Riformatore religioso eresiarca di Siria. Ritiratosi molto giovane nel convento
di Euprepios, presso Antiochia, ricevette la formazione teologica dalla scuola
antiochena, di cui era capo Teodoro di Mopsuestia. Nel 428 divenne patriarca di
Costantinopoli e diede inizio a un'intensa opera di persecuzione delle eresie
che ancora erano presenti nella capitale imperiale. Il vigore con cui
propagandava le idee della scuola di Antiochia gli provocarono ben presto una
diffusa impopolarità e gli tolsero l'appoggio degli ambienti più
influenti della corte. Iniziò anche il contrasto con il patriarca di
Alessandria, Cirillo, che veniva appoggiato dalla chiesa di Roma. Nel 430 papa
Celestino I condannò
N. in un Sinodo tenuto a Roma. In seguito
alla condanna papale, Eusebio di Dorilea accusò
N. di essere
seguace di Paolo di Samosata e di negare la natura divina di Cristo.
L'imperatore Teodosio II, nell'intento di promuovere una pacificazione, indisse
il concilio di Efeso (431). In esso, tuttavia, l'opera di corruzione portata
avanti da Cirillo tolse a
N. l'appoggio di molti vescovi e Teodosio II si
vide costretto a deporlo. L'approfondimento della disputa costrinse
successivamente l'imperatore a esiliare
N. (435), nella convinzione che
il suo allontanamento avrebbe portato a una maggiore possibilità di
intesa fra le correnti religiose rivali. Esiliato,
N. si recò
dapprima in Arabia e, quindi, nell'oasi egiziana di El-Kharga. In questo periodo
compose l'opera apologetica della sua dottrina, il
Libro di Eraclide, che
venne tramandato nella sua versione siriaca e che è, del resto, l'unica
opera di
N. giunta a noi, insieme a pochi sermoni, alcune lettere e
frammenti vari. Morì in esilio, poco prima del concilio di Calcedonia che
avrebbe segnato la ripresa di alcune sue teorie (Germanicia, od. Maras 380 -
El-Kharga, Egitto 451).