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Neohegelismo.

(o Neoidealismo). Termine con cui si fa riferimento, principalmente, a due scuole filosofiche, sviluppatesi tra l'Ottocento e il Novecento, nella cultura angloamericana e italiana, che traggono ispirazione dall'Idealismo hegeliano. In Inghilterra, la dottrina neohegelista prese piede grazie alla pubblicazione, nel 1865, del volume di J.H. Sterling dal titolo Il segreto di Hegel. Il libro di Sterling fu accolto in modo positivo e poté inaugurare una feconda linea di ricerca per il fatto che, nell'ambiente filosofico inglese, era vivo il bisogno di contrapporre, alle dominanti dottrine positivistiche e alla morale utilitarista, un'etica fondata su valori ideali e religiosi. L'esponente di maggior rilievo del N. inglese fu F.H. Bradley che, nel suo studio del 1893, intitolato Apparenza e realtà, sosteneva la tesi dell'esistenza di un carattere radicalmente contraddittorio dell'esperienza. Tale contrasto era superabile, secondo l'autore, partendo dall'identità assoluta hegeliana di finito e infinito. Un altro importante rappresentante della scuola neohegeliana inglese è J.B. Baillie. Questo autore, nella sua opera Lineamenti della costruzione idealistica dell'esperienza (1906) propugna, secondo un impianto tipicamente hegeliano, la concezione dell'assoluto come individualità. L'esperienza della prima guerra mondiale, tuttavia, portò Baillie a mutare radicalmente prospettiva filosofica, fino ad aderire all'Empirismo umanistico, nel volume del 1921 dal titolo Studi sulla natura umana. Negli Stati Uniti, nel 1890, fu W.T. Harris a dare l'avvio a un rinnovato interesse per il pensiero di Hegel, interpretandolo in chiave religiosa. La strada aperta da Harris fu seguita da J. Royce che, nell'opera Il mondo e l'individuo (1901), tentò di conciliare l'assoluto hegeliano con la libera molteplicità degli intelletti finiti. In Italia, gli studiosi più importanti, che si fecero promotori di un rinnovato interesse per la filosofia di Hegel, furono tre: B. Spaventa, G. Gentile, B. Croce. Nel saggio Le prime categorie della logica di Hegel e nel volume Scritti filosofici, Spaventa sostiene, idealisticamente, che il pensare costituisce l'essere originario e produttivo. Questa idea può trovare riscontro anche nelle opere di Gentile, in particolare in La riforma della dialettica hegeliana (1913). Gentile, infatti, fa coincidere la categoria del divenire della logica hegeliana con l'atto puro del pensiero, nel quale si risolve tutta la realtà naturale e spirituale. Sempre del 1913 è lo studio di Croce intitolato Saggio sullo Hegel, in cui l'autore polemizza contro l'interpretazione soggettivistica della filosofia hegeliana proposta da Gentile e, prima di lui, da Spaventa. L'opinione di Croce è che le riflessioni hegeliane sullo Spirito debbano essere lette in chiave storicistica e immanentistica. Nel secondo dopoguerra si ebbe il tramonto definitivo del N., entrato in crisi di fronte al diffondersi di nuove e più vitali dottrine quali l'Esistenzialismo, il Neopositivismo, la Fenomenologia e il Marxismo.