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Omocromìa.

Biol. - Forma di mimetismo grazie al quale certi animali presentano una livrea che, per la sua colorazione, si confonde con l'ambiente circostante; si differenzia quindi dall'omotipia (che è pure un tipo di mimetismo) in cui l'animale assomiglia per la sua "forma" ad un oggetto (foglia, stecco, ecc.) dell'ambiente in cui esso vive. In certi casi la colorazione del corpo può variare a seconda di quella del substrato; in tal caso si parla di o. variante. In questo tipo di o. il cambiamento può essere temporaneo o permanente, invariabile o specifico, capace di ripetersi o aggiustabile. Può essere in stretto rapporto con il ciclo stagionale o con quello vitale; può essere ottenuto in modo assai rapido, istantaneo e, in questo caso, è dovuto al sistema nervoso, oppure raggiunto gradualmente, e allora è provocato da un meccanismo umorale. Il fenomeno è anche detto cromomimesi, cioè "imitazione del colore", e si manifesta in gradi diversi; nel grado inferiore l'animale ha semplicemente un colore diffuso, uniforme; più in alto si osservano delle macchie o delle striature come si trovano nell'ambiente stesso per i giochi di luce e d'ombra (è il caso della tigre dal corpo striato trasversalmente di nero e di giallo ad imitazione del terreno della boscaglia, in parte battuto dal sole e in parte a strisce d'ombra; oppure del fagiano dai colori bruni e dorati come quelli delle foglie secche e del terreno). Nel caso di evidenti o., quando l'animale è posto fuori dal suo ambiente di vita, esso diventa fanerico, cioè visibilissimo proprio per la sua vistosa colorazione. Un tipo di o. ancora più perfetta si ha quando la colorazione dell'animale (che riproduce, per esempio, quello di una foglia appassita) presenta segni corrispondenti alle tracce di fungilli parassiti della foglia o le tracce di morsi di insetti sulla foglia stessa. Se il colore è quello di una corteccia d'albero l'o. è perfetta al punto da riscontrare sulla livrea i segni dei licheni che sogliono vivere su quel tipo di corteccia.