Stato (323.878 kmq; 4.382.000 ab.) dell'Europa nord-occidentale. Confina a
Nord-Est con Russia e la Finlandia, a Est con la Svezia, si affaccia a Nord
sul Mar Glaciale Artico e sul Mare di Barents, a Ovest sull'Oceano Atlantico
(Mare di Norvegia), a Sud sul Mare del Nord (Skagerrak). Capitale: Oslo.
Città principali: Bergen, Trondheim e Stavanger. Ordinamento: Monarchia
costituzionale. Il potere legislativo spetta al Parlamento, formato da due
Camere; il potere esecutivo, formalmente prerogativa del re, viene esercitato
dal Governo. Moneta: corona norvegese. Lingua: Bokmål (Riksmål),
parlato dalla maggior parte della popolazione, e Nynorsk (Landsmål),
neo-norvegese. Religione: protestante. La popolazione è formata quasi
esclusivamente da Norvegesi; solo la parte più settentrionale del Paese
è abitata da una piccola minoranza di Lapponi e di Finni.
GEOGRAFIAIl
territorio della
N. occupa il lato atlantico della penisola scandinava,
un territorio quasi interamente montuoso, che solo nella parte sud-orientale
declina, aprendosi in valli piuttosto ampie e fertili. Geologicamente la
N. rappresenta l'estremità occidentale dello scudo baltico. Fu
interessata dall'orogenesi caledoniana, che determinò la nascita delle
montagne, sommerse più volte dalle acque; successivamente l'orogenesi
cenozoica accentuò l'asperità dei rilievi. A seguito delle
glaciazioni del Pleistocene emersero le valli piatte a trogolo (
kiolen),
gli altipiani montonati (
fjelde) e i laghi glaciali. All'interno del
rilievo norvegese è possibile distinguere diverse zone: 1) a Nord-Est
l'altopiano del Finnmark, caratterizzato da altitudini non molto elevate,
innalzantesi in massicci isolati (monte Rastegaissa, 1.069 m), e dalla presenza
di larghi e profondi fiordi (Varangerfjord, Tanafjord, ecc.); 2) al confine con
la Svezia i monti Kjolen, formanti una catena continua, la cui altezza oscilla
fra i 700 e i 1.000 m; 3) a Sud-Ovest una zona di altopiani con profondi fiordi
(Sognefjord, Hardangerfjord, ecc.) e scarpate (700-1.500 m), che cadono a picco
sul mare; 4) a Sud-Est una zona pianeggiante attraversata da numerosi fiumi. La
costa è molto frastagliata e fronteggiata da diverse isole, raggruppate
nei due arcipelaghi delle Lofoten e delle Vesteralen, nonché da scogli
che rappresentano le sommità aguzze di una piattaforma frantumata dalle
erosioni marine e glaciali. I fiumi, caratterizzati da corso piuttosto breve,
risultano ricchi di acque, essendo alimentati dai ghiacciai; il maggiore
è il Glomma (610 km). Numerosi i ghiacciai che ricoprono gli altipiani,
tra i quali importanti sono lo Jostedalsbre (880 kmq) e lo Svartisen (500 kmq).
La
N. è ricca anche di laghi di origine glaciale. ║
Clima: Paese subpolare, la
N. presenta una grande varietà
di climi a seconda della latitudine e dell'altitudine. In generale, rispetto
agli altri Paesi dell'Europa settentrionale le temperature, grazie agli influssi
della Corrente del Golfo, si presentano relativamente miti. Solo nelle regioni
del Nord il clima diventa particolarmente rigido, fino a raggiungere periodi di
oltre 300 giorni di gelo all'anno; nel Finnmark le estati sono brevissime e
caratterizzate dal sole di mezzanotte, mentre gli inverni, molto freddi, sono
avvolti nell'oscurità. Le precipitazioni sono abbondanti sulle coste,
mentre diminuiscono all'interno.
Cartina della Norvegia
ECONOMIA
Le condizioni climatiche e l'esiguità delle terre coltivabili hanno reso
difficile lo sviluppo dell'economia norvegese. Nonostante questo la
N.
