Nartece.
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Nartece. (dal greco nárthex). Arch. - Nella basilica paleocristiana e bizantina, cortile a porticato, antistante all'ingresso e talvolta provvisto di una fontana al centro, in cui si radunavano i catecumeni [Fedeli che si preparano a ricevere il battesimo] e i penitenti. Il n. poteva essere esterno alla chiesa, addossato alla sua facciata (esonartece) oppure, più raramente, interno alla basilica stessa, delimitando con transenne la prima porzione della navata maggiore (endonartece). Architettonicamente il n. consiste in un ambiente trasversale aperto, posto a stretto contatto con la facciata. Il n. propriamente detto (cioè l'esonartece) è caratteristico delle chiese greche e medio-orientali del V sec. e di quelle ravennati dei secc. VI e VII. Nelle chiese occidentali medioevali e moderne, il vestibolo antistante la facciata si indica con i nomi di atrio o pronao. - Archeol. - Scrigno, cofanetto per unguenti in uso presso gli antichi Greci. Famoso nell'antichità il n. che, secondo la recensione di Aristotele, Alessandro Magno trovò tra le spoglie di Dario e destinò a contenere il testo dell'Iliade. Tale recensione fu nota come la recensione del n. o la recensione della cassetta. - Canna, ferula. Si disse anche della ferula portata dalle baccanti, più comunemente chiamata tirso. (dal greco basiliké oikía: casa del re). Edificio romano a forma di sala rettangolare terminante in un'abside. ║ Chiesa cristiana edificata su pianta romana. ║ Per estens. - Chiesa cattolica di vaste dimensioni. - Arte - Nell'antica Atene l'amministrazione della giustizia era di competenza dell'arconte re, la cui residenza (o sede del tribunale) si trovava nella basiléios stoá (portico del re). È probabile che nell'uso popolare questo portico fosse detto più semplicemente basiliké. Il nome passò a edifici monumentali romani, indicando in seguito le prime chiese cristiane che derivavano da questi la loro struttura. Infine, si designò con tale termine ogni chiesa insigne per memorie storiche e grandiosità di impianto. All'origine della b. romana sta la necessità di realizzare uno spazio sufficientemente protetto per le attività mercantili e commerciali. Essa si affaccia, normalmente, sul Foro, ha pianta rettangolare, con una o più navate separate in scomparti da colonne o pilastri. I lati brevi possono avere terminazione rettilinea o essere incisi da esedre. L'ingresso è posto generalmente sui lati lunghi. Il principale esempio di età repubblicana è la b. di Pompei (fine II sec. a.C.). Col passare del tempo la b. fu deputata anche a Roma all'amministrazione della giustizia. A questo scopo si adattò il tribunal, luogo nel quale si conservano le immagini votive. Anche la pianta gradualmente si modificò, complicandosi (si veda, ad esempio, la B. Ulpia, a Roma, del II-III sec. d.C.). Col IV sec. il tipo basilicale forense perse l'originario interesse e l'ultima grande b. del mondo romano, quella di Massenzio, trasse ispirazione dalle strutture termali. Al tipo basilicale romano si rifà la chiesa cristiana ad andamento longitudinale. L'atrio antistante ospitava i catecumeni; l'aula era riservata ai fedeli e lo spazio attorno all'altare (presbiterio) era destinato al clero. Per ragioni rituali e simboliche, la b. cristiana ebbe generalmente pianta cruciforme (resa con la costruzione trasversale del transetto) e orientamento obbligato a Est (verso Gerusalemme). Nell'arredo interno si ebbero inserzioni dettate dalle nuove esigenze di culto: la schola cantorum, due amboni (in cornu evangelii ed epistulae), ambienti laterali di servizio (prothesis e diakonikon), battistero, ecc. La più antica b. cristiana fu quella di San Pietro a Roma, fondata da Costantino nel 324 e per questo detta Costantiniana, nota attraverso scavi e testimonianze grafiche. Accanto alla pianta a croce latina si ebbero anche