio musicale, mentre, contemporaneamente, Gluck seppe creare per primo nuovi efficaci impasti strumentali. Nelle partiture teatrali di Gluck e di Mozart venne inoltre introdotto il trombone (strumento già noto ma adoperato in modo del tutto sporadico), il cui ruolo all'interno di un'o. sinfonica fu in seguito valorizzato soprattutto da Beethoven. Il Romanticismo derivò la sua o. direttamente da quella classica, ma rivolse maggiore attenzione alle risorse tecniche ed espressive di ogni strumento, in funzione evocativa o descrittiva. Inoltre, a causa della maggiore complessità della scrittura orchestrale, il ruolo di coordinatore prima svolto dal maestro al cembalo o dal primo violino fu affidato al direttore d'o. e maestro concertatore che, oltre a svolgere la funzione di direzione, inevitabilmente diede dell'opera una propria e personale interpretazione. La sezione dei fiati non fu più ristretta all'utilizzo in determinate enunciazioni tematiche ("forte"), ma acquistò una maggiore indipendenza e fu esteso a temi o controcanti di vario tipo. Tipicamente romantica fu la preferenza accordata a determinati strumenti, come il clarinetto o il corno, usati quali mediatori di immagini, temi e motivi caratteristici del gusto dell'epoca; ma in genere si può riscontrare, soprattutto a partire dal quarto decennio dell'Ottocento, un arricchimento della famiglia dei fiati, con l'introduzione del basso tuba e di altri strumenti particolari (clarinetto basso, corno inglese, cornetta, ecc.). Nel corso del XIX sec. venne introdotta la distinzione fra o. teatrale e sinfonica: gli esponenti del sinfonismo romantico, come F. Schubert, F. Mendelssohn, R. Schumann, F. Liszt, conservarono l'organico voluto da Beethoven; le o. teatrali invece, con H. Berlioz e J. Meyerbeer, raggiunsero nuovi effetti attraverso l'uso degli ottoni, del corno inglese e delle arpe. Le innovazioni introdotte in ambito operistico furono sviluppate da R. Wagner, che nel suo Wort-Ton Drama attribuì all'o. un ruolo fondamentale nello svolgimento dell'azione. Egli sfruttò i timbri strumentali nella loro specificità, potenziando ulteriormente la sezione dei fiati (non meno di tre strumenti per ciascuna famiglia) e ampliando l'organico orchestrale che nella Tetralogia superò i 100 elementi. L'orchestrazione sinfonica e operistica tardo-romantica, rappresentata da R. Strauss, da Mahler e dal primo Schönberg, continuò la ricerca di effetti, moltiplicando le parti e aumentando il numero degli strumenti. Più tradizionale fu il tipo di o. impiegato da Brahms, che basò la struttura musicale sugli archi e limitò gli effetti coloristici; contrapposto al gigantismo sonoro tardo-romantico fu infine il linguaggio orchestrale di Debussy, che predilesse sonorità attenuate e sottilmente sfumate. A partire dai primi anni del Novecento si impose una nuova concezione della sonorità strumentale, mediante l'utilizzo della vasta gamma di possibilità di giustapposizione e contrasto dei diversi timbri piuttosto che di impasti armoniosi, tipici del gusto romantico e tardo-ottocentesco, e attribuendo a ciascuno strumento una funzione spiccatamente solistica. Sperimentatori fino alle estreme conseguenze di questo nuovo modo di organizzare l'o. furono Schönberg, che arrivò a teorizzare una "melodia di timbri" e a realizzarla nei suoi 5 Pezzi per o. (1909), e A. Webern. La reazione al linguaggio orchestrale tardo-romantico si manifestò anche con un ritorno all'o. da camera, con numero ridotto di strumenti, in una ricerca di sonorità e combinazioni strumentali insolite rispetto alla crescente omogeneità delle tradizionali o. sinfoniche. Fenomeno caratteristico del Novecento fu la nuova importanza accordata alla sezione degli strumenti a percussione. A quelli tradizionali fu affiancata una varietà di altri strumenti (vari tipi di tamburi, cimbali, gong, wood-block), impiegati in numero crescente e con un ruolo sempre più significativo all'interno dell'orchestrazione; in alcuni casi si arrivò a concepire o. interamente composte da percussioni (E. Varèse, J. Cage), contemporaneamente all'introduzione nella musica occidentale della ritmica impulsiva pura e del rumore. Il secondo Novecento fu caratterizzato da radicali innovazioni nel procedimento orchestrale, introdotte dai numerosi movimenti d'avanguardia sorti sia in Europa che in America. Tali mutamenti (uso degli archi in modo da coprire tutto lo spettro delle frequenze mediante l'utilizzo di cluster e glissandi, introduzione di effetti stereofonici, sperimentazione elettronica, ecc.) avevano come presupposto un nuovo pensiero musicale, non più fondato sui concetti di timbri, altezze e forme, ma su quello ben più ampio di materia fonica. Fino alla metà del secolo l'o. oscillò fra i due estremi della piccola formazione libera e dell'imponente compagine orchestrale; tuttavia, a partire dagli anni Settanta e in particolare nella corrente neo-romantica dei primi anni Ottanta, si è osservato un ritorno a organici orchestrali più tradizionali.