è oggi uno degli Stati europei con il reddito pro capite più
elevato. All'agricoltura è riservata un'esigua parte della superficie
territoriale (circa il 2,7%), limitata a strette fasce nei fondivalle, o lungo
le coste di fiordi e laghi. Avena, orzo, frumento, segale e patate sono le
coltivazioni principali, essendo più adatte al clima freddo. Il
patrimonio forestale (conifere, pini, abeti rossi), che alimenta le industrie
della carta e della cellulosa, pur costituendo una risorsa fondamentale del
Paese, è soggetto a uno sfruttamento inferiore alle sue reali
possibilità. Molto fiorente è, invece, l'allevamento del bestiame
(bovini, ovini, caprini, suini), principalmente stallivo, dati gli scarsi
pascoli, e quello degli animali da pelliccia (visoni, volpi). Nelle zone
settentrionali, presso i Lapponi, è caratteristico l'allevamento della
renna. Grande importanza ha la pesca (aringhe, merluzzi), che viene condotta
secondo le più moderne tecniche, e su cui si basa una fiorente industria
conserviera. Tuttavia, l'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche ha posto
il problema della scomparsa di diverse specie di pesci. Modeste le risorse
minerarie terrestri (rame, titanio, argento e carbone proveniente dalle isole
Svalbard). Fattore decisivo per l'economia norvegese è stata la scoperta
di enormi giacimenti di idrocarburi nel Mare del Nord; dalle prime
trivellazioni, condotte negli anni Sessanta, la produzione di petrolio e gas
naturale è andata continuamente aumentando, anche se, attualmente, la
tendenza del Governo norvegese è quella di svincolare l'economia del
Paese da questo settore. Di fondamentale importanza sono anche i traffici
marittimi. L'industria, che può fare affidamento su cospicue fonti
idroelettriche, è particolarmente sviluppata nei settori metallurgico,
chimico, tessile, alimentare, della lavorazione del legno e delle costruzioni
navali. Un'importanza sempre crescente per l'economia norvegese sta assumendo il
turismo.
STORIALe
origini e il Medioevo: popolata da genti di antica tradizione marinara (alle
originarie popolazioni finniche si erano sovrapposte, durante le grandi
migrazioni, tribù germaniche), la
N. rimase politicamente divisa
in piccoli raggruppamenti sino alla fine del IX sec., quando iniziò, con
le spedizioni vichinghe (
Yuglinger), una politica espansionistica che,
nel corso di circa tre secoli, portò i Norvegesi ad avere il dominio sui
Paesi baltici e a spingersi sino al Mar Bianco, all'Irlanda, alle isole
britanniche e alla Francia. Le piccole signorie norvegesi si unificarono
nell'872 sotto Aroldo I che si assicurò la supremazia del Paese.
Tuttavia, alla sua morte, le dispute nate fra gli eredi per la successione
indebolirono il Regno, cosicché i Danesi poterono impossessarsi della
regione meridionale. Fu Olav I (955-1000) a riunificare il Regno e a introdurre
il Cristianesimo, la cui completa diffusione si ebbe con Olav II (1016-28).
Questi venne battuto da Canuto di Danimarca che, per un certo periodo,
unì al suo Regno la
N. Morto Canuto nel 1035, il figlio di Olav
II, Magnus I il Buono, riconquistò il trono e, per qualche anno,
assoggettò anche la Danimarca. Nel secolo successivo la
N. assunse
le caratteristiche di un regime feudale. A Magnus succedettero Aroldo III
(1047-66), morto nel tentativo di conquistare l'Inghilterra; Olav III (1066-93),
che adottò una politica pacifista e favorì i commerci; Magnus IV
(1093-1103) e Sigurd Jorsalfa (1103-30), che parteciparono alle Crociate. Il XII
sec. fu caratterizzato da aspre lotte dinastiche per la successione al trono, le
quali, determinando un vero e proprio periodo di anarchia nel Paese, favorirono
lo strapotere del clero. Fu Sverre Sigurdsson (1184-1202) a restaurare
definitivamente l'autorità regia. Haakon IV (1217-63) si impegnò
in una vasta opera di riorganizzazione del Regno, conquistò l'Islanda e
la Groenlandia e recuperò le Orcadi, le Shetland e l'Irlanda. Magnus VI
Lagaboter (1263-80) instaurò nel Paese una rigida gerarchia feudale e
concesse speciali privilegi ai mercanti tedeschi. Sotto Erik II (1280-99) ebbe
inizio un periodo di decadenza, determinato dalla concorrenza della Lega
anseatica: in breve, la
N. divenne completamente dipendente dai mercanti
tedeschi, sia per le importazioni, sia per le esportazioni. Dopo la morte di
Haakon V (1299-1319), per il matrimonio di sua figlia con Erik di Svezia, la
corona norvegese, insieme a quella svedese, passò a Magnus Eriksson VII
(1319-55) e quindi a suo figlio Haakon VI (1355-80). A seguito del matrimonio di
quest'ultimo con Margherita, figlia del re di Danimarca, il Regno si estese
ulteriormente. Margherita, reggente per il figlio Olav IV (1380-87),
riuscì ad imporre l'autorità della dinastia anche sulla Svezia
(rivendicata da Alberto di Mecleburgo) e, dopo la morte del figlio, scelse come
erede Erik di Pomerania, che venne riconosciuto dalla nobiltà dei tre
Paesi (Unione di Kalmar, 1397). Dopo la morte di Margherita (1412), la
N.