b. a pianta centrale, ispirate a strutture termali (frigidarium): S. Costanza a Roma; S. Lorenzo a Milano; S. Vitale a Ravenna; S. Sofia a Costantinopoli. Tra le piante a croce greca ricordiamo S. Marco di Venezia. Dal XVI sec. b. fu un titolo onorifico concesso dal papa a edifici di particolare importanza. Le b. vennero distinte in maggiori e minori. Le maggiori, o patriarcali, di Roma sono quattro: S. Giovanni in Laterano, S. Pietro in Vaticano, S. Paolo fuori le Mura, S. Maria Maggiore. Tutte hanno cattedra e altare riservati al papa. (dal latino poenitere: pentirsi). Colui che si pente di qualche cosa. ║ Che fa penitenza. ║ Persona che si presenta dal sacerdote per confessare i propri peccati e ricevere il sacramento della penitenza. - Encicl. - Nel Cristianesimo antico, i fedeli colpevoli di uno dei tre peccati canonici (idolatria, adulterio, omicidio), colpiti da scomunica, per riconciliarsi con la Chiesa dovevano espiare pubblicamente la loro colpa. Erano distinti in quattro categorie: flentes (piangenti), che non erano ammessi all'interno delle chiese, e si raccomandavano con le lacrime alle preghiere dei passanti; audientes (uditori), che potevano entrare in Chiesa, ma non rimanervi fino all'offertorio; prostrati, che potevano assistere all'eucarestia, ma con il viso rivolto a terra; consistentes (spettatori), che potevano assistere all'Eucarestia, anche se in piedi, e non potevano comunque comunicarsi. - Eccl. - Le prime confraternite di p. risalgono al XIII sec. Si trattava di associazioni di fedeli che, pur mantenendo lo stato laicale, si imponevano determinate pratiche pie (processioni, sepoltura dei morti, canto degli uffici, ecc.) per espiare i propri peccati. Generalmente indossavano un cappuccio a forma di sacco che copriva anche il viso e il cui colore variava a seconda della confraternita. In Francia si diffusero p. blu in Linguadoca e nel Delfinato, neri in Piccardia, bianchi a Lione e ad Avignone. In Italia molte confraternite di questo tipo sorsero sotto l'influsso della predicazione di san Francesco. Presenti già nel 1221 nella zona di Faenza, nel corso del secolo, si estesero rapidamente in tutto il Paese. ║ Numerose congregazioni religiose, soprattutto femminili, hanno assunto la denominazione di p.; fra di esse ricordiamo: le Suore p. di Maria Maddalena, fondate nel 1227 da Rodolfo di Worms per la redenzione delle prostitute. Sono soggette alla regola agostiniana e si dedicano alla cura dei malati. Le Suore p. recollettine di Oirschot, istituite a a Dolhaim nel 1623 da Giovanna di Gesù e da Pietro Marchant, si occupano dell'educazione dei giovani e dell'assistenza agli infermi. Le Suore p. recollettine dell'Immacolata concezione, istituite a Roosendaal nel 1832, conducono una vita di penitenza occupandosi dell'educazione della gioventù. L'insieme dei fedeli e l'edificio dove si esercita il culto cristiano. ║ La C. come società religiosa: la C. cattolica. Il termine deriva da una voce greca, che nel suo significato classico indicava un'assemblea politica. Le corrispondenti voci ebraiche individuavano una società religiosa e politica insieme. L'originaria voce greca, nell'uso dei cristiani, indicò sia l'assemblea dei fedeli sia il luogo di culto. Descritta nel Vangelo come "Regno di Dio" sulla terra, da San Paolo come il "corpo di Cristo" in cui si riuniscono e vivono gli uomini, la C. è composta di un fattore soprannaturale (la grazia) e di un fattore umano (i fedeli santificati dalla grazia). Si sono manifestate nei secoli varie concezioni della C., che si differenziano per la diversa importanza data a questi due fattori e per il modo di concepire la loro interdipendenza. Ora si dà preminenza all'aspetto soprannaturale, definendola "comunità di grazia" o "società dei santi", per lo più visibile e mistica; ora si insiste sull'aspetto visibile, sulle sue strutture gerarchiche, sulle sue