Filosofo italiano. Insegnò a Padova, Napoli, Bologna, Roma e in numerose
altre città italiane. Sotto l'influenza di N. Vernia, sostenne (
De
intellectu et daemonibus) l'averroismo moderato di Sigieri di Brabante;
voltosi poi al tomismo, confutò nel suo
Tractatus de immortalitate
animae (1518) l'opera di Pomponazzi. Commentò Aristotele e
curò un'edizione delle opere di Averroè; plagiò il
Principe di Machiavelli nel suo
De regnandi peritia (1523),
dedicato a Carlo V. Nota, anche per il suo spregiudicato edonismo, l'opera
De
pulchro et amore (1531) (Sessa Aurunca, Caserta 1473 - Salerno 1538 o
1545).