perse ogni centralità all'interno dell'Unione: controllata da funzionari
danesi, il suo commercio venne assoggettato a quello della Lega anseatica e si
trovò ad essere uno Stato satellite della Danimarca. ║
L'età moderna: nel 1523 l'Unione decadde e la
N. si
trasformò in una dipendenza del Regno di Danimarca, il cui sovrano impose
il luteranesimo (1537) e la lingua danese. Durante la guerra dei Trent'anni, la
N. perse lo Jamtland e lo Harjedalen (1645) e, nel 1658, il Baaluslen.
Dopo il 1660 la
N. visse un periodo di pace che favorì la
rinascita culturale, anche se non quella economica. Allo scoppio delle guerre
contro la Francia rivoluzionaria, l'aumento della richiesta di legname per le
navi favorì il commercio; tuttavia, il blocco navale, voluto dagli
Inglesi dopo l'appoggio concesso dal re Federico VI (1808-39) alla Francia,
danneggiò pesantemente la
N. Nel frattempo, l'opposizione ai
Danesi, manifestatasi più volte nel corso dei secoli in estemporanee
rivolte, si andava organizzando. Fra il 1814 e il 1815 il maresciallo di Francia
Bernadotte, reggente di Svezia, costrinse il re di Danimarca a cedergli la
N., che fu così unita alla Svezia. I Norvegesi si diedero una
Costituzione, estremamente liberale, che Bernadotte promise di rispettare; il 4
novembre 1815 egli fu nominato re di
N. con il nome di Carlo XIII. Negli
anni successivi l'economia del Paese conobbe un forte sviluppo, soprattutto
grazie alla crescita della sua flotta. Maturava nel frattempo il sentimento
nazionale. L'unione dei due Regni, entrambi indipendenti, lasciava alla
N. un'ampia autonomia negli affari interni. Il Parlamento norvegese
(
Storting) riuscì ad aggirare i numerosi veti del re, rifiutando
il sistema di Governo svedese ed esautorando completamente l'aristocrazia.
Contemporaneamente, si accentuarono i contrasti sociali e il movimento
nazionalista assunse caratteri decisamente progressisti. Tra il 1860 e il 1880
si sviluppò un movimento operaio filantropico, orientato verso il mutuo
soccorso e, nel 1884, si costituì un Governo moderatamente progressista.
Tre anni dopo, dall'unione di tutte le organizzazioni operaie preesistenti,
nacque il Partito del lavoro, che portò avanti rivendicazioni di
carattere democratico-liberale, quali il suffragio universale (introdotto nel
1898 ed esteso alle donne nel 1907), la giornata lavorativa di dieci ore, la
previdenza per la vecchiaia, ecc. ║
Il XX sec.: dopo lo
scioglimento dell'unione con la Svezia, avvenuto nell'agosto 1905, e
l'incoronazione del principe Carlo di Danimarca (re Haakon VII), il Partito del
lavoro divenne un elemento centrale della lotta politica. Oltre che tra gli
operai, esso conquistò una solida posizione anche tra i contadini,
riuscendo in tal modo a insediarsi stabilmente al Governo nel 1935. Il progresso
sociale del Paese fu favorito dalla neutralità mantenuta durante la prima
guerra mondiale, anche se ciò non evitò alla
N. la perdita
di circa la metà del suo naviglio mercantile. Tale progresso
costituì la nota dominante delle vicende norvegesi negli anni del
dopoguerra, sino all'aprile 1940, quando il Paese fu aggredito dalla Germania
nazista. Con l'avallo del partito Nasjonal Samling e di un Governo
collaborazionista, presieduto da V. Quisling, la
N. fu sottoposta a
occupazione sino al maggio del 1945. Dopo la sconfitta della Germania, Haakon
VII rientrò in patria e Quisling venne fucilato. Nelle elezioni
dell'ottobre 1945 i laburisti ottennero la maggioranza e formarono un Governo
presieduto da Einar Gerhardsen. La
N. riprese, sul piano interno, una
politica sociale di tipo gradualistico, mentre in politica estera
abbandonò, sia pure parzialmente, la tradizionale neutralità,
aderendo al Patto Atlantico e al Consiglio d'Europa. Nel frattempo, alla morte
di re Haakon VII (1957), la corona passò al figlio Olav V. All'inizio
degli anni Sessanta, il Governo laburista cominciò ad adottare una
più accentuata politica sociale, tentando in tal modo di arrestare
l'erosione da sinistra in favore dei socialisti popolari. Il tentativo di
rinnovamento non fu, tuttavia, sufficiente a evitare, nelle elezioni del 1965,