attribuzioni giuridiche di società perfetta e indipendente da ogni ingerenza civile. Queste diverse concezioni della C. sono all'origine delle varie separazioni tra i cristiani. Secondo la tradizione cattolica, è teologicamente e canonicamente esatta la definizione data dal Bellarmino: "La riunione degli uomini che sono uniti per la professione della stessa Fede, la partecipazione agli stessi sacramenti e la guida degli stessi pastori e in particolare del romano pontefice, unico vicario di Cristo in terra". Essa tuttavia trascura l'aspetto invisibile della C., come la fondamentale comunione di grazia e di carità e la possibilità di un'appartenenza invisibile ad essa, che sola può giustificare l'assioma: Extra ecclesiam, nulla salus. Il concilio Vaticano I la definisce "la casa del Dio vivente", in cui i fedeli sono vincolati da una sola fede e carità. Il concilio Vaticano II la descrive come "il popolo di Dio" e come il sacramentum magnum con cui Dio si dona agli uomini. La C. è quindi opera di Dio e prosegue l'opera di Cristo nel mondo fino alla fine dei tempi; ha lo scopo di recare all'umanità intera la grazia della redenzione e della Salvezza. Questo richiama il carattere composito della C., che, pur fondata da Dio e ricca quindi dei suoi tesori, è però formata da uomini e appesantita dalle loro manchevolezze. Voluta dal Padre, fondata da Cristo, vivificata dallo Spirito Santo, la C. appare così come un popolo aggregato all'unità della Santissima Trinità. Dunque i fedeli sono vincolati da questa unione soprannaturale con Cristo in una solidarietà reciproca che trascende le divisioni razziali e affratella in Cristo tutti gli uomini, figli di Dio con pari diritti. ║ Missione e finalità: la missione della C. è di continuare quella di Cristo, da lui affidata agli apostoli, cioè di comunicare all'umanità la vita divina. Questo si esplica in tre funzioni: a) profetica o di magistero, in quanto la C. è depositaria della fede e della verità e ha il diritto e il dovere di insegnarla alle genti in nome di Cristo; tutti devono perciò credere alle sue proposizioni, rivelate sia col magistero ordinario (lettere pontificie, insegnamento dei vescovi), sia col magistero straordinario (definizioni solenni del papa o del concilio ecumenico); b) sacerdotale o di ministero propriamente detto, che comporta il culto di Dio e l'elargizione dei sacramenti che conferiscono ai fedeli la grazia santificante; c) regale o di giurisdizione, che significa sia instaurazione nel mondo di una convivenza fondata sulla verità, sia come vero e proprio potere giurisdizionale, con podestà legislativa, giudiziaria e coattiva, che è il mezzo con cui la C. può raggiungere il fine della carità. Questa potestà viene direttamente da Dio e il pontefice romano la esercita in modo supremo e pieno su tutti i battezzati, sia riguardo alle verità di fede che alla disciplina e al governo della C. nel mondo. La missione della C. è quindi un impegno all'amore di Cristo e alla dedizione per la salvezza di tutti gli uomini. Essa è dunque per definizione missionaria, ma (secondo la dichiarazione dottrinaria) si astiene dalla preghiera e dalla predicazione finché i popoli che posseggono di Dio solo un'inconscia esigenza o un'immagine imperfetta non sono giunti alla pienezza della fede cristiana. ║ Costituzione gerarchica e struttura visibile: affinché potesse esplicare la sua missione terrena, Gesù Cristo diede alla c. una precisa costituzione gerarchica, la quale ne assicura il funzionamento interno e costituisce una struttura esteriore riconoscibile da tutti. Si distingue innanzitutto tra C. docente e C. discente (rispettivamente clero e laicato), basandosi sul sacramento dell'ordine. Il vertice della gerarchia è costituito dal papa, vicario di Cristo; attorno a lui gravita l'intero organismo, rappresentato dal collegio espiscopale (vescovi), sacerdoti, religiosi, laicato: il