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Istinto.

Impulso naturale, indipendente dalla ragione, che spinge gli esseri viventi a compiere atti utili alla conservazione dell'individuo e della specie. • Etol. - Con questo termine vengono indicati impulsi interni e modelli comportamentali spontanei, non appresi, ereditari, propri di una specie e volti alla sua conservazione. Gli i. considerati fondamentali sono quello riproduttivo, quello alimentare, quello di aggressività. L'etologo Konrad Lorenz (V.) ha sottolineato come i moduli istintivi vengano trasmessi geneticamente, di generazione in generazione, in quanto indispensabili a garantire l'esistenza della specie in un determinato ambiente. Alla base dei comportamenti istintivi è possibile rintracciare una spinta interna che si intensifica con il passare del tempo e induce l'animale a cercare lo stimolo in grado di soddisfare il suo bisogno specifico, permettendogli in questo modo di scaricare l'energia accumulata per il compimento dell'azione. Le azioni istintive si ripetono secondo un modello fisso con una "coordinazione ereditaria". Questo significa che un animale, ad esempio la rana, reagisce allo stimolo fornito dall'ambiente, la comparsa dell'insetto-preda, con un particolare meccanismo scatenante innato, che in questo caso corrisponde allo scatto della lingua. • Psicol. - Anche l'uomo possiede i. Freud utilizza nei suoi scritti il termine pulsione (Trieb) invece di i. (Instinkt) e individua nell'uomo la coesistenza delle pulsioni di vita, di aggressività e di mo?te. Tuttavia, nel caso del comportamento umano, è molto difficile compiere esperimenti per dimostrare l'esistenza di moduli istintivi, in quanto essi sono modificati dall'intervento dell'intelligenza e dall'evoluzione culturale. È per questa ragione che gli studi che si sono rivelati più interessanti sono stati compiuti su neonati e su individui colpiti da handicap, il cui comportamento non poteva essere stato influenzato da esperienze acquisite. ║ Teoria degli i.: teoria psicanalitica fondamentale, al cui approfondimento si devono gran parte degli sviluppi della psicoanalisi, freudiana. Secondo tale teoria, un i. ha una fonte biologica, una quantità di energia da essa derivata, una meta (scopo) che conduce alla soddisfazione istintuale e alla scarica dell'energia in esso compressa, un oggetto nel quale, o mediante il quale, l'i. raggiunge la sua meta, cioè lo scopo ottiene soddisfazione. Il fallimento nel trovare un oggetto e nel raggiungere lo scopo istintuale determina frustrazione e un aumento della tensione istintuale che comporta dispiacere (Unlust); mentre se la scarica (Abfuhr) non è impedita, si determina il sentimento opposto, cioè di piacere (Lust) e di soddisfazione (Befriedigung). In conformità col principio del piacere, la mancata soddisfazione, ossia il dispiacere, comporta un aumento dell'attività dell'individuo, la cui tensione in tal modo si allenta, oppure l'introduzione di meccanismi di difesa che pure hanno lo scopo di ridurre la tensione. Secondo Freud, dunque, gli i. sono quelle "forze che esistono dietro le tensioni di bisogno dell'Es", ossia dell'inconscio. Gli i. "rappresentano le richieste che il corpo pone alla vita psichica" e per quanto il loro numero sia indeterminato, è possibile ridurli ad alcune categorie fondamentali. Secondo Freud un i. può andare incontro a quattro permutazioni (1915): il capovolgimento, cioè trasformarsi nel suo opposto e quindi sostituire il ruolo attivo quello passivo: il rivolgimento contro il ; la rimozione; la sublimazione, per cui l'energia istintuale si scarica in attività che conservano soltanto un nesso simbolico con lo scopo istintuale primitivo. In una prima classificazione, Freud distinse due grandi categorie di i. (teoria dualistica) tra loro antagonistici e inconciliabili, e quindi responsabili della nevrosi: i. dell'io e i. sessuali (o libido). Più tardi, probabilmente sotto l'influenza di Adler, identificò l'i. dell'Io, cioè di autoconservazione, con