Opera di F.W. Nietzsche, pubblicata nel 1872. In essa l'autore tratta
in maniera organica la tesi riguardante la divisione dello spirito della Grecia
classica in un momento apollineo e in un momento dionisiaco. Nel primo, secondo
il filosofo tedesco, prevale l'attività contemplativa e raziocinante,
mentre nel secondo viene esaltata la vitalità dell'esistenza. Secondo
Nietzsche la tragedia è la massima espressione del tentativo di sintesi
fra questi due momenti, soprattutto nelle opere di Eschilo e Sofocle. La
deformazione dello spirito originario della tragedia è stata operata,
invece, da Euripide che ha ridotto le figure divine secondo misura umana,
togliendo loro ogni carattere epico e privandole, in questo modo, di
grandezza.