tutto costituisce il volto umano e visibile del corpo di Cristo, attraverso cui si irradia sul mondo il mistero di Dio. Nel simbolo niceno-costantinopoliano sono enumerate le quattro note specifiche che distinguono la C. dalle altre contraffazioni umane: a) l'unità: la verità è una sola, quindi è doveroso accettarla e possibile raggiungerla e riconoscerla; ci si separa dalla C. con l'eresia (rifiuto di fede) o con lo scisma (rifiuto di obbedienza); b) la santità: questo non significa che i membri della C. siano più santi degli altri gruppi religiosi, ma che, poiché scopo della C. è la santificazione degli uomini, santa è la dottrina e mezzi sicuri di santità sono i suoi sacramenti; c) la cattolicità: cioè l'universalità: il messaggio di Cristo è valido per tutti gli uomini di ogni tempo; d) la apostolicità: la predicazione del Vangelo fu affidata da Gesù agli apostoli e ai loro successori, dunque la c. ne è la sola depositaria. ║ C. e Stato: il modo di concepire i rapporti tra la società civile e quella religiosa, che ha sempre avuto gran peso nel corso della storia, si può riassumere in due schemi opposti: l'unione e la separazione. Unione: in questo caso può verificarsi la subordinazione o la coordinazione. Esempi storici di subordinazione della C. allo Stato sono: a) il Cesaropapismo, secondo cui il governo della C. è un settore dell'amministrazione statale; b) il giurisdizionalismo, che, pur non riunendo nella stessa persona il duplice potere civile e religioso anzi concedendo privilegi e favori, si riserva però di invadere l'opposta sfera, pesando sulla nomina dei vescovi, la divisione delle circoscrizioni, l'amministrazione dei beni cioè sul settore esteriore e temporale della C. Rientrano in questo schema il gallicanesimo in Francia, il febronianismo e il giuseppinismo in Austria, il regalismo in Spagna, il leopoldismo in Toscana, tutti risalenti agli ultimi secoli. Riguardo alla subordinazione dello Stato alla C. si distinguono invece: la potestas directa (teocrazia), per cui tutti i poteri toccano al papa, e quelli vicini vengono esercitati dallo Stato per semplice delega; la potestas indirecta, che assegna al papa la sola potestà di correggere e abrogare le leggi civili, eventualmente dannose alla vita spirituale dei fedeli; la potestas directiva, che assegna al papa la sola possibilità di disapprovare leggi ritenute nocive e di raccomandare ai governanti il rispetto dei diritti di tutti e quindi anche C. La coordinazione si verifica invece quando C. e Stato si riconoscono reciprocamente sullo stesso piano, riservandosi ciascuno il proprio campo d'ingerenza (rispettivamente spirituale e temporale). Sui problemi non chiaramente circoscritti all'uno o all'altro campo (le res mixtae) le due autorità vengono a una soluzione comune in uno spirito di mutua collaborazione (sistema del concordato). Separazione: in genere questo sistema è definito dall'assenza di vincoli giuridici formali tra C. e Stato, per cui la prima deve conformarsi al diritto comune in vigore, senza privilegio alcuno. In pratica in questo modo la C. viene posta alla mercé di eventuali governanti senza scrupoli, ma d'altra parte le rimane la più completa libertà spirituale per l'esercizio della sua missione. Il sistema concordatario invece, se salvaguarda i diritti della C. come società terrena e sovrana, può renderla o farla apparire connivente con la politica del potere costituito. La C. cattolica preferisce ufficialmente il sistema concordatario, ritenendolo il più adatto alla sua natura di società sovrana e indipendente; dove le circostanze storiche lo richiedono accetta però anche una forma di tollerante adattamento alle condizioni esterne. Sul piano teorico, dopo la teoria medioevale del potere diretto la curia romana si è orientata verso una forma di potere indiretto, stante la subordinazione del fine temporale al fine spirituale, che