la perdita della maggioranza. Fu costituito un Governo di centro-destra
(conservatori, agrari, centristi, liberali, cristiano-popolari), presieduto
dall'esponente del Partito agrario Per Borten. Pur mantenendo intatte le
più importanti riforme laburiste, la coalizione moderata, che peraltro
poteva contare su una maggioranza molto esigua, adottò misure tendenti a
incoraggiare gli investimenti privati, proponendo inoltre un'ampia riforma
fiscale. In politica estera, invece, la coalizione di centro-destra non si
discostò dalla tradizionale linea di neutralità, contraria
all'installazione di basi militari straniere, pur nell'adesione alla NATO.
Questa linea rimase pressoché immutata anche dopo le elezioni del
settembre 1969, che segnarono un incremento del 3,5% dei voti laburisti, la
sconfitta dei socialisti popolari, privati dei due seggi che avevano in
Parlamento, e la ricostituzione, sotto la direzione di Per Borten, della
coalizione di centro-destra, maggioritaria per soli due seggi (76, contro i 74
dei laburisti). Il carattere ibrido della coalizione di Governo, minata da
profonde divergenze interne, rese ancora più difficile la conservazione
di una così esigua maggioranza. Alle altre difficoltà si aggiunse
il problema dell'adesione alla Comunità Economica Europea, che
provocò le dimissioni del Governo presieduto da Per Borten (marzo 1971).
In mancanza di una diversa alternativa, i laburisti diedero vita a un Governo di
minoranza presieduto da Trygve Bratteli, che continuò a portare avanti le
trattative per l'ingresso nella CEE. Gli accordi di adesione, sottoscritti dal
Governo, vennero però respinti dal referendum popolare svoltosi nel
settembre 1972, in cui il 53,9% degli elettori negò il proprio consenso
all'ingresso della
N. nella CEE. Seguirono le dimissioni del Governo
laburista, sostituito da una coalizione di centro (cristiano-democratici,
agrari, liberali), fortemente minoritaria, presieduta dal cristiano-democratico
Lars Korvald, la quale guidò il Paese sino alle elezioni del settembre
1973. Nonostante la netta flessione dei laburisti a vantaggio della coalizione
di sinistra (socialisti popolari e comunisti), Bratteli fu di nuovo incaricato
di dar vita a un Governo di minoranza. Nell'aprile del 1974 le formazioni della
sinistra (socialisti popolari, comunisti, laburisti dissidenti) decisero di
trasformare il "cartello delle sinistre" in un partito unitario, denominato
Partito socialista popolare. Nel tentativo di superare la crisi e di dare nuovo
slancio alla loro attività, i laburisti, dopo che Bratteli aveva
annunciato l'intenzione di rinunciare alla leadership del partito e del Governo,
durante il Congresso dell'aprile 1975 decisero di separare la carica di primo
ministro da quella di capo del partito. La direzione del partito venne assunta
da un esponente della sinistra, Reiulf Steen, mentre candidato alla carica di
primo ministro fu il leader dell'ala moderata, Olav Nordli. Le elezioni
amministrative, svoltesi nel settembre del 1975, confermarono le tendenze
dell'elettorato a spostare l'asse politico verso destra. Date le indicazioni
dell'elettorato, Bratteli accentuò la linea moderata del Governo,
preparandosi a cederne la direzione a Olav Nordli, divenuto primo ministro nel
gennaio 1976. Le elezioni politiche dell'anno successivo registrarono, dopo
essere state duramente e ripetutamente contestate da conservatori, centristi e
democristiani, la vittoria, se pure con un margine minimo, dei partiti laburista
e socialista. In politica estera il Governo di Nordli firmò, nel 1978, un
trattato di cooperazione industriale ed energetica con la Svezia e si
trovò ad affrontare una grave crisi con l'Unione Sovietica riguardo alla
delimitazione del Mar di Barents. Nel 1981 Nordli venne sostituito dalla sua
compagna di partito G.H. Bruntland. A seguito delle nuove elezioni, tenutesi nel
settembre del medesimo anno, la carica di primo ministro venne affidata al
leader del Partito conservatore, K. Willoch, che, nel giugno 1983, formò
un Governo di coalizione con i partiti cristiano-popolare e di centro.
