Stato (434.128 kmq; 26.414.000 ab.) dell'Asia occidentale. Confina a Nord con la
Turchia, a Nord-Est e ad Est con l'Iran, a Sud-Est con il Kuwait, a Sud-Ovest con l'Arabia
Saudita, a Ovest con la Giordania e la Siria; si affaccia a Sud-Est sul Golfo
Arabico. Capitale: Baghdad. Città principali: Bassora, Mosul (l'antica
Ninive), Kirkuk, Najaf, Kerbala, Amara, Sulaymaniyah. Ordinamento: fino al maggio 2003
Repubblica; dal momento della caduta del regime del raìs Saddam Hussein il Paese venne governato
da un rappresentante dell'Autorità provvisoria designato dalla coalizione
capeggiata da Stati Uniti e Gran Bretagna, nell'attesa di un Governo locale
di transizione. Fino al 2003 il Paese era diviso amministrativamente in 15 governatorati
e 3 regioni autonome. Moneta:
dinar e dollaro. Lingua ufficiale: arabo. Religione:
musulmana (sunnita e sciita); esistono minoranze greco-ortodosse, armene, siriane,
cristiane, ebree. Popolazione: i quattro quinti sono Arabi, in parte tuttora
nomadi. I Curdi (a Nord) costituiscono una rilevante
minoranza.
GEOGRAFIAIl
nucleo principale dell'
I. corrisponde alla Mesopotamia, cioè al
Paese tra il Tigri e l'Eufrate, che gli antichi chiamavano Caldea (a Sud) e
Assiria (a Nord). Lo Stato comprende anche parte della catena Zagros (2.850 m),
che segna il confine con l'Iran, un lembo dell'altopiano curdo verso la Turchia
e una porzione del tavolato desertico dell'Arabia. La Mesopotamia vera e propria
è suddivisa in due parti dalla strozzatura che esiste in corrispondenza
di Baghdad e si presenta come una vasta pianura coperta in prevalenza da steppe
a Nord, bassa e sovralluvionata a Sud, originata dalle alluvioni di due sistemi
fluviali molto attivi: il Tigri-Eufrate (Shatt al-Arab dopo la loro riunione),
che viene dagli altopiani d'Armenia, e il Karun-Kerkha, che ha origine nella
catena dello Zagros. Durante le piene primaverili vaste zone vengono sommerse e
trasformate in paludi, soprattutto in vicinanza del Golfo Persico. La parte Sud
ha clima desertico, per cui le colture devono essere irrigate; a Nord piogge
primaverili permettono la coltura dei cereali. Le estati sono caldissime e
caratterizzate da elevata umidità, mentre gli inverni sono miti. La zona
attorno al Golfo Persico è tra le più calde della Terra. La popolazione
è distribuita in modo irregolare: sono maggiormente popolate la bassa
Mesopotamia e la regione collinosa del Nord, in vicinanza dei corsi d'acqua,
dove è possibile praticare colture irrigue.
Cartina dell'Iraq
ECONOMIA
L'agricoltura partecipa in misura secondaria alla formazione del reddito nazionale;
prevalgono le piccole proprietà a conduzione familiare, scarsamente meccanizzate e
condotte con metodi arretrati. I 3/4 del territorio sono ancora incolti e
improduttivi. Tra i principali prodotti: orzo e frumento a Nord, riso e mais a
Sud, datteri, pomodori, legumi, frutta, barbabietola da zucchero, tabacco,
cotone. Tra i nomadi (Beduini) prevale l'allevamento, soprattutto di ovini,
caprini, bovini, asini, cammelli. Diffuso l'artigianato, accanto al quale vi
sono impianti tessili, manifatture di tabacchi, cementifici. La grande ricchezza
dell'
I. è il petrolio. L'
I. è il quarto Paese
produttore nel mondo dopo Russia, Arabia Saudita e Stati Uniti. Nella zona di
Kirkuk esistono importanti giacimenti di petrolio, che viene convogliato
mediante oleodotti a Tripoli di Siria e a Baniyas. Le esportazioni principali
riguardano petrolio, datteri, lana, pelli, cotone e superano le importazioni
(prodotti tessili, veicoli, macchinari, zucchero, ecc.). L'
I. è un nodo
fondamentale per le comunicazioni tra il Levante e l'India. La ferrovia
Bassora-Baghdad-Mosul attraversa interamente il Paese fino al confine
siriano.