naturalmente rimane preminente. In Italia i Patti Lateranensi costituiscono il concordato che regola i reciproci rapporti. - Arch. - ║ La C. come edificio sacro: sin dalla più antica architettura cristiana tali edifici si dividono in due tipi fondamentali: a pianta longitudinale o basilicale e a pianta centrale; essi sono derivazioni e adattamenti di precedenti edifici romani (cioè la basilica romana e il mausoleo o il tempio pagano). Un terzo tipo sorse più tardi dalla fusione di questi due: ebbe pianta cruciforme, e cupola posta sull'incrocio del braccio longitudinale (navata) con quello trasversale (transetto). I due tipi fondamentali sono ben distinti nel periodo paleocristiano, in cui l'edificio a pianta longitudinale, con una o due navate, è utilizzato per i riti di culto, e quello a pianta centrale (quadrata, ottagonale, ecc.) per la somministrazione del battesimo. I migliori esempi di questo periodo si trovano a Roma (Santa Sabina, Battistero Lateranense) e a Ravenna (Sant'Apollinare Nuovo, Battistero degli Ortodossi). Successivamente l'architettura carolingia predilesse gli edifici a pianta centrale, usandoli anche per il culto. Ma la più comune pianta che si ritrova nei periodi seguenti, tra le numerose variazioni dei tipi fondamentali, è quella a croce latina, di facile costruzione e di evidente valore simbolico. In periodo romanico al soffitto architravato si sostituiscono le volte; una cupola con tiburio compare alla sommità dell'edificio; compaiono cappelle laterali e il deambulatorio dietro il presbiterio. L'architettura gotica elabora maggiormente l'edificio, gli conferisce leggerezza, grande slancio verticale per mezzo delle tipiche volte, ricca ornamentazione; introduce più absidi con cappelle radiali. Nel Rinascimento, benché la pianta centrale venga rivalutata come modello di perfezione architettonica, restano prevalenti le piante longitudinali, provviste di una grandiosa cupola (come la basilica di San Pietro a Roma). Durante il Barocco si accolgono in parte questi schemi rinascimentali, respingendo però ogni elemento di simmetria e di armonia: la pianta centrale viene elaborata su pianta ellittica, con strutture libere (San Carlino alle Quattro Fontane, Sant'Ivo, a Roma). Un ritorno alle forme classiche (colonnati, frontoni, ecc.) si verifica fuori d'Italia nel '600-'700, e la C. ricorda l'aspetto dei templi pagani. L'Ottocento vede in tutta l'Europa un ritorno al gusto dei secoli addietro, ma le opere realizzate non vanno oltre la fedele imitazione. La C. contemporanea, dopo qualche insoddisfacente esempio ispirato al razionalismo e al funzionalismo, si conforma a linee libere e originali, più vicine alle arti figurative che all'architettura vera e propria. La storia della decorazione degli edifici sacri vede, nel periodo paleocristiano, un prevalere del mosaico o della pittura a fresco, con intenti illustrativi e didattici. Il mosaico rifiorì nell'architettura bizantina (secc. XI-XIV). Nel periodo romanico e in quello gotico soprattutto acquista importanza l'ornamentazione plastica interna (transenne e capitelli) ed esterna (statue e rilievi): le C. gotiche sono interamente e riccamente decorate (Duomo di Milano). Nel Rinascimento la decorazione, di tipo pittorico, prevale all'interno, dove si conservano cicli di affreschi dei più grandi pittori italiani, raffiguranti storie sacre o fatti e personaggi dell'epoca. Nel Barocco la decorazione pittorica viene concepita in funzione architettonica, cioè usata per ottenere particolari e sorprendenti effetti spaziali di tipo illusionistico. La copia delle decorazioni raggiunge livelli di esuberanza e spesso di aberrazione con il Rococò (specie in Francia e Austria), dopo di che si riduce ai soli spazi degli altari, absidi e cappelle, come nella C. contemporanea. - Dir. can. - Secondo la definizione del Codex iuris canonici la C. è l'edificio sacro che