Filos. - Dottrina filosofica secondo cui gli universali, o concetti generali,
non esistono come entità autonome, ma solo come semplici nomi
(
nomina), ossia come segni puramente verbali indicanti certe
qualità delle cose. In altre parole, gli universali sono semplici
simboli, che possono essere predicati di più individui concreti. Questa
concezione degli universali presuppone necessariamente l'assunto ontologico
secondo cui soltanto i singoli enti, gli individui particolari, sono
propriamente reali. I primi filosofi nel cui pensiero si possono notare elementi
tipici del
N. sono Gorgia, Antistene ed Epicuro; tuttavia, il primo
contributo importante a questa dottrina è da ricercarsi nelle riflessioni
degli stoici che, per primi, interpretarono il problema della natura del
significato dei termini e delle espressioni linguistiche in chiave
nominalistica. Particolarmente importante fu la disputa intorno al problema
degli universali, svoltasi durante i secc. XI e XII. Tale disputa, infatti,
segnò il passaggio della Scolastica, dal semplice studio della logica
greca, all'impostazione del problema del suo valore. L'occasione, da cui prese
le mosse la disputa, fu fornita dalla discussione sorta in merito
all'interpretazione di un passo dell'
Isagoge di Porfirio. La disputa fece
rinascere, in seno al pensiero cristiano, gli stessi contrasti intorno al
fondamento oggettivo della conoscenza, che si erano già presentati nello
sviluppo del pensiero greco. Sottintendendo che la conoscenza deve essere uno
specchio fedele della realtà, la disputa verteva sul problema se vera
conoscenza dovesse giudicarsi quella fondata sull'intuizione intellettiva
dell'universale o quella fondata sulla intuizione sensibile dell'individuale.
Così, quei pensatori medioevali che si richiamavano all'intuizione
sensibile come allo strumento rivelatore della genuina realtà, giunsero
alla formulazione del
N. Una delle personalità più
autorevoli, tra coloro che presero parte alla disputa, fu Roscellino, secondo
cui gli individui erano gli unici enti reali, mentre non lo erano i generi e le
specie. Questi ultimi, infatti, non sono che
flatus vocis, semplici nomi,
segni puramente verbali, che indicano certe qualità degli enti
individuali. Con tali
nomi (come, per esempio, quelli che esprimono i
vari colori) si indicano, infatti, dei gruppi di cose particolari o, meglio,
delle caratteristiche comuni a più individui. Roscellino non esclude
affatto che l'uomo abbia la facoltà di cogliere l'esistenza di caratteri
comuni a più individui, ma questo non implica l'ammissione dell'esistenza
ontologica di caratteri universali. Meno radicale appare la posizione di un
allievo di Roscellino, Abelardo, e di altri pensatori cristiani, preoccupati per
le gravi conseguenze che una concezione nominalistica tanto rigorosa avrebbe
comportato in campo teologico. Abelardo adottò una forma di
N.
attenuato, detto Concettualismo, secondo cui gli "universali" non vanno
considerati come semplici simboli, ma come concetti reali, in quanto presenti
nella mente di chi li pensa. Il Concettualismo non giunge, quindi, alla
negazione degli universali, ma riconosce ad essi una qualche realtà
soltanto nella mente di chi li pensa, mentre ad essi non corrisponderebbe, nella
realtà esistente, che una comunanza di caratteri degli individui. Per
Guglielmo di Occam, che è considerato il più significativo e
filosoficamente maturo tra i filosofi nominalisti medioevali,
l'universalità del
nomen ha senso solo per convenzione e non
rinvia a nessun significato universale nelle cose. Nell'Età moderna
possono essere considerati nominalisti filosofi come Hobbes, Hume e Berkeley.
Quest'ultimo, in particolare, ha sostenuto l'inesistenza non solo nella
realtà, ma anche nella mente umana, delle idee universali astratte. La
soluzione proposta da Berkeley al problema degli universali consiste
nell'attribuire all'uomo soltanto la capacità di possedere idee
particolari, alle quali, però, attribuisce nomi generali. Nel panorama
della filosofia contemporanea, la tendenza nominalistica ha subito un forte
impulso dall'affermarsi del Positivismo logico, che si è proposto il
compito di ridurre ogni asserzione scientifica e ogni termine universale a dati
ultimi percettivi individuali. Al
N. e al Concettualismo, che è
considerato come una sottospecie del primo o una soluzione intermedia, si oppone
il Realismo, ossia la dottrina che attribuisce agli universali piena
realtà, sia che vengano considerati come trascendenti le cose, sia che
siano ritenuti ad esse immanenti. In senso più generale viene detta
nominalistica ogni concezione, precedente o successiva al
N. medioevale,
che, a proposito del problema dei generi e delle specie, assuma una posizione
analoga a quella dei nominalisti e concettualisti medioevali.