STORIASede
della civiltà sumerica, sviluppatasi intorno al 4000 a.C., l'attuale
territorio iracheno entrò poi a far parte dell'Impero assiro-babilonese e
divenne successivamente una provincia dell'Impero persiano (secc. VI-IV a.C.),
aprendosi quindi all'influenza greca e romana. Nel VII sec. d.C. fu occupato
stabilmente dagli Arabi, da cui prese l'attuale nome. Per qualche secolo, sotto
gli Abbasidi, fu sede centrale dell'Impero islamico, di cui Baghdad divenne la
favolosa capitale. A partire dal XIII sec., subì varie invasioni (Curdi,
Tartari, Turchi) che provocarono la decadenza del territorio. Esso perdette
anche l'unità politica, in seguito al frazionamento in piccole dinastie,
che furono assoggettate dai Turchi nel XVII sec. Durante i tre secoli di dominio
ottomano, il territorio raggiunse la massima decadenza. Nella seconda
metà del XIX sec., pur rimanendo formalmente soggetto alla Turchia,
entrò nella sfera d'influenza economico-politica anglo-tedesca.
All'inizio del XX sec. cominciarono a manifestarsi i primi fermenti
nazionalistici e durante la prima guerra mondiale l'
I. si sottrasse
definitivamente al dominio ottomano. Nel 1920 fu affidato dalla Società
delle Nazioni alla Gran Bretagna come mandato e posto sotto la sovranità
di Feysal, figlio del gran sceriffo della Mecca Huseyn della dinastia hashimita.
Negli anni seguenti il Paese compì notevoli progressi, tanto da indurre
la Società delle Nazioni a revocare il mandato britannico riconoscendo
(1932) la completa indipendenza dell'
I. In quegli anni tuttavia la vita
politica del Paese fu turbata da una serie di eventi drammatici: invasione di
bande wahbite, rivolte dei Curdi, assassini di uomini politici. La situazione si
aggravò dopo la morte di re Feysal (1933), al quale succedette il figlio
Gazi. I due schieramenti opposti del nazionalismo, l'uno filo-britannico, l'altro
anglofobo, approfittarono dell'inesperienza del giovane sovrano per darsi
battaglia aperta, provocando innumerevoli crisi di governo e atti di terrorismo.
La prematura scomparsa di Gazi (1939) e l'assunzione della reggenza da parte del
principe Abdel Ilah in nome del piccolo Feysal II, aggravò ulteriormente
la situazione, poiché una parte dei nazionalisti, per sottrarre il Paese
alla tutela britannica, si appoggiò alla Germania e all'Italia. Nel 1941
si ebbe un tentativo di colpo di Stato ma, nonostante l'appoggio dell'aviazione
tedesca, gli Inglesi riuscirono a riprendere il controllo della situazione e a
mantenerlo durante tutta la seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra la
situazione fu aggravata dall'umiliante sconfitta subita nel 1948 dallo
schieramento arabo contro Israele. Forti contrasti e opposizioni incontrò il
progetto, attuato nel 1958, di una più stretta associazione con la Giordania,
sottoposta anch'essa a un sovrano della dinastia hashimita. L'opposizione
interna contro un indirizzo che, prima dell'unione con la
Giordania, aveva portato alla stipulazione del Patto di Baghdad (febbraio 1955)
con l'Iran, il Pakistan, la Turchia, in funzione antisovietica, consentì
al leader egiziano Nasser di trovare alleati nelle alte sfere militari irachene.
Il moto rivoluzionario del 14 luglio 1958 ebbe come conseguenza immediata
l'eliminazione di re Feysal e la proclamazione della Repubblica. Il potere fu
assunto da un comitato rivoluzionario, espresso dal Partito Baath e presieduto
dal generale Kassem. Pur essendo riuscito inizialmente ad avere ragione
dell'opposizione, sia di destra che di sinistra, il nuovo regime non si
mostrò molto più solido del precedente e ciò lo
portò ad accentuare il proprio carattere autoritario. Nel 1963, il
malcontento esplose in un nuovo colpo di Stato militare capeggiato dal
colonnello Salem Aref, appoggiato dalle correnti filo-nasseriane e baathiste
moderate. Nel tentativo di imbrigliare le spinte centrifughe e di contenere le
rivalità tra uomini e correnti, Aref adottò una linea politica che
si rivelò presto contraddittoria per il logorante gioco di equilibrio fra
le varie fazioni. La morte di Salem Aref nel 1966 e la successione del meno
abile fratello Abdul-Rahman Aref misero più chiaramente in luce le
debolezze di un regime incapace di risolvere i problemi del Paese, in
particolare la pacificazione dei Curdi (16% della popolazione) e i problemi
legati allo sviluppo economico-sociale, irrisolvibili finché il 90% delle
entrate, derivate dall'attività petrolifera, venivano assorbite dalle
spese militari. Privo di un forte sostegno popolare, il regime si mostrò
