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Noèma.

(dal greco nóema: concetto). L'oggetto della percezione intellettuale o il suo contenuto. Nel suo significato filosofico il termine si trova per la prima volta in Parmenide, e viene usato per indicare la conoscenza della verità data dall'intuizione originaria con cui il pensiero coglie l'essere, in contrapposizione alla doxa, l'opinione che nasce dalla percezione sensoriale. Per Aristotele n. è il concetto, la nozione semplice conosciuta immediatamente dall'intelletto (noûs) e non ancora connessa nel giudizio, e come tale non suscettibile di essere qualificata come vera o falsa. N. è, quindi, il punto di partenza della conoscenza discorsiva (diánoia). I concetti puri (noémata) possono essere semplici, se corrispondono ai significati dei termini generali di una lingua (per esempio, il termine "uomo" designa il n. "uomo"); sono complessi se si generano dalla connessione di più concetti semplici nell'unità di senso di una frase, di un'asserzione affermativa o negativa. Nella fenomenologia di Husserl, il termine n. è stato ripreso per designare il contenuto dell'esperienza vissuta e, più precisamente, il senso (Sinn) di essa: in altri termini, non la cosa, ma il complesso dei predicati e dei modi di essere colti dalla riflessione e raggruppati intorno all'oggetto. Nel linguaggio husserliano, n. è l'aspetto oggettivo della coscienza intenzionale (Erlebnis), di cui la nóesis costituisce l'aspetto soggettivo.