Stato (120.349 kmq; 4.272.000 ab.) dell'America centrale. Confina a Nord con
l'Honduras, a Sud con il Costa Rica, a Est con il Mare delle Antille, ad Ovest
con l'Oceano Pacifico. Capitale: Managua. Città principali: León,
Granada. Ordinamento: Repubblica presidenziale; il capo dello Stato dura in
carica 5 anni e non può essere eletto per più di due mandati
consecutivi. Amministrativamente il
N. è diviso in 16
dipartimenti. Moneta:
córdoba. Lingua ufficiale: spagnolo;
è diffuso il chibcha. Religione: cattolica; esistono minoranze
protestanti. Popolazione: è composta di meticci con minoranze di
amerindi, negri e creoli.
GEOGRAFIA
Il territorio, di origine vulcanica, è formato dalla regione
pacifica e da quella caribica, separate da un massiccio centrale; quest'ultimo
ha un'altezza media di 700 m s/m. e culmina nel Dipilto-Jalana (2.000 m). La
costa occidentale, che affaccia sul Pacifico, presenta una stretta pianura
fertile, sovrastata da un altopiano caratterizzato da vulcani risalenti al
Quaternario, alcuni ancora attivi; questa fossa tettonica è parzialmente
occupata dai laghi Managua e Nicaragua, collegati fra loro dal Río
Tipitapa. La costa orientale, bagnata dal Mare delle Antille, è paludosa
e malsana; è occupata da foreste, boschi e savane. I fiumi principali
sono il Río Coco, che segna il confine con l'Honduras, il Prinzapolca, il
Río Grande, il Río Escondido. Il clima, tipicamente tropicale,
è caratterizzato dall'alternarsi della stagione delle piogge con quella
secca.
Cartina del Nicaragua
La cattedrale di León, in Nicaragua
ECONOMIA
Il
N. è uno dei Paesi più poveri dell'America
centrale. Tra le principali cause dell'arretratezza economica, citiamo il
divario territoriale tra la zona occidentale, dove si concentrano abitanti e
attività produttive, e la zona atlantica, malsana e arretrata; la
sudditanza economica verso gli Stati Uniti, durata fino agli anni Settanta; la
sanguinosa guerriglia protrattasi per anni; le pesanti spese militari, che hanno
rallentato gli investimenti produttivi. Di conseguenza sono aumentati
vertiginosamente il deficit, il debito estero, l'inflazione e la disoccupazione.
Uno dei settori trainanti dell'economia è l'agricoltura, praticata nella
regione occidentale; i principali prodotti sono: caffè, canna da
zucchero, cotone, cacao, banane, mais, patate, manioca, tabacco. È
abbastanza sviluppato l'allevamento bovino, equino, suino, ovino e caprino. Le
industrie, legate prevalentemente alla trasformazione dei prodotti agricoli
(zucchero), sono localizzate nelle città; sono in funzione anche alcuni
cementifici, cantieri navali e raffinerie di petrolio.
STORIA
Abitato da tribù indigene provenienti dal Messico
(Mangue, Maya, Chibcha, Mosquitos, Nicarao), il territorio del
N. fu
esplorato, nel 1522, da Gil Gonzáles Dávila, e occupato nel 1524
da F. Hernández de Córdoba che, dopo aver fondato León e
Granada, lo assoggettò alla Spagna. Entrato a far parte del Capitanato
generale del Guatemala, seguì le vicende dei vicini territori dipendenti
dalla Spagna. Ottenuta l'indipendenza nel 1823, nel 1826 si diede la prima
Costituzione; sempre nel 1823 aderì alla Federazione dell'America
Centrale e, solo dopo lo scioglimento di questa, nel 1839, divenne Stato
sovrano. Le precarie condizioni economiche e le lotte politiche tra conservatori
e liberali, arroccati rispettivamente a Granada e León, resero la
situazione del
N. quanto mai precaria. Date le sue debolezze congenite,
il
N. non riuscì a contrastare né le iniziali interferenze
britanniche (amministrazione della Costa dei Mosquitos, 1840-60) né le
successive crescenti pressioni degli Stati Uniti, che avevano scelto il
N., in alternativa a Panamá, per l'apertura di un canale
interoceanico. Dopo vari interventi in favore dei conservatori, nel 1909 gli
Stati Uniti intervennero militarmente in appoggio ai conservatori per rovesciare
J.S. Zelaya (1893-1909). Su richiesta del conservatore A. Díaz, salito
alla presidenza nel 1911, gli Stati Uniti intervennero con maggiore decisione
nel 1912, occupando militarmente il Paese sino al 1933. La fine dell'occupazione
militare non comportò la rinuncia degli Stati Uniti a interferire nella
politica interna del
N. L'appoggio al ministro della Guerra, A. Somoza
García, portò nel 1937 alla sua ascesa e all'instaurazione di un
regime dittatoriale di tipo feudale, protrattosi anche dopo l'assassinio di
questi nel 1956. Le più importanti cariche dello Stato furono distribuite
tra i membri della famiglia Somoza, che continuò a dominare la vita
politica del Paese anche dopo la scomparsa del dittatore, al quale
subentrò il figlio L. Somoza Bayle (1956-63). Anche sotto la successiva
presidenza di R. Schick Gutiérrez (1963-67), la famiglia Somoza
continuò a tenere saldamente nelle proprie mani il potere, col sostegno
di circa 200 latifondisti, proprietari di poco meno del 70% delle terre del
Paese. Nel 1967 venne eletto presidente A. Somoza Debayle, figlio di L. Somoza
Bayle, già capo della Guardia nazionale e, in quanto tale, principale
responsabile della sanguinosa repressione contro i sostenitori del candidato di