incapace di adottare una politica economica attiva, sottraendo l'economia del
Paese alla tutela delle grandi compagnie petrolifere straniere, in particolare
dell'Iraq Petroleum Co. Nel 1968 si ebbe un nuovo colpo di Stato militare che
portò alla destituzione del generale Aref. Pochi giorni dopo ci fu un
nuovo atto di forza da parte del nuovo presidente della Repubblica, generale
Hassan el-Bakr, contro il primo ministro Nayef e il ministro della Difesa,
colonnello el-Daoud. Il colpo di Stato non interruppe la serie dei complotti e,
nel giro di un anno, un centinaio di persone vennero fucilate e impiccate. Nel
1970 le autorità irachene denunciarono un nuovo tentativo di colpo di
Stato da parte di elementi filo-occidentali. Frattanto el-Bakr aveva accentuato
l'orientamento di sinistra del proprio indirizzo politico, includendo nel
Governo rappresentanti del Partito comunista e stipulando accordi petroliferi
con Mosca. Inoltre i governanti iracheni si impegnarono a fondo per risolvere
l'annosa questione curda e nel 1970 el-Bakr annunciò la firma di un
accordo con il capo della ribellione curda Mustafà el-Barzani. Il "patto
di fratellanza" riconosceva l'autonomia nazionale dei Curdi, ponendo fine a una
controversia che si trascinava da 40 anni e che, negli ultimi 9, si era
trasformata in guerra aperta nelle regioni settentrionali. L'accordo prevedeva
la revisione della Costituzione in 15 punti e, sul piano propriamente politico,
l'istituzione della carica di vicepresidente della Repubblica da affidare a un
curdo. L'accordo aprì una nuova fase nella politica irachena, portando
una ventata di libertà. Nel 1970 cessò lo stato di emergenza e
vennero scarcerati numerosi detenuti politici. Seguì un periodo di
assestamento del regime, che ricevette una sanzione ufficiale nel 1972 dalla
visita del primo ministro sovietico Kossighin e dalla firma di un trattato di
amicizia e di cooperazione della durata di 15 anni. Vennero stipulati
accordi petroliferi con l'URSS, la Francia e l'Italia e fu decretata la
nazionalizzazione dei giacimenti dell'Iraq Petroleum Co. Sul piano
dell'assestamento politico interno, nel 1971, el-Bakr, a nome del Partito Baath,
aveva proposto una Carta nazionale per la cooperazione tra le forze "nazionali e
progressiste" e, in conseguenza di ciò, il Partito comunista capeggiato
da Aziz Muhammed ritornò a operare nella legalità e, unitamente
al Partito democratico curdo, affiancò il Baath nella conduzione del
Governo. Continuarono a susseguirsi gli annunci di falliti tentativi di colpi di
Stato. Inoltre rimaneva viva la questione curda nonostante l'accordo del 1970.
Nel 1974 il presidente el-Bakr annunciò la concessione dell'autonomia ai
territori abitati in maggioranza da Curdi. Il provvedimento fu immediatamente
respinto dal leader dei nazionalisti curdi, Barzani, che annunciò una
ripresa su larga scala della guerra civile. Come risposta il Governo di Baghdad
adottò una linea tendente a isolare Barzani dalla maggioranza della
popolazione curda. Morto Barzani a 76 anni nel 1979, el-Bakr e il presidente
siriano Hafez Assad decisero la formazione di un comando politico unificato tra
i due Paesi (1979). Ma la situazione evolse rapidamente nei mesi seguenti, con
la presa del potere da parte di Saddam Hussein e lo scoppio di una sanguinosa
guerra contro l'Iran rivoluzionario e khomeinista (1980). La reazione iraniana
impose una logorante guerra di posizione, riuscendo a trasferire lo scontro in
territorio iracheno dal 1982. Il prolungamento del conflitto, durato otto anni,
portò a una crescita del sostegno economico e militare all'
I. da parte
degli Stati arabi moderati, dei Paesi occidentali e dell'Unione Sovietica. Saddam
Hussein intraprese una politica di prestigio volta a realizzare un rapido sviluppo
economico e ad assumere la leadership del mondo arabo, promuovendo un processo
di modernizzazione del Paese, giocando così un ruolo di primo piano nel
movimento dei Paesi non allineati. In politica interna Hussein operò una dura
repressione contro ogni forma di opposizione. Le spese militari misero in
difficoltà l'economia nazionale. A ciò si aggiunsero problemi
interni preesistenti, come quello della lotta autonomistica dei Curdi al confine
con la Turchia. Nel 1983 truppe turche, autorizzate da Baghdad ad attraversare
il confine, repressero il movimento indipendentista. Pur trovandosi in
difficoltà, Hussein mantenne la situazione sotto controllo, grazie agli
appoggi economici e diplomatici dei Paesi arabi moderati che temevano
un'affermazione di Teheran e un'estensione della rivoluzione sciita.
