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'Ndràngheta.

Voce calabrese, der. di 'ndrànghitu: uomo valente. Organizzazione criminale calabrese di matrice mafiosa. La 'N., risalente ai secc. XVI-XVII, originariamente designava una classe di uomini (gli 'ndranghetisti) che potevano far parte dell'Onorata Società oppure essere genericamente uomini valenti, capaci di tutelare e far rispettare il proprio onore. Sin dalla fine del XIX sec. l'ingresso nell'Onorata Società era sancito attraverso riti e formule esoteriche di cui sono state ritrovate le trascrizioni in copie di codici segreti. ║ Dal secondo dopoguerra il termine ha assunto il significato attuale, includendo per estensione, impropriamente, tutte le manifestazioni criminali della Calabria. L'organizzazione della 'N. presenta molti punti di contatto con quella mafiosa, come, per esempio, la suddivisione in cosche, la struttura gerarchica interna, il valore dell'omertà e il concetto di onore. Come la mafia e la camorra, anche la 'N. dagli anni Settanta si è dedicata al traffico di armi e di droga, ai sequestri di persona e alle estorsioni, legandosi anche al potere politico e imprenditoriale e ramificando il proprio potere su tutto il Paese e, in conseguenza degli intensi flussi migratori degli anni Cinquanta e Sessanta, anche all'estero (Francia, Germania, Stati Uniti, Sudamerica, Canada e Australia). Attualmente la 'N. conta un'ottantina di cosche, ciascuna delle quali ha come nucleo una famiglia, originaria della provincia di Reggio Calabria o delle sue immediate vicinanze (la Locride e la Piana di Gioia Tauro), attorno alla quale si sviluppa un'ampia rete di parentele naturali e acquisite. Dalla dimensione numerica della cosca, indicata spesso con il termine dialettale 'ndrina, dipende la sua capacità di mantenere il controllo sul territorio e sulle attività criminali. L'organizzazione su base familistica rafforza la coesione e la stabilità del gruppo e garantisce la fedeltà dei suoi accoliti, come dimostra lo scarso numero di collaboratori di giustizia provenienti dalla 'N. Il forte legame interno è anche la ragione dello scoppio delle faide, cioè di feroci e sanguinosi conflitti tra famiglie. A differenza di Cosa Nostra, le famiglie criminali calabresi hanno stentato ad introdurre delle regole di convivenza tra gruppi. Fino alla fine degli anni Ottanta, l'unica forma di composizione delle lotte tra le 'ndrine era costituita dalle riunioni periodiche, dette crimini, tenute ogni anno nei pressi del santuario della Madonna di Polsi sull'Aspromonte. La pericolosità della 'N. è stata a lungo sottovalutata rispetto a quella della mafia siciliana e solo recentemente le attività investigative ne hanno messo in piena luce la portata e l'evoluzione. All'azione repressiva delle forze dell'ordine le cosche hanno risposto lanciando una sfida frontale allo Stato attraverso attentati contro rappresentanti delle istituzioni. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, lo Stato è intervenuto con incisività contro la 'N. a causa dei numerosi sequestri messi a segno dall'organizzazione. Tuttavia, malgrado l'impiego imponente di uomini e mezzi che hanno stretto d'assedio l'Aspromonte, dove venivano tenuti prigionieri i sequestrati, la lotta contro la 'N. non ha dato i risultati sperati. Negli anni Novanta la strategia dello Stato per tentare di debellare questo fenomeno criminale, così radicato nel tessuto sociale, si è basata, oltre che su un'attenta opera repressiva, anche sull'impiego dei cosiddetti pentiti (ex criminali che decidono di collaborare con la giustizia).