L'alleanza governativa, tuttavia, non si presentò affatto compatta,
soprattutto sul problema della difesa (installazione di basi NATO e
denuclearizzazione della zona artica). Nelle elezioni politiche del 1985 la
coalizione di Governo ottenne una nuova affermazione, anche se di stretta
misura, tanto che, nella seconda metà degli anni Ottanta, non riuscendo i
partiti di centro-destra ad accordarsi su un programma, il Governo venne messo
in crisi dai laburisti con l'appoggio dell'estrema destra. Non essendo,
tuttavia, possibile indire elezioni anticipate, il nuovo Governo di minoranza
guidato da G.H. Brundtland, mancando di una maggioranza in Parlamento, si
trovò nell'anomala posizione di non poter decidere su importanti
questioni economiche e di politica estera. Le elezioni amministrative del 1987
videro un calo di socialisti, conservatori e centristi a favore della formazione
di estrema destra Partito del progresso, il cui programma prevedeva drastici
tagli alle imposte sul reddito, costituzione di basi NATO, privatizzazione della
scuola e dell'assistenza sanitaria. Tale risultato fu riconfermato dalle
elezioni politiche del 1989, a seguito delle quali il leader del Partito
conservatore, J. Syse, formò un Gabinetto insieme a democristiani e
centristi. Dopo la crisi determinatasi nel 1990 nella coalizione sul tema dei
rapporti con la CEE, Syse rassegnò le dimissioni, e fu sostituito da un
Governo minoritario presieduto di nuovo dalla signora G.H. Brundtland. Nel 1991,
alla morte del re Olav V, gli succedette il figlio Harald V. Le elezioni
politiche del 1993, oltre a riconfermare il Governo di minoranza laburista
segnarono un deciso incremento del Partito del centro (ex agrario). Un acceso
dibattito suscitò in
N. il tema dell'adesione del Paese all'Unione
Europea; nonostante gli sforzi del Governo laburista e del suo primo ministro,
fortemente impegnati sul fronte del "sì", nel corso del referendum
popolare (28 novembre del 1994) ben il 52,2% dell'elettorato si dichiarò
contro. Nonostante questo tipo di risultato "isolazionista", la
N. seppe
assumere in quello stesso periodo un ruolo di primo piano sulla scena politica
internazionale, con la nomina di Thorvald Stoltenber a rappresentante dell'ONU
in Bosnia (maggio 1993) e ospitando, sotto l'egida del ministro degli Esteri
Johan Jögen Holst, gli incontri segreti fra Israele e l'OLP, poi sfociati
negli accordi di Oslo. Dopo le consultazioni del 1997 la guida dell'esecutivo
venne affidata a K. Bondevik, che formò una coalizione di
centro-destra. Nel marzo 2000 Bondevik si dimise e venne sostituito dal
laburista Jens Stoltenberg. Nell'agosto 2001 vi fu un incidente diplomatico
tra
N. e Australia, a causa della nave norvegese Tampa che, carica di
naufraghi afghani raccolti nei pressi delle coste indonesiane, si vide rifiutare
il permesso di attracco dalle autorità australiane. Solo in settembre la
nave ebbe asilo nell'isola di Nauru. Le elezioni generali tenutesi nel
settembre 2001 si conclusero senza che alcun partito fosse riuscito a ottenere una
maggioranza di rilievo. Dopo un mese di trattative, i tre partiti maggiori, i
conservatori, i cristiano-democratici e i liberali, si accordarono per formare
un Governo di coalizione con il supporto del Partito del progresso, di estrema
destra: primo ministro venne designato nuovamente Bondevik. Nel marzo 2002 fu
intrapresa un'azione legale contro la compagnia britnnica British Nuclear Fuels,
per impedire lo scarico di rifiuti radioattivi nel mare antistante la base di
Sellafield. Nel settembre 2005 le elezioni parlamentari decretarono il trionfo
del Partito laburista guidato da Stoltenberg, che ottenne oltre la metà dei seggi
parlamentari: determinante per questa vittoria fu la fallimentare politica
economica e ambientale dell'ex premier Bondevik che, come già nel 2000, venne
sostituito da Stoltenberg.
