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Iraq.

Stato (434.128 kmq; 26.414.000 ab.) dell'Asia occidentale. Confina a Nord con la Turchia, a Nord-Est e ad Est con l'Iran, a Sud-Est con il Kuwait, a Sud-Ovest con l'Arabia Saudita, a Ovest con la Giordania e la Siria; si affaccia a Sud-Est sul Golfo Arabico. Capitale: Baghdad. Città principali: Bassora, Mosul (l'antica Ninive), Kirkuk, Najaf, Kerbala, Amara, Sulaymaniyah. Ordinamento: fino al maggio 2003 Repubblica; dal momento della caduta del regime del raìs Saddam Hussein il Paese venne governato da un rappresentante dell'Autorità provvisoria designato dalla coalizione capeggiata da Stati Uniti e Gran Bretagna, nell'attesa di un Governo locale di transizione. Fino al 2003 il Paese era diviso amministrativamente in 15 governatorati e 3 regioni autonome. Moneta: dinar e dollaro. Lingua ufficiale: arabo. Religione: musulmana (sunnita e sciita); esistono minoranze greco-ortodosse, armene, siriane, cristiane, ebree. Popolazione: i quattro quinti sono Arabi, in parte tuttora nomadi. I Curdi (a Nord) costituiscono una rilevante minoranza.

GEOGRAFIA

Il nucleo principale dell'I. corrisponde alla Mesopotamia, cioè al Paese tra il Tigri e l'Eufrate, che gli antichi chiamavano Caldea (a Sud) e Assiria (a Nord). Lo Stato comprende anche parte della catena Zagros (2.850 m), che segna il confine con l'Iran, un lembo dell'altopiano curdo verso la Turchia e una porzione del tavolato desertico dell'Arabia. La Mesopotamia vera e propria è suddivisa in due parti dalla strozzatura che esiste in corrispondenza di Baghdad e si presenta come una vasta pianura coperta in prevalenza da steppe a Nord, bassa e sovralluvionata a Sud, originata dalle alluvioni di due sistemi fluviali molto attivi: il Tigri-Eufrate (Shatt al-Arab dopo la loro riunione), che viene dagli altopiani d'Armenia, e il Karun-Kerkha, che ha origine nella catena dello Zagros. Durante le piene primaverili vaste zone vengono sommerse e trasformate in paludi, soprattutto in vicinanza del Golfo Persico. La parte Sud ha clima desertico, per cui le colture devono essere irrigate; a Nord piogge primaverili permettono la coltura dei cereali. Le estati sono caldissime e caratterizzate da elevata umidità, mentre gli inverni sono miti. La zona attorno al Golfo Persico è tra le più calde della Terra. La popolazione è distribuita in modo irregolare: sono maggiormente popolate la bassa Mesopotamia e la regione collinosa del Nord, in vicinanza dei corsi d'acqua, dove è possibile praticare colture irrigue.
Cartina dell'Iraq


ECONOMIA

L'agricoltura partecipa in misura secondaria alla formazione del reddito nazionale; prevalgono le piccole proprietà a conduzione familiare, scarsamente meccanizzate e condotte con metodi arretrati. I 3/4 del territorio sono ancora incolti e improduttivi. Tra i principali prodotti: orzo e frumento a Nord, riso e mais a Sud, datteri, pomodori, legumi, frutta, barbabietola da zucchero, tabacco, cotone. Tra i nomadi (Beduini) prevale l'allevamento, soprattutto di ovini, caprini, bovini, asini, cammelli. Diffuso l'artigianato, accanto al quale vi sono impianti tessili, manifatture di tabacchi, cementifici. La grande ricchezza dell'I. è il petrolio. L'I. è il quarto Paese produttore nel mondo dopo Russia, Arabia Saudita e Stati Uniti. Nella zona di Kirkuk esistono importanti giacimenti di petrolio, che viene convogliato mediante oleodotti a Tripoli di Siria e a Baniyas. Le esportazioni principali riguardano petrolio, datteri, lana, pelli, cotone e superano le importazioni (prodotti tessili, veicoli, macchinari, zucchero, ecc.). L'I. è un nodo fondamentale per le comunicazioni tra il Levante e l'India. La ferrovia Bassora-Baghdad-Mosul attraversa interamente il Paese fino al confine siriano.