Nel 1987, all'indomani del summit
arabo di Amman, Hussein normalizzò i rapporti diplomatici con Il Cairo.
Ma la lunga guerra con l'Iran prostrò l'
I.; le condizioni del
Paese si fecero precarie, nonostante la ripresa economica dovuta all'aumento
dell'esportazione di greggio, dopo il potenziamento degli oleodotti costruiti
attraverso la Turchia e l'Arabia Saudita. Ancora nel 1987 gli estremisti sciiti
filo-iraniani dell'organizzazione Al Dawa e la guerriglia curda nel Nord del
Paese rappresentarono uno dei problemi più pressanti per l'
I. Nel
1988 la tregua con l'Iran rappresentò per Hussein una vittoria parziale,
che gli consentì di ristabilire i vecchi confini riconosciuti dalla
comunità internazionale. Durante il summit della Lega araba a Casablanca
(1989), al quale partecipò anche l'Egitto, riammesso dopo 10 anni alla
lega, i rapporti fra l'
I. e la Siria risultarono notevolmente peggiorati.
Gli Iracheni parteciparono al vertice con una precisa intenzione: ottenere il
ritiro dei 40.000 soldati siriani dal Libano. Ma Assad, il presidente siriano
riuscì a sconfiggere Hussein che abbandonò il summit per protesta.
Il 2 agosto 1990 le truppe irachene invasero il vicino Kuwait, annettendone il
territorio e destando allarme nella comunità internazionale. Nell'arco
di pochi giorni gli Stati Uniti avviarono un massiccio intervento militare nella
regione. Su sollecitazione del Consiglio dell'ONU, venne stabilito un embargo su tutte le
merci in entrata e in uscita dall'
I., allo scopo di costringere Hussein
al ritiro delle truppe. Le posizioni irremovibili di Hussein portarono al blocco
del Golfo Persico da parte delle flotte congiunte dei Paesi occidentali. Sul
finire dell'estate si delinearono i primi tentativi di mediazione tra le parti,
volti alla risoluzione dei problemi generali del Medio Oriente.
Intanto proseguiva la militarizzazione dell'area del Golfo, con circa 700.000
soldati iracheni appostati nel Kuwait e nel Sud del Paese e circa mezzo milione
di uomini al comando dell'ONU, con una concentrazione di armamenti mai
registrata in alcun conflitto precedente. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU
fissò al 15 gennaio 1991 la data ultima per il ritiro delle truppe
irachene dal Kuwait. Scaduto l'ultimatum, il 17 gennaio gli Stati Uniti (cui
si affiancarono, sotto il loro comando, 28 Paesi, compresi 9 arabi) aprirono le
ostilità. La reazione irachena, più che a un'effettiva
controffensiva mirata a colpire l'armata multinazionale, fu affidata al lancio
di missili
Scud in direzione di Israele. I vettori ebbero l'effetto di
accrescere le preoccupazioni dell'opinione pubblica mondiale rispetto a una
possibile reazione israeliana e al conseguente cambiamento di atteggiamento del
fronte arabo moderato. Mentre Hussein incitava i musulmani alla "guerra santa",
per rallentare l'avanzata della flotta multinazionale verso le coste kuwaitiane
vennero incendiati numerosi pozzi di petrolio. L'inasprirsi del
conflitto moltiplicò le iniziative di pace.
Il 23 febbraio gli Stati Uniti lanciarono un ultimatum all'
I.
affinché ritirasse il suo esercito dal Kuwait entro 24 ore, scaduto il
quale avrebbe dato il via alla grande offensiva di terra. Tre giorni dopo il
Kuwait era nelle mani dell'esercito multinazionale. Il 28 febbraio 1991 Hussein
dichiarò di accettare senza condizioni le risoluzioni dell'ONU, ponendo
fine a un conflitto che, oltre ad avere decimato il potenziale bellico
dell'esercito, aveva messo in ginocchio la già precaria economia del
Paese. Al termine della guerra, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia
proibirono alle forze aeree irachene di penetrare nell'ampia zona del
Paese situata a Sud del 32° parallelo. Ripetute incursioni irachene oltre
questo limite stabilito, unitamente al rifiuto di Saddam Hussein di far entrare
nel Paese inviati dell'ONU che verificassero lo
smantellamento delle armi nucleari, suscitarono nuovamente la dura reazione
degli Stati Uniti che nel gennaio 1993, inviato un ultimatum, disposero due
attacchi contro obiettivi militari dell'
I. Dopo una prima reazione
bellica, Saddam accettò la tregua e le condizioni imposte dall'ONU.
