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Oligopòlio.

Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un numero ristretto di imprese che controllano la produzione di un certo bene o di un servizio. Di fronte alla perfetta concorrenza tra compratori, dunque, pochi sono i venditori, di grosse dimensioni e nella maggior parte dei casi in competizione tra loro, oppure rivolti a pratiche collusive. Nel caso in cui i venditori siano soltanto due si parla di duopolio. L'o. può essere collocato in una posizione intermedia tra il monopolio (V.), in cui l'offerente è uno solo, e il polipolio o libero mercato, in cui il numero degli offerenti è alto e imprecisato; ha tuttavia caratteristiche peculiari, che lo rendono sempre meno riconducibile a questi due schemi tradizionali. Nell'analisi teorica, si distinguono un o. puro od omogeneo (pochi venditori offrono beni e servizi economicamente identici) e un o. imperfetto o indifferenziato (vengono offerti beni e servizi tra loro concorrenti, così da provocare differenti conseguenze sul mercato). Nell'o. puro il prezzo sul mercato è unico (in base alla legge di Jevons) perché, se un'impresa proponesse un prezzo della merce superiore a quello di un'altra impresa vedrebbe annullarsi immediatamente le vendite; nell'o. imperfetto, invece, è possibile che vengano proposti prezzi diversi, poiché l'impresa a prezzo più alto vedrebbe semplicemente le vendite contrarsi, ma non annullarsi. Un elemento fondamentale caratterizza però entrambe le forme di mercato: l'indeterminazione oligopolistica, per cui l'oligopolista, a differenza di chi vende in un regime di concorrenza pura e di monopolio, non può confrontare la sua curva dei costi con la curva di domanda, perché, partecipando con pochi altri all'offerta totale e non essendo in grado di prevedere le reazioni degli altri al proprio comportamento, ignora su quale parte della domanda possa fare assegnamento, quindi non sa quale sia la sua parte di mercato. In questa forma di mercato non è allora possibile ricorrere alle curve di costo e di domanda, per poter determinare in linea teorica i valori di equilibrio delle variabili quantità e prezzo. In genere gli oligopolisti, attraverso accordi più o meno espliciti e rigidi, fissano quantità, prezzi, tipi di prodotto, estensione del mercato, ecc., in modo da intralciarsi il meno possibile, e possono addirittura giungere alla formazione di un unico blocco monopolistico. In questo caso si crea sul mercato una situazione di stabilità, in cui anche il prezzo si stabilizza a un livello più alto rispetto a quello che si definirebbe nella libera concorrenza. Se il mercato è da molto tempo retto da imprese oligopolistiche di grosse dimensioni, si assiste a un atteggiamento di opposizione rispetto all'eventuale ingresso di nuovi rivali, anche perché le imprese già inserite in questo tipo di mercato sono tutelate da diversi elementi: le crescenti possibilità di autofinanziamento e di ricerca, rese possibili dai maggiori profitti, e lo stesso continuo perfezionamento tecnico permettono loro, infatti, di ridurre i costi senza far scendere i prezzi. Quando una o più imprese oligopolistiche, per l'importanza acquisita, assumono di fatto la guida del gruppo, si parla di monopolio parziale o di o. parziale, a seconda del numero delle imprese dominanti che stabiliscono prezzo e quantità di vendita. In questo caso, le piccole imprese che coesistono sul mercato sono lasciate libere nella vendita e possono soddisfare il resto della domanda. L'o. si configura, dunque, come risultato e fonte del progresso tecnologico ed è la forma di mercato principale nelle economie capitalistiche più avanzate, nonostante le frequenti critiche cui è soggetto. Tra i limiti indicati nell'o. si segnalano: la rigidità dei prezzi, la debole o nulla reattività alle condizioni del mercato, gli sprechi legati alla costosa rete di distribuzione e alla pubblicità. Si mette in luce, inoltre, il fatto che gli incrementi di produttività non si traducono quasi mai in flessione dei prezzi, ma sempre più in aumento dei redditi monetari (salari e profitti) solo nei settori in cui gli incrementi si realizzano; non c'è, quindi, un incentivo all'espansione della produzione e della domanda in genere, e ne consegue un'accentuazione delle diseguaglianze nello sviluppo economico e delle difficoltà di riassorbimento dei lavoratori man mano liberati dal progresso tecnico. Infine le critiche a questo sistema pongono in evidenza il crescente condizionamento del lavoratore da un lato, e gli stretti legami tra colossi economici e potere politico dall'altro.