STORIA

Sede della civiltà sumerica, sviluppatasi intorno al 4000 a.C., l'attuale territorio iracheno entrò poi a far parte dell'Impero assiro-babilonese e divenne successivamente una provincia dell'Impero persiano (secc. VI-IV a.C.), aprendosi quindi all'influenza greca e romana. Nel VII sec. d.C. fu occupato stabilmente dagli Arabi, da cui prese l'attuale nome. Per qualche secolo, sotto gli Abbasidi, fu sede centrale dell'Impero islamico, di cui Baghdad divenne la favolosa capitale. A partire dal XIII sec., subì varie invasioni (Curdi, Tartari, Turchi) che provocarono la decadenza del territorio. Esso perdette anche l'unità politica, in seguito al frazionamento in piccole dinastie, che furono assoggettate dai Turchi nel XVII sec. Durante i tre secoli di dominio ottomano, il territorio raggiunse la massima decadenza. Nella seconda metà del XIX sec., pur rimanendo formalmente soggetto alla Turchia, entrò nella sfera d'influenza economico-politica anglo-tedesca. All'inizio del XX sec. cominciarono a manifestarsi i primi fermenti nazionalistici e durante la prima guerra mondiale l'I. si sottrasse definitivamente al dominio ottomano. Nel 1920 fu affidato dalla Società delle Nazioni alla Gran Bretagna come mandato e posto sotto la sovranità di Feysal, figlio del gran sceriffo della Mecca Huseyn della dinastia hashimita. Negli anni seguenti il Paese compì notevoli progressi, tanto da indurre la Società delle Nazioni a revocare il mandato britannico riconoscendo (1932) la completa indipendenza dell'I. In quegli anni tuttavia la vita politica del Paese fu turbata da una serie di eventi drammatici: invasione di bande wahbite, rivolte dei Curdi, assassini di uomini politici. La situazione si aggravò dopo la morte di re Feysal (1933), al quale succedette il figlio Gazi. I due schieramenti opposti del nazionalismo, l'uno filo-britannico, l'altro anglofobo, approfittarono dell'inesperienza del giovane sovrano per darsi battaglia aperta, provocando innumerevoli crisi di governo e atti di terrorismo. La prematura scomparsa di Gazi (1939) e l'assunzione della reggenza da parte del principe Abdel Ilah in nome del piccolo Feysal II, aggravò ulteriormente la situazione, poiché una parte dei nazionalisti, per sottrarre il Paese alla tutela britannica, si appoggiò alla Germania e all'Italia. Nel 1941 si ebbe un tentativo di colpo di Stato ma, nonostante l'appoggio dell'aviazione tedesca, gli Inglesi riuscirono a riprendere il controllo della situazione e a mantenerlo durante tutta la seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra la situazione fu aggravata dall'umiliante sconfitta subita nel 1948 dallo schieramento arabo contro Israele. Forti contrasti e opposizioni incontrò il progetto, attuato nel 1958, di una più stretta associazione con la Giordania, sottoposta anch'essa a un sovrano della dinastia hashimita. L'opposizione interna contro un indirizzo che, prima dell'unione con la Giordania, aveva portato alla stipulazione del Patto di Baghdad (febbraio 1955) con l'Iran, il Pakistan, la Turchia, in funzione antisovietica, consentì al leader egiziano Nasser di trovare alleati nelle alte sfere militari irachene. Il moto rivoluzionario del 14 luglio 1958 ebbe come conseguenza immediata l'eliminazione di re Feysal e la proclamazione della Repubblica. Il potere fu assunto da un comitato rivoluzionario, espresso dal Partito Baath e presieduto dal generale Kassem. Pur essendo riuscito inizialmente ad avere ragione dell'opposizione, sia di destra che di sinistra, il nuovo regime non si mostrò molto più solido del precedente e ciò lo portò ad accentuare il proprio carattere autoritario. Nel 1963, il malcontento esplose in un nuovo colpo di Stato militare capeggiato dal colonnello Salem Aref, appoggiato dalle correnti filo-nasseriane e baathiste moderate. Nel tentativo di imbrigliare le spinte centrifughe e di contenere le rivalità tra uomini e correnti, Aref adottò una linea politica che si rivelò presto contraddittoria per il logorante gioco di equilibrio fra le varie fazioni. La morte di Salem Aref nel 1966 e la successione del meno abile fratello Abdul-Rahman Aref misero più chiaramente in luce le debolezze di un regime incapace di risolvere i problemi del Paese, in particolare la pacificazione dei Curdi (16% della popolazione) e i problemi legati allo sviluppo economico-sociale, irrisolvibili finché il 90% delle entrate, derivate dall'attività petrolifera, venivano assorbite dalle spese militari. Privo di un forte sostegno popolare, il regime si mostrò incapace di adottare una politica economica