L'isolamento internazionale, causato dalla mancanza di collaborazione ostentata
dal Governo di Baghdad nei confronti dell'ONU, ebbe come risultato il protrarsi
di un rigido embargo economico fino a tutto il 1995. Solo nei primi mesi del
1996 tale embargo fu attenuato, per consentire l'accesso nel Paese di medicinali
e generi di prima necessità. A dispetto della drammatica crisi economica
in cui si trovava l'
I., le elezioni del 1995 coincisero con un vero e
proprio plebiscito a favore del dittatore Hussein, che dimostrò di controllare
ancora saldamente il Paese. Nel 1998 gli ispettori ONU incaricati di verificare
il disarmo iracheno decisero di abbandonare il Paese, non avendo avuto sufficiente
collaborazione dalle autorità locali; nel gennaio 1999, in seguito a bombardamenti
da parte degli Anglo-Americani di postazioni radar e militari della zona di esclusione
aerea (operazione denominata
Desert fox), l'ONU ritirò il personale umanitario
britannico e statunitense. Intanto, nel 1998, nel Kurdistan iracheno gli USA riuscirono a
ottenere un accordo tra il Partito democratico e l'Unione patriottica, in base
al quale le due parti si impegnarono a frenare gli scontri, non fornendo
più basi di appoggio al Partito dei lavoratori turco del Kurdistan
(PKK). Le elezioni tenutesi nel marzo 2000 furono vinte dal Partito Baath al potere.
Nel corso del 2000 si moltiplicarono le prese di distanza dalla politica statunitense
delle sanzioni e dell'embargo. Con la nomina di George W. Bush alla Casa Bianca (gennaio 2001),
i rapporti tra
I. e Stati Uniti si incrinarono ulteriormente. In febbraio Bush
riprese i bombardamenti su Baghdad. Gli attacchi anglo-americani
furono duramente condannati dalla maggior parte dei Paesi del mondo arabo, oltre che
da Francia e Russia e dal papa Giovanni Paolo II. In maggio il figlio di Saddam Hussein,
Qusay, fu eletto alla guida del Partito Baath. Dopo gli attentati dell'11
settembre 2001 contro le Torri Gemelle e il Pentagono, il vice-premier iracheno Tareq
Aziz, pur non condannando formalmente gli attacchi terroristici, espresse solidarietà
verso le famiglie delle vittime. Con l'avvio dell'operazione militare "Libertà
duratura" in Afghanistan, l'
I. fu inserito nella lista dei "Paesi canaglia",
favoreggiatori del terrorismo internazionale, e in ottobre migliaia di Iracheni
manifestarono a Baghdad per protestare contro gli attacchi anglo-americani all'Afghanistan.
Nell'agosto 2002 gli Stati Uniti annunciarono che avrebbero proceduto militarmente contro
il regime di Saddam, colpevole di non aver permesso agli ispettori dell'ONU di ispezionare
gli armamenti del Paese per verificare la presunta esistenza di armi di distruzione di massa.
In novembre l'ONU approvò una risoluzione con la quale veniva autorizzato l'uso della forza
in caso di non collaborazione da parte irachena. Dopo molti tentennamenti e
qualche smentita, Baghdad accettò di ospitare gli osservatori internazionali che
si presentarono nel Paese. Intanto in ottobre Hussein era stato rieletto alla presidenza
del Paese con l'unanimità dei voti: per celebrare l'elezione, egli concesse
l'amnistia ai prigionieri condannati e detenuti nelle carceri irachene, compresi i
cittadini accusati di reati politici, e agli esuli. Le ispezioni degli inviati delle
Nazioni Unite proseguirono fino al marzo 2003, quando Stati Uniti e Gran Bretagna
decisero, senza l'avallo dell'ONU, di procedere militarmente contro l'
I.
