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Obbedienza.

L'atto e l'effetto dell'obbedire; l'abitudine ad obbedire. ║ Sottomissione dovuta da parte dei religiosi ai superiori, o da qualunque subordinato ai superiori in una gerarchia. ● Dir. - Nell'ordinamento amministrativo il dovere di o. è disciplinato dallo Statuto degli impiegati civili dello Stato (D.P.R. del 10 gennaio 1957, n. 3). Secondo tale statuto l'impiegato non deve o. nel caso in cui l'ordine sia vietato dalla legge penale; quando, invece, l'ordine è palesemente illegittimo, deve farne rimostranza ed eseguirlo solo dopo che questo sia stato rinnovato per iscritto. ║ Rifiuto o ritardo di o.: delitto del militare o dell'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'autorità competente nelle forme stabilite dalla legge. È punibile con la reclusione fino a due anni. Agli effetti del C.P. militare di pace, il militare che rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine attinente al servizio o alla disciplina, intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione militare fino a un anno. Se il fatto è commesso in servizio, ovvero a bordo di una nave o di un aeromobile, la reclusione militare è da sei mesi a un anno; se il fatto è commesso in occasione di incendio o epidemia, o in altra circostanza di grave pericolo, può estendersi fino a cinque anni. La reclusione militare è fino a otto mesi per chi, appartenendo al personale di uno stabilimento di produzione per la guerra ovvero a uno stabilimento privato mobilitato, rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine inerente al servizio o alla disciplina di un superiore, nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento, ovvero di chi rappresenta l'Autorità militare preposta alla sorveglianza disciplinare dello stabilimento. La pena è aumentata, se il fatto è commesso durante il servizio o in presenza di più persone appartenenti allo stabilimento stesso. ● Rel. - Nella teologia cattolica l'o. è una virtù morale che fa sì che il cristiano accetti la volontà di Dio e di coloro che lo rappresentano. L'o. verso Dio è di natura religiosa; quella verso i genitori è detta pietà filiale. L'o. nel cammino verso la perfezione si articola in tre momenti: esecuzione dell'ordine; conformazione del proprio volere a quello del superiore; sottomissione del proprio giudizio a quello del superiore. Quest'ultimo momento è proprio dell'atto di o. a Dio, per cui il cristiano accetta il volere divino senza porsi domande anche se non ne capisce i fini. ║ Nel diritto canonico, rapporto di sottomissione tra i religiosi e i loro superiori. ● St. delle rel. - Il principio dell'o. è da considerarsi elemento essenziale dell'ordine sociale umano, ma ben presto si pose il problema dei suoi limiti. In particolar modo, nel momento in cui la Chiesa cristiana divenne un'istituzione distinta, destinata a governare gli interessi spirituali dell'umanità, indipendentemente dallo Stato, si pose il problema della duplice o., religiosa e politica, che impegnò nei secoli successivi scrittori, politici, teologi e giuristi. San Paolo, nella Lettera ai Romani, impostò per primo il problema politico: differenziandosi nettamente dalla dottrina costituzionale romana, secondo cui l'autorità del governante derivava dal popolo, affermò che l'o. al potere costituito era un dovere poiché, essendo stati tutti i poteri esistenti ordinati da Dio, chi vi si opponeva, contrastava l'ordine divino. Le affermazioni di San Paolo divennero parte essenziale della dottrina cristiana e l'obbligo dell'o. civica divenne una virtù cristiana riconosciuta. Il cristiano, però, era vincolato da un duplice dovere, verso lo Stato e verso la Chiesa; se i due poteri venivano a conflitto, egli doveva obbedire alla seconda. Riguardo ai rapporti tra le due istituzioni, divennero basilari le dottrine di Sant'Ambrogio, di Sant'Agostino e di San Gregorio, al cui pensiero si richiamarono gli scrittori cristiani ogni volta che il problema si ripresentò nel corso dei secoli successivi. Ambrogio affermò recisamente l'autonomia della Chiesa in materia spirituale e il dovere di o. all'autorità religiosa, da cui neppure l'imperatore era esentato essendo, come ogni altro cristiano, figlio della Chiesa "dentro, non sopra di essa". Nella Città di Dio Sant'Agostino immaginò una Repubblica cristiana in cui la duplice cittadinanza venisse annullata. San Gregorio, per primo, suggerì il dovere di "o. passiva", affermando che anche un cattivo reggitore ha il diritto non solo all'o., ma persino al silenzio. Nella Regola Pastorale affermò che i sudditi non solo devono ubbidire, ma non devono giudicare o criticare la vita dei loro capi, poiché, all'infuori di Dio, non esiste nessuno che sia superiore al reggitore e le azioni del sovrano rimangono tra Dio e la sua coscienza. Il problema dell'o. passiva divenne fondamentale dopo la Riforma protestante. Nei secc. XIV e XV i riformatori avevano reclamato il diritto di resistenza a un papa dichiarato eretico e, nel XVI sec., reclamarono il diritto di opporsi ai re eretici. Il problema assunse successivamente più precise caratteristiche politiche, poiché sottintendeva il diritto di disaccordo col governo al potere. Pertanto, il problema se i sudditi avessero il diritto di opporsi ai loro sovrani (per la conservazione della vera dottrina cristiana) oppure se avessero un dovere di o. passiva, in quanto la resistenza era considerata sempre ingiusta, divenne il più controverso della filosofia politica. L'idea di o. passiva costituì la base della dottrina del diritto divino del re, alla quale si contrappose la dottrina secondo cui i re derivavano i loro poteri dal popolo e, quindi, potevano sempre essere chiamati da questo a rendere conto del loro operato. La dottrina dell'o. passiva fu sostenuta sia da Lutero sia da Calvino. Entrambi, infatti, affermavano che l'opposizione violenta ai governanti era sempre negativa. Tuttavia, se da un lato, la dottrina politica di Calvino insisteva sulla necessità di non opporsi all'autorità costituita, dall'altro affermava il diritto fondamentale della Chiesa di proclamare la pura dottrina e di esercitare una censura con l'appoggio del potere secolare. Ne conseguiva che, qualora una chiesa calvinista fosse venuta a trovarsi in uno Stato i cui governanti si rifiutassero di ammettere la verità della sua dottrina, essa poteva sciogliersi dal dovere di o. e affermare il diritto d'opposizione. Su questa strada la storia successiva, sia della Chiesa calvinista che di quella luterana, in particolare in Scozia e in Francia, contribuì allo sviluppo della dottrina che giustificava l'opposizione politica come mezzo di riforma religiosa.