serve principalmente a tutti i fedeli per l'esercizio del culto pubblico. Queste sono le principali norme giuridiche sulla C.: la sua costruzione deve avere il consenso del vescovo, che ne stabilisce i criteri di massima, conformemente ai principi tradizionali dell'arte sacra. È necessario che ogni nuova C. venga consacrata o almeno benedetta (è sufficiente consacrare un solo altare). Le cattedrali e le collegiate devono essere consacrate. Il carattere sacro così conferito alla C. dura fino alla sua distribuzione, alla destinazione ad altro uso decisa dal vescovo; oppure cessa a causa di atti empi ivi commessi, di fatti di sangue, o perché vi si è sepolto un infedele o uno scomunicato: in tal caso essa deve essere riconsacrata. In linea teorica, secondo l'ordinamento ecclesiastico, la C. conserva il diritto d'asilo, ma esso in pratica non ha alcun valore poiché nessun ordinamento laico lo ammette. L'amministrazione della C. tocca al vescovo se è cattedrale, al capitolo se è collegiata, a un rettore o consiglio di fabbrica se non ha qualifica sociale. La C. palatina è un edificio di culto, sottratto alla giurisdizione vescovile, sorto per iniziativa privata di un sovrano, che si riserva il diritto di collazione straordinaria per la nomina degli ecclesiastici preposti. Deriva storicamente dalla cappella del palatium dei primi imperatori cristiani; il cappellano palatino era spesso anche cappellano generale delle forze armate dello Stato, per cui quel titolo aveva grande importanza. Per quanto riguarda la situazione attuale, lo Stato italiano con l'art. 29 del Concordato ha rinunciato a tutti i privilegi palatini. La C. privata si può definire in due modi: 1) la C. privata è di proprietà di un privato e non di un ufficio ecclesiastico o di un ente pubblico; può anche essere aperta al culto pubblico; 2) La C. privata può essere sinonimo di oratorio, cioè di edificio sacro in cui l'ingresso è limitato ad alcune categorie di persone, oppure permesso a tutti i fedeli solo durante gli uffici divini. Il Concordato stabilisce che le C. private non possono essere riconosciute giuridicamente. Sala d'ingresso di edifici pubblici o di stazioni ferroviarie che consente l'accesso ad altre parti della costruzione stessa; è sinonimo di atrio. - Arch. - Nell'architettura antica il v. si identifica con alcuni ambienti caratteristici, quali lo spazio libero antistante una sala, o il portico (o pronao) collocato davanti al tempio in antis. Nell'antica casa romana, il v. funge da collegamento tra l'interno e l'esterno. In età imperiale il v. fu realizzato in maniera particolarmente sontuosa: nel palazzo dei Flavi sul Palatino, per esempio, vi è un v. a porticato. Il v. si conserva anche in età medioevale, nella sua funzione di ambiente d'accesso e di disimpegno. Nei palazzi rinascimentali al v. pone capo la scala; nella fase più inoltrata del Rinascimento e nel Seicento tale ambiente può svilupparsi anche su due piani. - Anat. - Cavità o spazio che consente il passaggio ad altre cavità: v. della laringe. ║ V. auricolare: cavità del labirinto dell'orecchio situata tra la cassa del timpano, la coclea e i canali semicircolari (V. VESTIBOLARE). Arch. - Ingresso coperto o scoperto di palazzi, ville, edifici pubblici, teatri, cinema, ecc. ║ Chiostro o cortile a forma spesso rettangolare situato all'interno della casa romana, con un'apertura nel tetto sorretta da colonne. ║ Vestibolo di alcuni templi romani, composto da un cortile quadrato circondato da un portico. - Geogr. - Depressione che separa il bordo di un antico cratere (sprofondato) dal cono vulcanico formatosi in seguito nel suo interno. - Anat. - Nome delle due cavità (destra e sinistra) del cuore poste sopra ai ventricoli, con cui comunicano per mezzo degli orifizi atrioventricolari. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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