Sigla di
North Atlantic Treaty Organitation (Organizzazione del
patto del Nord Atlantico). Espressione operativa dell'accordo stipulato a
Washington il 4 aprile 1949 per salvaguardare la pace e la sicurezza e per
favorire il benessere e la stabilità nella regione dell'Atlantico
settentrionale. Subito dopo la seconda guerra mondiale, alcuni Paesi occidentali
si riunirono a scopo di difesa, firmando dapprima il trattato di Dunkerque
(Francia e Inghilterra, 1947), poi quello di Bruxelles (Paesi del Benelux, Gran
Bretagna e Francia, 1948), temendo eventuali ingerenze da parte dell'Unione Sovietica.
In seguito, dopo la presa del potere da parte dei Comunisti in Cecoslovacchia (1948) e
la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (1949), gli Stati Uniti intervennero in
favore dell'Europa, organizzando quello che sarebbe stato chiamato anche Patto Atlantico.
Vi aderirono inizialmente
dodici nazioni: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Islanda,
Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo e Stati Uniti. A queste si
aggiunsero la Grecia e la Turchia (1952), nonché la Germania Federale
(1955). Il trattato sanciva che qualora uno dei Paesi aderenti fosse stato
attaccato, gli altri dovessero unirsi e intervenire in suo favore, mentre in
tempo di pace prevedeva la riorganizzazione delle forze armate nel rispetto
dell'economia del Paese. L'organo supremo della
NATO è costituito
dal Consiglio Atlantico, composto dai ministri degli Esteri, della Difesa e
delle Finanze dei Paesi firmatari; tale consiglio si riunisce circa tre volte
all'anno nella sede centrale che inizialmente era stata fissata a Parigi. A
disposizione del Consiglio vi sono tre organi che si occupano rispettivamente
dei problemi politici, economici e militari legati al funzionamento del patto:
il segretariato generale della
NATO, l'ufficio di produzione e l'alto
comando dell'alleanza atlantica. Nel 1966 la Francia annunciò la propria
intenzione di ritirarsi dal Patto allo scadere del primo termine del trattato,
cioè nel 1969. Ciò comportò la necessità
dell'immediato trasferimento del comando in altre sedi (parte in Belgio e parte
a Roma). In realtà i successivi sviluppi della politica internazionale
(l'Unione Sovietica e le Nazioni firmatarie del Patto di Varsavia invasero la
Cecoslovacchia nel 1968) spinsero la Francia a non lasciare ufficialmente la
NATO e il Patto stesso a rivedere temporaneamente le proposte appena
formulate, volte ad una riduzione equilibrata delle forze per una distensione
dei rapporti tra Oriente e Occidente. Nel corso degli anni Settanta vi fu una
svolta nei rapporti politici internazionali (distensione tra Stati Uniti ed
Unione Sovietica,
Ostpolitik di Willy Brandt, riduzione equilibrata degli
armamenti) che portò ad una riformulazione degli scopi della
NATO,
non più quindi prevalentemente militari e difensivi, ma essenzialmente
politico-diplomatici. Inoltre nel 1973 gli Stati Uniti del presidente Nixon
chiesero un riesame dello statuto della
NATO che prevedesse nuove misure
economiche volte ad alleggerire i contributi degli Stati Uniti e ad aumentare le
spese dell'Europa. L'iniziale perplessità dei Paesi europei
si dissolse di fronte agli avvenimenti del 1973 (conflitto arabo-israeliano,
embargo petrolifero, crisi economica) che portarono come conseguenza la
necessità di rinsaldare i rapporti tra le varie potenze del blocco
occidentale e di rinnovare gli accordi alla base della
NATO. Nel 1974
il Consiglio Atlantico si riunì a Ottawa ed elaborò una
nuova Carta che, oltre alla riaffermazione dei principi originari di
collaborazione e di equilibrio delle forze, prevedeva consultazioni tra gli
Stati anche in materia di economia per far fronte a problemi quali l'inflazione
e la crisi energetica. Nello stesso anno la Grecia uscì dall'Alleanza.