attiva, sottraendo l'economia del Paese alla tutela delle grandi compagnie petrolifere straniere, in particolare dell'Iraq Petroleum Co. Nel 1968 si ebbe un nuovo colpo di Stato militare che portò alla destituzione del generale Aref. Pochi giorni dopo ci fu un nuovo atto di forza da parte del nuovo presidente della Repubblica, generale Hassan el-Bakr, contro il primo ministro Nayef e il ministro della Difesa, colonnello el-Daoud. Il colpo di Stato non interruppe la serie dei complotti e, nel giro di un anno, un centinaio di persone vennero fucilate e impiccate. Nel 1970 le autorità irachene denunciarono un nuovo tentativo di colpo di Stato da parte di elementi filo-occidentali. Frattanto el-Bakr aveva accentuato l'orientamento di sinistra del proprio indirizzo politico, includendo nel Governo rappresentanti del Partito comunista e stipulando accordi petroliferi con Mosca. Inoltre i governanti iracheni si impegnarono a fondo per risolvere l'annosa questione curda e nel 1970 el-Bakr annunciò la firma di un accordo con il capo della ribellione curda Mustafà el-Barzani. Il "patto di fratellanza" riconosceva l'autonomia nazionale dei Curdi, ponendo fine a una controversia che si trascinava da 40 anni e che, negli ultimi 9, si era trasformata in guerra aperta nelle regioni settentrionali. L'accordo prevedeva la revisione della Costituzione in 15 punti e, sul piano propriamente politico, l'istituzione della carica di vicepresidente della Repubblica da affidare a un curdo. L'accordo aprì una nuova fase nella politica irachena, portando una ventata di libertà. Nel 1970 cessò lo stato di emergenza e vennero scarcerati numerosi detenuti politici. Seguì un periodo di assestamento del regime, che ricevette una sanzione ufficiale nel 1972 dalla visita del primo ministro sovietico Kossighin e dalla firma di un trattato di amicizia e di cooperazione della durata di 15 anni. Vennero stipulati accordi petroliferi con l'URSS, la Francia e l'Italia e fu decretata la nazionalizzazione dei giacimenti dell'Iraq Petroleum Co. Sul piano dell'assestamento politico interno, nel 1971, el-Bakr, a nome del Partito Baath, aveva proposto una Carta nazionale per la cooperazione tra le forze "nazionali e progressiste" e, in conseguenza di ciò, il Partito comunista capeggiato da Aziz Muhammed ritornò a operare nella legalità e, unitamente al Partito democratico curdo, affiancò il Baath nella conduzione del Governo. Continuarono a susseguirsi gli annunci di falliti tentativi di colpi di Stato. Inoltre rimaneva viva la questione curda nonostante l'accordo del 1970. Nel 1974 il presidente el-Bakr annunciò la concessione dell'autonomia ai territori abitati in maggioranza da Curdi. Il provvedimento fu immediatamente respinto dal leader dei nazionalisti curdi, Barzani, che annunciò una ripresa su larga scala della guerra civile. Come risposta il Governo di Baghdad adottò una linea tendente a isolare Barzani dalla maggioranza della popolazione curda. Morto Barzani a 76 anni nel 1979, el-Bakr e il presidente siriano Hafez Assad decisero la formazione di un comando politico unificato tra i due Paesi (1979). Ma la situazione evolse rapidamente nei mesi seguenti, con la presa del potere da parte di Saddam Hussein e lo scoppio di una sanguinosa guerra contro l'Iran rivoluzionario e khomeinista (1980). La reazione iraniana impose una logorante guerra di posizione, riuscendo a trasferire lo scontro in territorio iracheno dal 1982. Il prolungamento del conflitto, durato otto anni, portò a una crescita del sostegno economico e militare all'I. da parte degli Stati arabi moderati, dei Paesi occidentali e dell'Unione Sovietica. Saddam Hussein intraprese una politica di prestigio volta a realizzare un rapido sviluppo economico e ad assumere la leadership del mondo arabo, promuovendo un processo di modernizzazione del Paese, giocando così un ruolo di primo piano nel movimento dei Paesi non allineati. In politica interna Hussein operò una dura repressione contro ogni forma di opposizione. Le spese militari misero in difficoltà l'economia nazionale. A ciò si aggiunsero problemi interni preesistenti, come quello della lotta autonomistica dei Curdi al confine con la Turchia. Nel 1983 truppe turche, autorizzate da Baghdad ad attraversare il confine, repressero il movimento indipendentista. Pur trovandosi in difficoltà, Hussein mantenne la situazione sotto controllo, grazie agli appoggi economici e diplomatici dei Paesi arabi moderati che temevano un'affermazione di Teheran e un'estensione della rivoluzione sciita. Nel 1987, all'indomani del summit arabo