accusato di mancata collaborazione. Appoggiati dalla cosiddetta "coalizione
anti-terrorismo" comprendente 30 Paesi, tra cui Italia e Spagna, gli Anglo-Americani
imposero un ultimatum a Saddam Hussein, nel quale gli si intimava di lasciare il potere
e il Paese. Di fronte al suo rifiuto, il 20 marzo ebbe ufficialmente inizio
l'operazione
Shock and awe con il bombardamento
di Baghdad; gli attacchi aerei vennero quindi rivolti verso altre
città del Paese (Kirkuk, Nassiriya, Jalawla, Najaf, Tikrit) mantenendo,
inizialmente, carattere più intenso sulla capitale e sulle due città di Bassora,
all'estremo Sud, e Mosul, all'estremo Nord, zone dalle quali avrebbe avuto inizio l'offensiva
terrestre. In breve si verificarono le prime emergenze umanitarie, soprattutto a Bassora,
caduta in mano alle truppe inglesi già il 4 aprile, nella quale vennero interrotti
i rifornimenti di acqua e di energia elettrica. Anche Baghdad si trovò presto
in grave difficoltà con il continuo intensificarsi dei bombardamenti che non risparmiarono
obiettivi civili (palazzi, mercati). Il 9 aprile i carri armati statunitensi entrarono nel
centro della capitale irachena. Nei giorni seguenti si assistette al fenomeno, sempre più vasto,
dei saccheggi, che interessarono dapprima i palazzi presidenziali e dell'amministrazione pubblica,
per allargarsi poi ad abitazioni private e a centri culturali di notevole importanza, in
un clima di pericolosa anarchia alla quale non si contrappose una reazione di
contenimento da parte americana. Dopo la caduta di Tikrit (14 aprile), città natale
di Saddam, iniziarono le prime rappresaglie nei confronti dei soldati americani.
Gli Stati Uniti decisero di procedere all'insediamento di un amministratore
civile provvisorio nella persona del generale statunitense in pensione Jay Garner, in attesa
di un nuovo Governo locale, per la formazione del quale si tenne, a Nassiriya, una riunione
cui parteciparono rappresentanti di gruppi di opposizione al passato regime.
Garner venne presto affiancato, quindi sostituito, dall'esperto di terrorismo ed ex funzionario
del Dipartimento di Stato statunitense Paul Bremer. Intanto continuava la caccia agli
esponenti della vecchia classe dirigente; tra i catturati (alcuni dei quali si
consegnarono volontariamente), l'ex vice-premier Tareq Aziz. Il 1° maggio il presidente
Bush annunciò ufficialmente la fine delle ostilità nel Paese.
Il 22 maggio il Consiglio di sicurezza dell'ONU revocò l'embargo imposto all'
I.
nel 1990: conseguenza immediata fu il calo del prezzo del
petrolio. La fine delle ostilità non significò però la fine delle violenze in
I.
Iniziò, infatti, una lunga serie di attentati che ebbe come bersaglio non solo esponenti
dell'esercito statunitense e inglese, ma anche obiettivi internazionali (nel mese di agosto
fu distrutto il quartier generale della sede dell'ONU a Baghdad, provocando la morte di
una ventina di persone tra cui l'inviato delle Nazioni Unite Sergio Vieira De Mello). Anche
l'Italia fu coinvolta in questi attentati: il 12 novembre 2003 un'esplosione
nella base dei carabinieri di stanza a Nassiriya causò la morte di 19 Italiani
(17 tra militari e carabinieri e 2 civili) e altri 9 Iracheni, mentre numerosi furono i feriti.
Nel frattempo, in luglio, durante un conflitto a fuoco nella città di Mosul, erano stati uccisi
i due figli dell'ex dittatore Saddam, Uday e Qusay, i quali avevano ricoperto ruoli di
primo piano durante la sanguinaria dittatura del padre. Il 13 dicembre Saddam venne catturato
nel villaggio di Dawar, a pochi chilometri da Tikrit, sua città natale, mentre era nascosto
in un cunicolo scavato nei pressi di una fattoria. La sua cattura non fermò però
l'ondata di attentati, che si acuì con l'inizio del nuovo anno. Nel marzo 2004 a Kerbala,
città santa degli sciiti, si verificò una serie di attentati suicidi che causò
200 morti. Il mese successivo l'imam Moqtada Al Sadr (fondatore della milizia Mehdi
e del giornale "al-Hawza", fatto chiudere a marzo da Paul Bremer perché accusato di
incitamento alla violenza) si pose a capo della rivolta sciita contro la coalizione
anglo-americana, scoppiata a Najaf e quindi estesasi ad altre città irachene. Intanto,
l'8 marzo, era stata firmata la Costituzione provvisoria del Paese con la quale
si era avviato il processo di normalizzazione che avrebbe dovuto portare alla convocazione
delle elezioni del 2005. La situazione in
I. degenerò ulteriormente
e, a partire dal mese di aprile, la resistenza irachena diede avvio a una serie di
sequestri di persona al fine di convincere gli Anglo-Americani a lasciare il
Paese. Gruppi di guerriglieri rapirono cittadini di varie nazionalità, alcuni dei
quali furono uccisi (grande scalpore suscitarono le esecuzioni di due civili, uno
statunitense e uno italiano, documentate tramite video inviati a emittenti arabe).