LINGUAIn
N. coesistono oggi due lingue ufficiali: il
Bokmål ("lingua
libresca", già detto danonorvegese o
Riksmål "lingua di
Stato"), parlata dalla maggioranza della popolazione, e il neonorvegese
(
Nynorsk). La Scandinavia ebbe anticamente una lingua scritta comune (il
nordico comune o
runico). Con l'età vichinga la lingua
colta della
N. e delle sue colonie (Islanda, Groenlandia, ecc.) si venne
distinguendo (come lingua
norrena) da quella della Danimarca e della
Svezia. Il tardo Medioevo e l'epoca moderna, oltre a registrare profondi
mutamenti linguistici, segnarono la decadenza politica e culturale della
N., che perse la propria lingua letteraria. Il
Riksmål fu
infatti sostituito dal danese, divenuto, con la Riforma, la lingua della Chiesa
e della cultura. Il risorgimento politico del XIX sec. e la riconquista
dell'indipendenza, non si tradussero immediatamente nel ripristino
dell'unità linguistica. Il ritorno al norvegese, infatti, avvenne secondo
due direttrici diverse. Le tappe della prima sono rappresentate da H. Wergeland,
dalle
Fiabe norvegesi di P.C. Asbjörnsen e J. Moe, dal purismo di K.
Kundsen, da H. Ibsen, B. Bjornson, A.L. Kielland e J. Lie, con i quali il
Riksmål attinse una sua classicità. All'origine della
seconda direttrice, romantica populista e particolarista, sta I. Aasen,
promotore del
Landsmål (
lingua paesana, poi detto
Nynorsk), che nel 1892 venne legalmente parificato al
Riksmål. Il norvegese appartiene genealogicamente alla famiglia
delle lingue germaniche.
LETTERATURALa
letteratura che fiorì in
N. dall'età vichinga al XIV sec.
non è separabile da quella delle colonie norvegesi stabilite sulle isole
dell'Atlantico settentrionale. Nell'Islanda, anzi, dopo la grande immigrazione
della fine del IX sec., la cultura sopravanzò presto quella della
madrepatria, tanto che molti studiosi chiamano
islandese o
antico-islandese la letteratura e, insieme, la lingua, che altri dicono
norrena. Fu trascritto in Islanda nel XII sec. quello che è
ritenuto il più antico documento della letteratura norvegese, ovvero il
ciclo poetico dell'
Edda, risalente in realtà al VII-VIII sec.
Massimo rappresentante della letteratura norvegese antica fu Snorri Sturluson,
autore della raccolta
Heimskringla. A partire dal XIII sec. la produzione
letteraria fu caratterizzata soprattutto da ballate cavalleresche e da infelici
storie d'amore come il
Benedik e Aarolilja, poema simile al
Tristano
ed Isotta. Indipendente da questo genere fu, invece, il
Canto del
sogno, vicino alla letteratura apocalittica medioevale. Il declino politico
della
N. si tradusse nella decadenza letteraria: con la sottomissione
della
N. alla Danimarca si registrò anche una sudditanza
linguistica e culturale. Gli scrittori norvegesi dei secc. XV-XVIII composero le
loro opere in lingua danese, sicché non è possibile parlare di una
letteratura norvegese distinta da quella danese. Continuando l'opera di alcuni
autori umanistici che iniziarono a recuperare le antiche opere - si possono
ricordare P.C. Friis traduttore della
Heimskringla di Snorri, e H.
Gunarsson - durante il Settecento si registrò un primo recupero delle
tradizioni norvegesi con P. Dass, J. Wessel e C.B. Thullin. Massimo scrittore
dell'epoca fu il commediografo L. Holberg che, pur essendo norvegese, fu
però attivo in Danimarca. Una vera e propria letteratura norvegese ebbe
inizio solo dopo il 1814, cioè a partire dallo scioglimento dell'unione
con la Danimarca. I Norvegesi si trovarono allora concordi nel proposito di
fondare una letteratura che riflettesse la loro volontà di indipendenza.
Tra i rappresentanti di questo primo periodo si ricordano: H. Wergeland, C.
