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Oculìstica.

Ramo della medicina che ha per oggetto lo studio dell'occhio dal punto di vista anatomo-fisiologico, patologico, terapeutico. ● Encicl. - L'interesse per l'occhio e le sue patologie, e quindi per l'o., è documentato sin dai tempi più antichi. La stele egizia di Iry, risalente al 2250 a.C., menziona l'oculista più antico di cui si abbia testimonianza; notizie sulla pratica dell'oftalmologia presso i Babilonesi si possono ritrovare nel Codice di Hammurabi del 2000 a.C. In India, sembra che l'o. abbia avuto un notevole sviluppo in epoche altrettanto antiche, come sarebbe documentato da uno dei più famosi libri di medicina della letteratura sanscrita, il Sasruta Samhita. In questo libro vengono esaminate molte malattie dell'occhio e il trattamento chirurgico della cataratta è descritto in modo assai dettagliato. Anche in alcuni testi di medicina cinese, risalenti al 3000 a.C., si può rilevare un grande interesse per l'anatomia dell'occhio e per il trattamento delle patologie dell'organo della vista. Ma fu soprattutto nell'ambito della cultura greca che l'oftalmologia raggiunse traguardi inaspettati. Alcmeone viene dai più ritenuto lo scopritore del nervo ottico (500 a.C.), mentre a Platone, Aristotele e Ippocrate viene riconosciuto un notevole contributo nell'impostazione scientifica dei problemi relativi all'organo della vista e alle tecniche di intervento. Considerando l'epoca romana possiamo notare un ulteriore avanzamento degli studi sull'occhio, con rilevanti contributi di anatomia descrittiva e la messa a punto di tecniche chirurgiche per la correzione della trichiasi (deviazione delle ciglia verso il bulbo oculare), della cateratta, dell'anchiloblefaro (bordi delle palpebre saldati fra loro) e di altre anomalie. Nel mondo arabo si affermarono, in particolare, Hunayn ibn Ishaq, autore di molte opere di argomento medico, fra cui Dieci trattati sull'occhio, e Avicenna, che descrisse in modo perfetto i muscoli dell'occhio e la funzione dei dotti lacrimali; il Canone di Avicenna era ancora in uso, nel XVII sec., all'università di Vienna. In epoca medioevale spiccano alcuni nomi di studiosi come Ruggero Bacone, cui vengono attribuite le scoperte del punto di incontro delle fibre dei nervi ottici in una disposizione incrociata e delle lenti convesse per correggere la presbiopia. Altri celebri ricercatori furono G. de Chaubiac e B. Grasso, un ebreo di Gerusalemme che insegnò nella famosissima Scuola Salernitana e che stampò uno dei primi libri di oftalmologia, il De oculis, eorum aegritudinibus. Successivamente, si ebbe in Occidente un rapido sviluppo dell'o. con A. Vesalio (che descrisse i processi cigliari e i nervi ottici non cavi) e con G. Falloppia, che descrisse la cornea e i nervi muscolari. G.F. D'Acquapendente, M. Malpighi, G.B. Morgagni, ampliarono nel complesso le conoscenze acquisite; Cartesio diede invece una nuova sistemazione tecnico-scientifica alla parte fisiologica dell'occhio. Un rivoluzionario ampliamento delle conoscenze si ebbe con la scoperta e il perfezionamento del microscopio composto, che permise nuovi osservazioni riguardanti il muscolo orbicolare, le ghiandole delle palpebre, le strutture del nervo ottico e della retina, la struttura lamellare della cornea, il significato e la configurazione dei suoi elementi. Nel XX sec. particolare attenzione è stata dedicata al problema del meccanismo della visione. Inoltre, si sono messe a punto nuove tecniche per la diagnosi delle malattie (elettroretinografia, fluoroangiografia, elettromiografia, potenziali visivi evocati, ecografia) e nuove pratiche chirurgiche (microchirurgia, criochirurgia, laserterapia).