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Neoavanguardia.

Termine con cui si designano, nel loro insieme o singolarmente, i movimenti artistici e letterari d'avanguardia sorti dopo la seconda guerra mondiale. ║ In Italia con N. viene indicata una corrente letteraria, nata fra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta, i cui esponenti si riunirono nel movimento denominato Gruppo 63 (nato nel 1963). Il Gruppo 63, in campo letterario, manifestò in modo significativo quell'impulso alla modernizzazione che interessò la cultura italiana nella seconda metà degli anni Cinquanta. I temi più ricorrenti si possono riassumere, da un lato, nel rifiuto della letteratura allora in auge (scrittori come C. Cassola, G. Bassani, G. Tomasi di Lampedusa, A. Moravia e P.P. Pasolini vennero accusati di tradizionalismo provinciale, di concedere troppo al disimpegno intellettuale); dall'altro nel tentativo di recuperare l'audacia delle avanguardie storiche dell'inizio del secolo, in particolare del Futurismo. I componenti del Gruppo 63, che considerarono C.E. Gadda come lo scrittore che più di ogni altro rappresentava l'indirizzo letterario da essi propugnato, sostennero la necessità di non concedere nulla al consumo promosso dall'industria culturale, e di smascherare la falsità dei modelli di comunicazione imposti dalla logica neocapitalista. Il periodico su cui furono maggiormente discusse ed elaborate le idee della N. fu "Il Verri", fondato nel 1956 da L. Anceschi. Vennero considerevoli contributi anche da periodici come "Menabò", "Malebolge", "Il Marcatré" e "Grammatica". Nel 1961 fu pubblicata, a cura di A. Giuliani, l'importante antologia di poesie dal titolo I novissimi. Poesie per gli anni '60, che raccoglieva poesie di E. Pagliarini, E. Sanguineti, N. Balestrini, A. Porta e dello stesso Giuliani. La crisi della N. (il Gruppo 63 si sciolse nel 1968) trova le sue radici nel clima delle lotte operaie e della protesta studentesca del 1968: si scontrarono le ragioni di chi voleva mantenere un impegno radicale, ma circoscritto all'ambito della letteratura, e di chi riteneva necessaria una vera e propria militanza politica rivoluzionaria. È possibile trovare l'interpretazione più interessante, tra quelle che i componenti del Gruppo 63 diedero a questa crisi, nel romanzo "operaista" Vogliamo tutto (1971) di N. Balestrini, che nel gruppo aveva rappresentato una posizione estremistica contro la letteratura come comunicazione.