Niente. ║ Il non essere. ║
Un n.: una quantità
piccolissima. ● Filos. - Il problema filosofico del
n. coincide con
il problema del non-essere, ossia di ciò che è assolutamente privo
di realtà, di cui si occuparono per primi gli Eleati. Fu Parmenide,
infatti, ad introdurre questo concetto, affermando che il
n. non
è, né se ne può conoscere la realtà perché ne
è privo. Per Democrito il
n. è lo spazio vuoto dove si
muovono gli atomi. Platone distinse tra un non essere assoluto, privo di
realtà, e un non essere come alterità, operando una distinzione da
cui Aristotele trasse, in seguito, i concetti di privazione, potenza, materia
prima. Con il Cristianesimo venne riproposto il problema del
n. con
l'idea della creazione come generazione dal
n. Il problema del
n.
assunse particolare importanza nella filosofia esistenzialista, congiunta ai
temi dell'angoscia, dell'assurdo, della disperazione, della morte.
L'Esistenzialismo si presentò, infatti, come filosofia dell'inadeguatezza
e della rottura irreparabile tra uomo e Dio, tra uomo e mondo, alla base della
quale si trova l'angoscia dell'uomo di fronte al
n. S. Kierkegaard rileva
che "la realtà dello spirito si mostra continuamente all'uomo come
un'apparizione che gli fa vedere la sua possibilità, ma appena egli cerca
di afferrarla svanisce; essa è un niente che può soltanto
angosciare". Il tema del
n. venne poi riproposto da M. Heidegger e da
J.P. Sartre nella
Nausea. Heidegger lo considera elemento essenziale
della filosofia, come principio e fine di ogni sforzo umano. Ne consegue che
l'esistenza umana più autentica altro non è, né può
essere, che la constatazione e l'accettazione dell'"impossibilità
possibile dell'esistenza".