l'i. di aggressione, ossia col bisogno di affermazione di se stesso, di dominio, di potenza, di possesso. Sull'intreccio di tali i. di conservazione e di riproduzione si basa tutta la vita di ogni animale, compreso l'uomo. Ciascuno di questi gruppi di i. ha una vita sua propria e, per quanto possano entrare in conflitto, essi sono tra loro complementari. Freud giunse pertanto ad approfondire l'esame della sessualità, indagandone le forme e le fasi evolutive, le deviazioni, gli arresti, le trasformazioni, gli sbocchi, pur non mancando di tener presente che gli i. sessuali non erano che una parte del complesso di tutti gli i., cioè tenendo presente "l'esistenza di forze istintive non sessuali" (1916). Comunque, secondo Freud, l'osservazione della vita quotidiana mostra come la maggior parte delle persone riesca a far convergere parti notevoli delle forze istintuali sessuali nelle attività professionali". Ciò è reso possibile in quanto l'i. sessuale è dotato della capacità di sublimazione, ossia è in grado di sostituire la propria meta con altre "non sessuali e di più alto valore". Più tardi (1920), Freud divise gli i., secondo una nuova classificazione, in i. di vita e i. di morte. L'i. di vita (Eros) include sia quello sessuale sia quello di conservazione: l'i. di morte, o di distruzione, è l'impulso a ritornare allo stato inanimato. Questa nuova formulazione nasceva da osservazioni basate in particolare sui "fenomeni di ripetizione", fenomeni sui quali egli si era da tempo soffermato, notando che i malati di nevrosi spesso ripetono in continuazione i medesimi atti, per quanto si tratti generalmente di situazioni penose. Ma esempi di ripetizione si possono osservare nei campi più diversi, dai giochi dei bambini alle migrazioni stagionali di pesci e uccelli. Freud cita il caso di quegli individui che appaiono "perseguitati dal destino", come, per esempio, coloro le cui varie esperienze sentimentali si sono invariabilmente concluse con delusioni e amarezze, in seguito a circostanze apparentemente diverse e attribuibili a cause esterne, o coloro che subiscono, a ripetizione, infortuni più o meno della stessa specie. Dalla massa dei fenomeni di ripetizione, Freud giunse a considerare che vi è una "coazione a ripetere", a riprodurre situazioni primitive, per cui "un i. non sarebbe che l'espressione di una tendenza, inerente a ogni organismo vivente, che lo spinge a riprodurre, a ristabilire uno stato anteriore, cui era stato obbligato a rinunciare sotto l'influsso di forze perturbatrici esterne". Ossia, secondo Freud, la meta alla quale tende ogni essere vivente sarebbe il ritorno al proprio stato primitivo, e poiché la vita è emersa dalla materia inorganica, la meta alla quale tende l'essere vivente altro non è che il ritorno allo stato inorganico, ossia alla morte. Una tendenza verso la morte, intesa non nel senso tradizionale, cioè che tutto ciò che è vivo è destinato a morire, ma nel senso che le forze interne, istintuali, dell'individuo tenderebbero a ricondurlo alla quiete primitiva, allo stato inorganico, ossia alla morte. Un i. di morte che non si oppone all'i. di conservazione, ma anzi si identifica con esso, sino a poter assumere l'apparenza superficiale di un i. di vita. In realtà, però, quando l'individuo lotta contro le cause esterne che ne minacciano l'esistenza, ciò non accade perché egli vuole vivere, ma perché egli vuole morire da sé, vuole raggiungere lo stato di quiete per vie naturali. Così, anche l'i. di potenza e di autoaffermazione non è altro, secondo Freud, che una forma mascherata dell'i. di morte. Comunque, sia nella sua prima forma (i. dell'io e i. sessuali) che nella seconda (i. di vita e . di morte) la teoria freudiana degli i. è nettamente dualista. I. di vita e i. di morte si comportano però entrambi come i. di conservazione, in quanto i primi tendono a conservare la vita e i secondi a mantenere e a ristabilire lo stato previtale. Comunque, l'i. di vita (identificato con Eros, in quanto mira alla conservazione