Collet, J.S. Welhaven. Un contributo fondamentale alla nascente letteratura
nazionale fu dato da P.C. Asbjörnsen e J. Moe, che raccolsero i racconti e
le fiabe del folclore nazionale, fino ad allora tramandate oralmente. Sulla via
del recupero del patrimonio tradizionale si mise anche un filologo, J. Aasen,
fondatore del neonorvegese, il quale nel 1848 pubblicò la prima
grammatica del
Landsmål. La seconda metà dell'Ottocento fu
dominata dalle figure di quattro grandi scrittori, alcuni dei quali ebbero
risonanza europea: il drammaturgo H. Ibsen, il drammaturgo e romanziere B.
Bjorson, che introdusse il Realismo nel Paese, i romanzieri J. Lie e A.
Kielland, impegnati sul fronte delle tematiche sociali. Appartenenti alla
corrente naturalistica furono anche i romanzieri A. Garborg, A. Skram e H.
Jäger. Alla fine del secolo il Naturalismo tramontò anche in
N. e l'Illuminismo positivistico venne sopraffatto da correnti
irrazionalistiche di stampo neoromantico. In questo contesto ricordiamo l'opera
di H. E. Kinck e di K. Hamsun che, rifuggendo da ogni problematica sociale,
concentrarono la loro attenzione sull'individuo, sulla natura e sugli ambienti
contadino e regionale. A questa temperie possono essere ricondotti anche i
romanzieri H. Aanrud, P. Egge, G. Scott, e i poeti S. Obstfelder, V. Krag. Nel
periodo compreso fra i due conflitti mondiali emersero le figure di O. Duun, che
diede una definitiva consacrazione al neonorvegese, della scrittrice S. Undset,
che ottenne fama a livello internazionale, oltre che dei romanzieri "proletari"
J. Falkberger, O. Braaten e K. Uppdal, impegnati sul fronte della critica
sociale. Forte fu la denuncia portata avanti da molti intellettuali norvegesi
nei confronti del nascente pericolo nazista (in questo contesto ricordiamo i
poeti O. Bull e A. Överland); l'eco della resistenza al Nazismo si ritrova
anche nei romanzi di impostazione fortemente cristiana di S. Christiansen.
Intorno agli anni Trenta va localizzato il meglio della produzione di T. Vesaas,
maestro del neonorvegese, e strenuo difensore del patrimonio naturale e
culturale del suo Paese. In questo periodo si colloca anche la narrativa
poliziesca di A. Sandemose. Del periodo del secondo dopoguerra citiamo le
novelle di T. Stigen e B. Haff, i romanzi aperti alle tematiche sociali di K.
Hol e O. Eidem, e quelli, di approfondita analisi psicologica, di T. Nedreaas.
Nel campo della poesia ricordiamo le sperimentazioni linguistiche di E. Okland e
T. Obrestad, oltre che i nomi di S. Skard, H. Börli e C. Gill. Negli anni
più recenti la letteratura norvegese ha visto svilupparsi generi e stili
estremamente differenziati: dalle novelle femministe di B. Vik, ai romanzi
esistenziali di G. Lunde e H. Roll, a quelli incentrati sulla descrizione della
vita delle popolazioni dell'estremo Nord di M. Mikkelsen, fino ad arrivare alla
narrativa satirico-futurista di A.
Jensen.
ARTELa prima
fioritura artistica della
N. va dal V al IX sec., quando si
sviluppò uno stile ornamentale di gusto tipicamente nordico,
caratterizzato da motivi animalistici. Successivamente, con la penetrazione del
Cristianesimo, si diffusero modelli europei, che si fusero in modo originale con
le forme costruttive nordiche. Vennero edificate numerose chiese in legno, la
cui struttura ricalca quella tradizionale delle sale di assemblea, con il tetto
poggiato su una fila di colonne interne. Si costruirono, inoltre, alcune chiese
in pietra, influenzate dallo stile normanno e da quello romanico massiccio (S.
Olav a Trondheim, XI sec.). Tra i secc. XII e XIII si diffuse, sotto l'esempio
della Francia, dell'Inghilterra e dell'arte tedesca, lo stile gotico (duomo di
Trondheim e Haakonshalle di Bergeen). A partire dai secc. XV-XVI si
registrò un periodo di decadenza, caratterizzato dalla ripetizione di
modelli olandesi e tedeschi, mentre solo in opere di intaglio si conservò
lo stile norvegese tradizionale. Tra le poche testimonianze del Rinascimento si
può ricordare la torre di Rosenkrantz a Bergen (1562-68). Nel XVII sec.
si distinsero lo scultore A. Smith e il ritrattista E. Fiigenschoug, mentre nel
XVIII sec. il nascente nazionalismo norvegese trovò espressione nelle
correnti romantiche e realiste. Il paesaggio costituì la fonte principale
di ispirazione del maggior pittore dell'epoca J.C.C. Dahl, nonché di H.
