Ott. - Metodo di registrazione e riproduzione di immagini tridimensionali,
elaborato da D. Gabor nel 1947, consistente nell'utilizzo di un fascio di luce
coerente emesso da un laser. Il fascio è indirizzato sia verso il
soggetto da riprendere, sia verso una lastra di materiale sensibile. La
radiazione laser viene, così, sdoppiata in due fasci che interferiscono
tra loro dando luogo a una figura di diffrazione registrata dalla lastra
chiamata
ologramma. L'ologramma non ha alcuna somiglianza con l'oggetto
reale ma contiene, in un codice ottico determinato, tutte le informazioni
sull'oggetto presenti in una normale fotografia, più ulteriori
informazioni che nessun processo fotografico tradizionale riesce a registrare e
che consentono una rappresentazione tridimensionale dell'oggetto stesso.
Illuminando un ologramma con un laser avente le stesse caratteristiche di quello
che l'ha prodotto, si liberano le onde luminose registrate, che risultano
indistinguibili dalle onde originarie, e che producono tutti i fenomeni prodotti
da quelle. Le onde liberate sono in grado di realizzare su uno schermo o su una
pellicola l'immagine dell'oggetto originario. Se sono invece osservate
direttamente, producono un effetto identico a quello che produrrebbero le onde
originarie: l'osservatore vede, quindi, ciò che a tutti gli effetti
è l'oggetto originario nelle sue tre dimensioni, completo di parallasse e
di tutti gli altri effetti presenti nel normale processo di visione. Lo sviluppo
di memorie olografiche è collegato alle applicazioni nelle elaborazioni
ottiche dei dati e alla loro archiviazione.