e alla propagazione della specie) appare come il vero dominatore della vita individuale e collettiva, mentre l'i. di morte opera nell'ombra e nel silenzio. Freud rileva che non è senza significato che lo stato di prostrazione che segue all'atto sessuale assomigli alla morte e, soprattutto, che negli animali inferiori la morte segua immediatamente la procreazione. Diverse sono le direzioni cui tendono i due i.: quello di vita (Eros) si rivolge verso un oggetto esterno, quello di morte si rivolge verso il soggetto stesso. Tuttavia, nel loro successivo sviluppo, i due i. si trasformano, in parte intrecciandosi ed amalgamandosi tra loro. Da una parte, infatti, la libido può rivolgersi su se stessa e diventare "amor di sé", dall'altra parte, l'i. di morte può rivolgersi verso un oggetto esterno con atti di aggressione e di distruzione. Questo rivolgere l'aggressività (già presente nei bambini sin dai primi anni di vita) verso l'esterno ha in genere una funzione utile di preservazione dell'individuo che, deviando fuori di sé le proprie tendenze istintuali distruttive, si difende da esse e dal pericolo dell'autoannientamento. Allo stesso i. appartiene l'impulso al possesso, alla conquista e anche il desiderio di apprendere e di sapere. I due i. possono però associarsi in vario modo e anche assumere forme patologiche; sfociare, per esempio, nel sadismo, in cui amore e aggressività si combinano rivolgendosi verso un oggetto esterno, oppure nel masochismo, in cui le stesse tendenze, si rivolgono verso il soggetto stesso. Per quanto riguarda in particolare gli i. sessuali (libido) e di aggressione, Freud riteneva che, indipendentemente dall'atteggiamento liberale di genitori ed educatori, questi i. dovessero inevitabilmente subire una certa repressione o altre forme di distorsione, poiché altrimenti il comportamento dell'individuo risulterebbe socialmente intollerabile. Infatti, secondo Freud, i vantaggi dell'esistenza sociale sono assicurati solo a prezzo di limitare la libertà dell'uomo nel soddisfacimento dei propri desideri, e la cultura esiste grazie alla repressione e alla rinuncia agli i. L'idea fondamentale è che le conquiste culturali sono un prodotto dell'energia sessuale sublimata, da cui consegue che la repressione sessuale è un fattore indispensabile al progresso. Una teoria, quest'ultima, sottoposta a critica da vari autori, soprattutto alla luce delle nuove ricerche antropologiche. Secondo Wilhelm Reich, in questa teoria freudiana "c'è di vero soltanto che la repressione sessuale è alla base della psicologia di massa di una certa civiltà e precisamente di quella patriarcale e autoritaria in tutte le sue forme. Errata invece è la formula secondo la quale la repressione sessuale sarebbe alla base della civiltà in generale". Inoltre, Freud giunse a riconoscere gli i. aggressivi come totalmente autonomi solo in una delle sue ultime opere, Il disagio della civiltà (1930). Tuttavia, è proprio su questi i. che si sono maggiormente soffermate le successive ricerche psicoanalitiche, riconducendoli a situazioni critiche della prima infanzia e, soprattutto, all'instaurarsi dei primi meccanismi di difesa dell'introiezione e della proiezione. La valutazione post-freudiana degli i. aggressivi e distruttivi ha portato a importanti revisioni teoriche, soprattutto con riferimento al problema dell'angoscia. Per esempio, Melanie Klein ha sottolineato il rapporto fra angoscia della prima infanzia e impulsi primari diretti contro l'Io: impulsi, peraltro, da lei considerati con piena adesione alle vedute freudiane sui protoistinti, quali manifestazioni di un "i. di morte". Da parte sua, Anna Freud ritiene che "se le esigenze degli impulsi istintivi diventano eccessive, l'ostilità dell'Io nei riguardi dell'i. si intensifica sino all'angoscia". Altre importanti considerazioni si debbono a Jones e a Weiss. Tuttavia, per quanto la teoria degli i. abbia avuto nella psicanalisi ulteriori sviluppi, le sue basi fondamentali rimangono quelle gettate da Freud.