Gude e A. Cappelen; come ritrattista si distinse M. Stoltenberg, mentre A.
Tidemand privilegiò la rappresentazione di scene di vita popolare. In
campo architettonico, dopo il 1814, si affermò lo stile neoclassico che
ebbe il massimo rappresentante in H.D.F. Linstow (palazzo reale di Oslo).
L'influenza francese si fece particolarmente forte fra la fine del XIX e
l'inizio del XX sec., determinando la nascita di correnti pittoriche
naturalistiche e impressioniste (C. Krohg, F. Thaulow, H. Backer, G. Munthe, E.
Diriks, ecc.). Estremamente originale fu l'opera di E. Munch, considerato il
maggior pittore norvegese e padre dell'Espressionismo. Il suo influsso, insieme
a quello di Matisse, si fece sentire sui lavori di H. Soresen, A. Revold e P.
Krohg, i quali operarono un deciso rinnovamento nell'ambito della pittura
murale. Negli anni Trenta, accanto a tematiche di carattere sociale, si
diffusero esperimenti di ispirazione cubista (A. Storstein) e astratta (J.
Rian). Nello stesso tempo l'Espressionismo, commisto a moduli espressivi
surrealisti, si affermò con artisti quali R. Nesch, K. Fjell e A.
Ekeland, fino a prolungarsi negli anni Cinquanta-Sessanta con l'opera di S.
Winge e E. Hagen. Dopo la seconda guerra mondiale trionfarono l'espressionismo
astratto (K. Rumohr, J. Weidemann) e l'astrattismo geometrico (G. Gundersen) non
solo in pittura, ma anche nella scultura. Negli anni Settanta le avanguardie
artistiche norvegesi si indirizzano verso il concettualismo (gruppo Lyn) e la
video-art (M. Heske). L'architettura cercò una sintesi fra i caratteri
nazionali e il modernismo; in questo contesto vanno ricordate le
personalità di E. Viksjo (palazzo del Governo di Oslo), K. Lund e N.
Slaato (municipio di Asker), J. Eikvar e S.E. Engelbretsen (fondazione
Sonja-Henie-Niels Onstad a Hovikodden).
MUSICALe più
remote testimonianze di musica popolare norvegese sono rappresentate da canti
guerreschi, ninnenanne, canti di lavoro e danze. Nel folclore, tra i principali
strumenti si ricordano: l'
hardingfele una viola con quattro corde; il
langleik cetra ad otto corde; il
lur a fiato. Tra le danze,
citiamo lo
halling, il
gangar, lo
springleik o
springar. Con il cristianesimo si diffuse il canto gregoriano (fino al
1536); con la Riforma protestante, ebbe inizio un lungo periodo di decadenza.
Nel XVIII sec. si ebbero i primi segni di una ripresa, culminata con la nascita
delle prime società sinfoniche. La più antica di esse
(
Harmonien), ancora esistente, fu fondata a Bergen nel 1756, mentre al
1820 risale la fondazione a Oslo di una piccola orchestra sinfonica, voluta dal
violinista e compositore O. Bull e da W. Thrane. Quest'ultimo fu l'autore del
Fjeldeventyret (1825), considerata la prima opera a carattere nazionale.
Da questo momento sorse un forte movimento nazionalistico, che tenne in gran
conto gli elementi del canto popolare norvegese (E. Grieg, O. Olsen, ecc.). J.
Svendsen e C. Sinding continuarono su questa strada, attenuando però gli
elementi folcloristici, nel tentativo di conseguire un linguaggio più
europeo. Dalla seconda metà del XIX sec. l'attività musicale
norvegese ebbe un notevole impulso grazie all'istituzione di conservatori,
teatri e numerose orchestre sinfoniche. Dopo la seconda guerra mondiale, in
contrapposizione all'estetica tradizionale, si affermarono tendenze aperte a
nuovi linguaggi espressivi (G. Tveitt, B. Fongaard, E. Hovland, F. Valen, ecc.).
In particolar modo dagli anni Sessanta si diffusero il serialismo, il
neoespressionismo, la musica aleatoria ed elettronica (F. Mortesen, A. Nordheim,
K. Kolberg, R. Soderbind).
Oslo: Palazzo del Municipio
Il Palazzo Reale di Oslo
Il porto di Bergen (Norvegia)