In maggio scoppiò lo scandalo delle torture dei prigionieri iracheni perpetrate
nel carcere di Abu Ghraib da soldati statunitensi e britannici. Nello stesso mese
la coalizione anglo-americana subì un'importante defezione: la Spagna del neo premier
socialista Zapatero, scossa dagli efferati attentati di Madrid dell'11 marzo 2004,
decise di richiamare in patria le sue truppe. Intanto Al Sadr proclamò la jihad e
ordinò ai suoi miliziani di cingere d'assedio la città di Nassiriya: negli scontri
che si verificarono tra i guerriglieri iracheni e i militari italiani, lì dislocati,
perse la vita un nostro soldato. In giugno il Consiglio di sicurezza dell'ONU approvò
all'unanimità la nuova risoluzione sull'
I. proposta da Stati Uniti e Gran
Bretagna, che prevedeva il trasferimento della sovranità dal governatore uscente
Bremer al Governo transitorio iracheno entro il 30 giugno e l'invio di una forza
multinazionale con mandato di un anno. Dopo la nomina del capo tribale sunnita
Ghazi al Yawar a presidente dell'
I. e di Iyad Allawi a premier del neonato
Esecutivo, il 28 giugno 2004 si verificò il passaggio dei poteri, con due giorni di anticipo
rispetto alla data prevista, per il timore di attentati. Il 30 giugno gli Stati Uniti
consegnarono alle autorità irachene Saddam Hussein, insieme ad altri 11 funzionari del
vecchio regime; l'ex dittatore sarebbe stato processato dal Tribunale speciale iracheno per i
crimini commessi durante i suoi 23 anni di presidenza del Paese. Nel mese di
agosto la città sciita di Najaf fu teatro di violenti scontri tra l'esercito
statunitense e i ribelli sciiti di Al Sadr, lì asserragliati. Dopo tre settimane
di violenze, venne raggiunto un accordo che portò alla smilitarizzazione della
cittadina. Intanto, parallelamente all'acuirsi della guerriglia contro i soldati
anglo-americani, i terroristi islamici intensificarono la strategia dei sequestri
di civili stranieri. Il 30 gennaio 2005 in
I. si tennero le prime elezioni
libere del Paese per nominare i membri del nuovo Parlamento di transizione. Svoltesi in un clima di
forte tensione (vennero mobilitati oltre 100 osservatori internazionali preposti
al controllo del voto), furono caratterizzate da un'affluenza massiccia di curdi
e sciiti alle urne, nonostante le minacce della guerriglia, e dalla diserzione
dei seggi da parte della comunità sunnita. Le consultazioni si conclusero con la
schiacciante affermazione della sciita Alleanza irachena unita sostenuta dall'ayatollah Al
Sistani, che ricevette il 47,6% dei voti. Dopo le dimissioni del premier
ad
interim Allawi, in aprile il neo presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani,
nominò primo ministro Ibrahim Al Jaafari, leader del partito sciita Dawa. In
agosto fu presentata in Parlamento la nuova Costituzione, sola garanzia di unità
per l'
I. Non avendo ottenuto l'appoggio della minoranza sunnita, contraria
a federalismo, distribuzione dei proventi sul petrolio e timorosa di perdere il
peso politico esercitato sotto Saddam Hussein, venne indetto un referendum, in
data 15 ottobre, in cui l'elettorato sarebbe stato invitato a pronunciarsi sul testo
costituzionale. Intanto le migliaia di vittime provocate dal conflitto anglo-americano
e dalla permanenza delle truppe di occupazione furono destinate ad aumentare
quotidianamente. Il 31 agosto l'ennesima strage di innocenti si abbatté sulla
Nazione: più di 900 persone - prevalentemente donne e bambini - morirono annegate o
calpestate dopo un attacco contro una moschea sciita a Baghdad. La tragedia si
verificò durante una processione, mentre migliaia di pellegrini sciiti attraversavano
il ponte sul fiume Tigri per raggiungere il luogo sacro e commemorare l'anniversario
della morte dell'imam Musa al Kazim. L'attentato venne rivendicato da un gruppo
armato sunnita legato al terrorista giordano Al Zarqawi. Mentre continuavano gli attentati,
in ottobre il Paese approvò, tramite referendum, la Costituzione; nello stesso mese
iniziò il processo a Saddam Hussein. In novembre le indiscrezioni di alcuni ex militari
statunitensi fecero scoppiare lo scandalo relativo all'uso del fosforo bianco quale
arma di distruzione da parte delle forze anglo-statunitensi durante gli scontri nella
città di Falluja nel novembre 2004. Il 15 dicembre si svolsero le elezioni per la formazione
del Parlamento definitivo. Il risultato delle urne, reso noto il 20 gennaio 2006,