opposizione; fu riconfermato alla carica presidenziale nel 1972, dopo aver
predisposto un piano politico tendente a rafforzare la posizione della famiglia
Somoza, padrona pressoché assoluta del Paese. Ma, intanto, si stava
estendendo il movimento di opposizione alla dittatura dei Somoza che, difatti,
detenevano il controllo delle maggiori piantagioni, del commercio e delle poche
industrie del
N. Il Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN),
fondato nel 1962 dal patriota A.C. Sandino, diede vita a una guerriglia
antigovernativa che dilagò in un'insurrezione contro Somoza; il
dittatore, nel 1979, fu costretto a lasciare il Paese. Il potere venne assunto
da una giunta di Governo di 5 membri, affiancata da un Consiglio di Stato cui fu
affidata la funzione legislativa. I primi provvedimenti della Giunta furono
l'espropriazione dei beni di Somoza, la nazionalizzazione delle banche private e
il ristabilimento dei rapporti diplomatici con Cuba. Uno dei compiti più
importanti, ma di più difficile risoluzione, fu il rilancio dell'economia
del
N.; era necessario aumentare la produzione, i commerci e il reddito
pro-capite, porre un freno al dilagare della disoccupazione e dell'inflazione,
ridurre il debito estero e il deficit della bilancia commerciale, risanare le
infrastrutture del Paese, dopo i danni causati dalla guerra civile. Inoltre la
giunta dovette far fronte a pressioni internazionali sempre maggiori,
contrastando il piano del presidente americano Reagan, che tentò di
attribuire al
N. il ruolo di fomentatore di insurrezioni comuniste
nell'area centro-americana. Nel 1980 la giunta allargò la presenza dei
religiosi a tutti i livelli del Governo. Nel 1981 venne nominato capo del
Governo Daniel Ortega Saavedra, leader del FSLN. Nello stesso anno, contrasti
interni al Governo stesso provocarono le dimissioni dei viceministri della
Difesa e degli Interni, i comandanti sandinisti E. Pastora e J. Valdivia. Il
primo, dopo aver lasciato per breve tempo il Paese, ritornò nel 1983 in
N. alla testa di un gruppo armato e iniziò azioni di guerriglia
contro il regime nel Sud del Paese. L'esercito sandinista si trovò,
quindi, impegnato su un nuovo fronte, oltre a dover continuare la lotta con i
contras, i guerriglieri somozisti sostenitori del passato regime,
provenienti dall'Honduras. Le elezioni tenutesi nel 1984 decretarono la vittoria
del fronte sandinista e riconfermarono capo dello Stato D. Ortega, che
promulgò l'amnistia per i contras disposti a cedere le armi. Nonostante
gli aiuti devoluti al
N. dai Paesi europei, dal Canada, dall'Unione
Sovietica e dai Paesi del blocco comunista, gli Stati Uniti sostennero con
ingenti aiuti militari l'attività dei somozisti e, nel 1985, dichiararono
pubblicamente l'intenzione di rovesciare il sistema politico nicaraguense. Nel
1986 Reagan decise drastiche sanzioni economiche e l'embargo totale, nonostante
le reazioni dei Paesi latino-americani e della CEE. Il provvedimento mise a dura
prova l'economia del Paese, già prostrato dalla guerriglia. Nel 1987
Ortega si dichiarò disposto a trattare con i contras e ad avviare un
processo di democratizzazione. Le elezioni del 1990 portarono alla nomina
dell'antisandinista V. Barrios de Chamorro (vedova di Chamorro Cardenal, vittima
del regime di Somoza), sostenuta dai conservatori, dai socialdemocratici e dagli
Stati Uniti. Nonostante la cessazione dell'embargo, le condizioni del Paese
restavano estremamente difficili. Il programma economico del presidente
scatenò scioperi ed episodi di guerriglia e nel 1993 ci fu un rimpasto di
Governo, capeggiato sempre dalla Chamorro, ma appoggiato dai sandinisti e dal
Partito cristiano sociale. La pesante crisi economica portò, nel 1997, a
nuove elezioni presidenziali: fu nominato capo dello Stato A. Alemán
Lacayo, candidato del partito di destra, che formò il nuovo Governo con
ministri vicini al dittatore A. Somoza, proponendo un programma basato
sull'appoggio alle imprese private, sulla crescita economica e sul principio
della proprietà. L'avversario Ortega denunciò brogli elettorali,
rendendo ancora vacillante la stabilità del Paese. Nel novembre 1998 l'uragano "Mitch" causò 3.000 vittime e lasciò decine di migliaia di senzatetto. Alla fine del 1999 si aprì una crisi diplomatica con l'Honduras: il Governo honduregno aveva infatti ratificato il trattato Ramirez-Lopez, che riconosce alla Colombia la sovranità sulle isole San Andrés e Providencia e sulle acque circostanti, rivendicate anche dal
N. Nel 2000 al confine tra i due Paesi si verificarono scambi di artiglieria tra le due flotte. Nello stesso anno si risolse invece positivamente la crisi con la Costa Rica, determinata dalla disputa sui diritti di navigazione sul San Juan, il fiume che segna il confine tra i due Stati. Le elezioni presidenziali del novembre 2001 decretarono la vittoria del candidato conservatore Enrique Bolaños che, durante il regime sandinista (1979-90), era stato più volte arrestato ed espropriato dei suoi beni. Nonostante il terzo insuccesso elettorale consecutivo dal 1990, nel marzo 2002 Ortega fu rinominato leader del Partito sandinista.