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Noùmeno.

(dal greco noúmenon: ciò che è conosciuto dalla ragione). Filos. - Termine filosofico, usato già da Platone e ripreso da Kant, indicante l'oggetto intellegibile dal pensiero. Per Platone, che usò il termine solo al plurale, significa ciò che è pensato o pensabile dal puro intelletto, indipendentemente dall'esperienza sensibile, ossia le idee in quanto distinte dagli oggetti sensibili. Kant intende per n. l'essenza pensabile della realtà in sé, inconoscibile al nostro conoscere vero e proprio, in contrapposizione al fenomeno, ossia a ciò che è "oggetto di esperienza possibile" e di cui il n. costituisce il fondamento, il substrato. Secondo Kant, la nostra conoscenza ha origine da una intuizione sensibile ed è soltanto conoscenza dei fenomeni, mentre è impossibile conoscere la "cosa in sé", il n. della realtà in se stessa, di cui si deve però ammettere l'esistenza, se si afferma che la nostra è conoscenza solo di fenomeni (apparenza). Il fenomeno è, quindi, la realtà quale appare nello spazio e nel tempo, percepibile attraverso le forme soggettive del senso e dell'intelletto; mentre il n. è, per Kant, ciò che pensiamo esistente, ma che non conosciamo, ossia una realtà antecedente alla coscienza e pertanto inconoscibile. È il sovrasensibile e l'incondizionato, posto fuori dall'esperienza, oggetto diretto e immediato di una possibile intuizione intellettuale, escluso dal campo della conoscenza ma percepibile dalla ragion pratica o coscienza morale. Così il n. o cosa in sé, realtà in se stessa, non sarà più un "essere", ma solo un principio morale. L'uomo partecipa sia al mondo fenomenico sia al mondo noumenico, e si pone quindi come mediazione. Tre sono i n. che Kant postula: Dio, l'anima, il mondo nella sua totalità. Il n. viene definitivamente eliminato dall'idealismo post-kantiano, in base agli stessi principi della gnoseologia kantiana. Ponendosi sul solco dell'idealismo post-kantiano, anche il neoidealismo inglese, sviluppatosi nella seconda metà del XIX secolo, pur accogliendo l'impostazione fondamentale del criticismo kantiano, ossia natura e realtà, quale risultato dell'attività della coscienza, non riconosce alcun n., ossia l'esistenza di una realtà antecedente alla coscienza e, perciò stesso, inconoscibile, ma tende a risolvere tutta la realtà nella coscienza e a spiegare in questa ogni valore.