decretò ancora una volta la vittoria della coalizione sciita dell'Alleanza irachena unita, che
però non riuscì a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Dopo trattative durate mesi,
a causa dei veti incrociati tra gli Sciiti della coalizione e i principali partiti curdi e sunniti,
la situazione si sbloccò quando il primo ministro Al Jaafari, travolto dalle accuse
di non aver migliorato la sicurezza dell'
I., ad aprile rimise il suo incarico alle decisioni
della dirigenza dell'Alleanza, che indicò come candidato premier Jawad Al Maliki, anch'egli
militante di Dawa. Trovato l'accordo anche per le altre cariche istituzionali, il 22 dello stesso
mese il Parlamento di Baghdad rielesse alla presidenza del Paese Talabani, il quale
conferì l'incarico di formare un Governo di unità nazionale a Maliki, nome gradito anche
a sunniti e curdi. Il nuovo Esecutivo pose tra le proprie priorità la sicurezza, il
tentativo di impedire l'acuirsi della guerra civile, la lotta alla corruzione e
la progressiva sostituzione dei militari stranieri della forza multinazionale con forze
irachene. Sempre ad aprile il contingente italiano di stanza a Nassiriya finì di nuovo nel
mirino dei terroristi: il 27 una bomba esplose al passaggio di una pattuglia composta
da militari italiani e rumeni, provocando la morte di quattro soldati italiani e di
un soldato rumeno. A giugno Abu Musab Al Zarqawi, luogotenente di Bin Laden in
I.,
venne ucciso durante un attacco aereo congiunto compiuto da forze statunitensi e giordane.
Nel novembre 2006 il processo a Saddam Hussein, iniziato nell'ottobre 2005 e condotto da
un tribunale speciale, si concluse con la condanna a morte del rais, accusato di crimini
contro l'umanità per la strage di Dujail del 1982 in cui rimasero uccisi 148 sciiti.
I giudici punirono con la sentenza capitale anche Awad Al Bander, presidente del tribunale
rivoluzionario, mentre all'ex vicepresidente Taha Yassin Ramadan fu inflitta la
pena dell'ergastolo. La condanna a morte del rais venne eseguita
il 30 dicembre 2006 nella sede dei servizi segreti militari iracheni. Il mese successivo
furono impiccati anche Al Bander e il fratellastro di Saddam Hussein, Barzan Ibrahim. Sempre
nel gennaio 2007, da un lato il presidente americano Bush annunciò l'invio in
I.
di migliaia di nuovi soldati al fine di garantire la sicurezza nel Paese, in particolare a
Baghdad, e, dall'altro, le Nazioni Unite resero noto che nel corso del 2006 le vittime
civili irachene erano state oltre 34.000. La situazione dunque non accennava a migliorare,
a tal punto che ai primi di febbraio un camion bomba fu fatto esplodere nei pressi
del mercato di Sadriya, nel centro della Capitale, causando oltre 130 vittime e centinaia
di feriti: si trattò di uno dei più gravi episodi di violenza avvenuti in
I. dopo
l'invasione anglo-americana del 2003. Nel marzo 2007 su alcuni siti Internet comparvero
minacce da parte di Al Qaeda nei confronti del principe Harry del Galles,
secondogenito di Carlo e Diana, il quale in giugno avrebbe dovuto
recarsi in
I. come ufficiale del reggimento "Blues and Royals".
In seguito a tali minacce il capo di Stato maggiore britannico preferì
non esporre il giovane a rischi troppo alti, scegliendo di non farlo partire.
Il 1° maggio 2007 Al Masri,leader di Al Qaeda in
I. e successore
di Al Zarqawi, venne ucciso in un conflitto a fuoco interno alle milizie terroristiche.
Intanto il 20 marzo, quarto anniversario dell'invasione statunitense in
I.,
era stato impiccato Taha Yassin Ramadan, vicepresidente durante il regime di Saddam.
A fine luglio un evento sportivo avvicinò, seppur momentaneamente, fazioni
religiose in genere in forte contrasto (sunniti, sciiti, curdi e cristiani):
per la prima volta nella sua storia, la squadra
nazionale di calcio vinse la Coppa d'Asia, battendo la favoritissima Arabia Saudita.
In agosto un attentato alla piccola comunità yazida, antichissima minoranza religiosa,
provocò la morte di quasi 400 persone: scopo degli attentatori era di
destabilizzare il processo di riappacificazione e peace-keeping nel Paese.
Il 3 settembre Bush si recò inaspettatamente in
I. accompagnato
dal segretario di Stato Condoleezza Rice e dal
consigliere per la Sicurezza nazionale Steven Hadley. Si trattava della
terza visita del presidente americano dall'inizio del conflitto.