Nella seconda metà degli anni Settanta, l'incremento delle forze del
Patto di Varsavia e in particolare la dotazione sovietica di missili nucleari
SS-20, spinse il blocco occidentale a riorganizzare i propri piani di difesa a
breve e a lungo termine. In particolare, le proposte riguardanti il piano di
difesa a lungo termine approvato dal vertice di Washington (maggio 1978)
comportarono, nel corso degli anni successivi, un profondo rinnovamento
tecnologico e logistico del dispositivo militare dell'alleanza (installazione
degli euromissili Pershing-2 e Cruise, schieramento di tre nuove divisioni
pesanti, ripartizione delle forze lungo tutto il fronte europeo), motivato dalla
necessità di ristabilire un equilibrio di forze tra i Paesi della
NATO e quelli del Patto di Varsavia. Tuttavia l'inizio degli anni Ottanta
vide emergere all'interno della
NATO due posizioni differenti: da una
parte il punto di vista degli Stati Uniti, che consideravano fondamentale
l'impegno dei Paesi europei nella sfida contro l'URSS, e dall'altro quello degli stessi
Paesi europei, in generale disponibili ad allacciare con l'URSS trattative per
la distensione dei rapporti e per la riduzione degli armamenti strategici. Il
punto di vista degli Europei prevalse nel vertice tenutosi in Scozia nel 1981,
dove venne sostenuta la cosiddetta
opzione zero, cioè la rinuncia
all'installazione degli euromissili a condizione di analoghe concessioni da
parte sovietica. Sempre nel 1981, il comando strategico della
NATO venne
trasferito dalla Florida al Belgio e nel 1982 anche la Spagna aderì,
sebbene non ancora formalmente, all'Alleanza. Nonostante l'acuirsi delle
tensioni con gli Stati Uniti in materia nucleare e il conseguente diffondersi in
tutta Europa di un forte movimento pacifista contrario all'installazione di
ordigni nucleari, tra il 1983 e il 1984 gli euromissili vennero comunque
collocati in vari Paesi europei e successivamente, in seguito a un'ondata di
terrorismo che investì l'Europa, ne furono installati anche altri. Nel
1985 alla questione degli euromissili si affiancò però anche il
problema del progetto di ricerca spaziale americano per mettere a punto dei
satelliti difensivi in grado di produrre una sorta di scudo spaziale
(
progetto SDI), contro il quale si erano inizialmente schierati molti
Paesi europei. Il 1985 vide inoltre l'ascesa di Gorbaciov al vertice del
Cremlino e la successiva ripresa delle trattative di Ginevra tra USA e URSS,
confluite nello storico accordo del settembre 1987 con cui le due superpotenze
si impegnarono a smantellare tutti i missili nucleari in Europa. Nel 1988 venne
avviata la
doppia opzione zero globale, che prevedeva per l'URSS lo
smantellamento anche dei missili SS-20 collocati in Asia e per la
NATO
l'eliminazione dei Cruise e dei Pershing-2. Nel 1988 si tenne a Bruxelles un
vertice straordinario della
NATO, in cui il comando, constatando la propria
inferiorità nel campo delle armi internazionali, chiese ai Paesi europei
di aumentare gli stanziamenti per la difesa, nonostante il miglioramento dei
rapporti Est-Ovest. Dopo il vertice si palesò per la
NATO la
necessità di mantenere un credibile elemento nucleare per bilanciare
l'inferiorità nelle armi convenzionali. Apparve così di difficile
attuazione la proposta di eliminazione delle armi nucleari di corto raggio
(
opzione tripla zero) lanciata lo stesso anno dall'URSS. Sotto la
pressione della Germania Ovest, che vedeva negli armamenti nucleari tattici un
pericolo esclusivamente per il proprio territorio, la
NATO convenne di negoziare
l'
opzione tripla zero solo dopo un accordo sulle armi convenzionali. Nel
marzo 1989 si aprirono dunque a Vienna i negoziati tra la
NATO e il Patto
di Varsavia finalizzati non solo alla riduzione delle forze complessive delle
due Alleanze, ma anche a regolare la loro distribuzione nelle varie regioni
europee. Ma fu il crollo dei regimi comunisti dell'Europa orientale alla fine
dell'anno, con il conseguente tracollo dell'influenza militare sovietica in
quell'area, a determinare la supremazia finale della
NATO sul Patto di
Varsavia nell'ambito del confronto Est-Ovest. Nel luglio 1990, durante una
conferenza al vertice convocata a Londra, i sedici Paesi della
NATO
dichiararono solennemente conclusa la guerra fredda e invitarono il Patto di
Varsavia (che si sarebbe sciolto di lì a un anno) a firmare una
dichiarazione congiunta che mettesse fine a decenni di duro confronto. Nel
novembre dello stesso anno la CSCE (Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione
in Europa) si riunì a Parigi e decretò una drastica riduzione
delle forze militari nel continente, mentre le forze sovietiche iniziarono ad
abbandonare l'Europa centrale. Nell'ottobre 1991 il primo vertice dell'Alleanza
Atlantica riunitosi dopo il fallito colpo di Stato di Mosca, stabilì la
riduzione di circa l'80% dell'armamento nucleare tattico in Europa. Nel
successivo vertice di Roma del novembre 1991, tenutosi dopo la firma del
trattato START tra Bush e Gorbaciov sulla riduzione degli armamenti strategici,
presenti tutti i capi di Stato dei Paesi alleati, venne stabilita la
necessità di tenere in vita la
NATO, non più come organismo
militare in funzione anti-sovietica, ma come coalizione di forze intese a
garantire la pace e l'equilibrio mondiale. Nel 1992 il Consiglio Atlantico si
riunì a Oslo: venne discussa la ripartizione dei ruoli tra
NATO e
UEO (Unione dell'Europa Occidentale), un'organizzazione militare costituitasi
nel 1987 e composta dai Paesi della Comunità Europea ad eccezione di
Danimarca, Irlanda e Grecia, e venne accettata la proposta di poter inviare
truppe anche al di fuori degli Stati membri del Patto. Tra la fine del 1993 e i
primi mesi del 1994, su pressione degli Stati Uniti, la
NATO diede
l'avvio al progetto
Partnership per la pace che prevedeva un'apertura
verso tutti gli Stati membri del CSCE e la cooperazione militare con gli Stati
dell'Europa centrale e orientale finalizzata al mantenimento della pace nel
mondo. Nel 1999 entrarono a far parte della
NATO Polonia, Ungheria e
Repubblica Ceca. L'intervento contro la Serbia nel 1999 mostrň il nuovo ruolo
che la
NATO assunse nel panorama internazionale. Venne infatti sottoscritto
un accordo, proposto dagli Stati Uniti, che stabilì importanti principi
che trasformarono le funzioni dell'Alleanza: fu riconosciuto alla
NATO
il diritto a intervenire militarmente, anche senza l'autorizzazione delle
Nazioni Unite, contro Stati sovrani qualora i loro Governi attuino gravi
violazioni dei diritti umani o non siano in grado di difendere da violenze le
popolazioni civili in caso di conflitti politici, etnici, religiosi. Il 28
maggio 2002, i leader dei Paesi membri della
NATO e il presidente russo
Vladimir Putin firmarono lo storico accordo che sancì l'ingresso ufficiale
di Mosca nell'Alleanza quale membro esterno di pari potere decisionale su argomenti
inerenti la lotta al terrorismo e la sicurezza. Il 21 novembre 2002, durante il
vertice di Praga, altri sette Stati (Bulgaria, Romania, Slovenia, Slovacchia,
Estonia, Lettonia e Lituania) furono ufficialmente invitati a far parte della
NATO.
Il summit fu l'occasione per ribadire il sostegno dei Paesi membri alla lotta
contro il terrorismo; per fronteggiare tale lotta la
NATO decise di
dotarsi di una nuova forza di reazione rapida tecnologicamente avanzata. Nel
marzo 2003 i ministri degli Esteri dei sette Stati firmarono l'atto di adesione
alla
NATO, la cui entrata in vigore avvenne il 29 marzo 2004. Per quanto
riguarda la guida dell'organizzazione, i segretari generali che si
sono succeduti negli anni sono stati: Lord Ismay (1952-57), Paul Henri Spaak
(1957-61), Dirk U. Stikker (1961-64), Manlio Brosio (1964-71), Joseph Luns
(1971-84), Lord Carrington (1984-88), Manfred Wörner (1988-94), Willy
Claes (1994-95), Javier Solana (1995-99), Lord Robertson (1999-2004),
Jaap de Hoop Scheffer (dal 2004).