di Amman, Hussein normalizzò i rapporti diplomatici con Il Cairo. Ma la lunga guerra con l'Iran prostrò l'I.; le condizioni del Paese si fecero precarie, nonostante la ripresa economica dovuta all'aumento dell'esportazione di greggio, dopo il potenziamento degli oleodotti costruiti attraverso la Turchia e l'Arabia Saudita. Ancora nel 1987 gli estremisti sciiti filo-iraniani dell'organizzazione Al Dawa e la guerriglia curda nel Nord del Paese rappresentarono uno dei problemi più pressanti per l'I. Nel 1988 la tregua con l'Iran rappresentò per Hussein una vittoria parziale, che gli consentì di ristabilire i vecchi confini riconosciuti dalla comunità internazionale. Durante il summit della Lega araba a Casablanca (1989), al quale partecipò anche l'Egitto, riammesso dopo 10 anni alla lega, i rapporti fra l'I. e la Siria risultarono notevolmente peggiorati. Gli Iracheni parteciparono al vertice con una precisa intenzione: ottenere il ritiro dei 40.000 soldati siriani dal Libano. Ma Assad, il presidente siriano riuscì a sconfiggere Hussein che abbandonò il summit per protesta. Il 2 agosto 1990 le truppe irachene invasero il vicino Kuwait, annettendone il territorio e destando allarme nella comunità internazionale. Nell'arco di pochi giorni gli Stati Uniti avviarono un massiccio intervento militare nella regione. Su sollecitazione del Consiglio dell'ONU, venne stabilito un embargo su tutte le merci in entrata e in uscita dall'I., allo scopo di costringere Hussein al ritiro delle truppe. Le posizioni irremovibili di Hussein portarono al blocco del Golfo Persico da parte delle flotte congiunte dei Paesi occidentali. Sul finire dell'estate si delinearono i primi tentativi di mediazione tra le parti, volti alla risoluzione dei problemi generali del Medio Oriente. Intanto proseguiva la militarizzazione dell'area del Golfo, con circa 700.000 soldati iracheni appostati nel Kuwait e nel Sud del Paese e circa mezzo milione di uomini al comando dell'ONU, con una concentrazione di armamenti mai registrata in alcun conflitto precedente. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU fissò al 15 gennaio 1991 la data ultima per il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait. Scaduto l'ultimatum, il 17 gennaio gli Stati Uniti (cui si affiancarono, sotto il loro comando, 28 Paesi, compresi 9 arabi) aprirono le ostilità. La reazione irachena, più che a un'effettiva controffensiva mirata a colpire l'armata multinazionale, fu affidata al lancio di missili Scud in direzione di Israele. I vettori ebbero l'effetto di accrescere le preoccupazioni dell'opinione pubblica mondiale rispetto a una possibile reazione israeliana e al conseguente cambiamento di atteggiamento del fronte arabo moderato. Mentre Hussein incitava i musulmani alla "guerra santa", per rallentare l'avanzata della flotta multinazionale verso le coste kuwaitiane vennero incendiati numerosi pozzi di petrolio. L'inasprirsi del conflitto moltiplicò le iniziative di pace. Il 23 febbraio gli Stati Uniti lanciarono un ultimatum all'I. affinché ritirasse il suo esercito dal Kuwait entro 24 ore, scaduto il quale avrebbe dato il via alla grande offensiva di terra. Tre giorni dopo il Kuwait era nelle mani dell'esercito multinazionale. Il 28 febbraio 1991 Hussein dichiarò di accettare senza condizioni le risoluzioni dell'ONU, ponendo fine a un conflitto che, oltre ad avere decimato il potenziale bellico dell'esercito, aveva messo in ginocchio la già precaria economia del Paese. Al termine della guerra, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia proibirono alle forze aeree irachene di penetrare nell'ampia zona del Paese situata a Sud del 32° parallelo. Ripetute incursioni irachene oltre questo limite stabilito, unitamente al rifiuto di Saddam Hussein di far entrare nel Paese inviati dell'ONU che verificassero lo smantellamento delle armi nucleari, suscitarono nuovamente la dura reazione degli Stati Uniti che nel gennaio 1993, inviato un ultimatum, disposero due attacchi contro obiettivi militari dell'I. Dopo una prima reazione bellica, Saddam accettò la tregua e le condizioni imposte dall'ONU. L'isolamento internazionale, causato dalla mancanza di collaborazione ostentata dal Governo di Baghdad nei confronti dell'ONU, ebbe come risultato il protrarsi di un rigido embargo economico fino a tutto il 1995. Solo nei primi mesi del 1996 tale embargo fu attenuato, per consentire l'accesso nel Paese di medicinali e generi di prima necessità. A dispetto della drammatica crisi economica in cui si trovava l'I., le elezioni del 1995 coincisero con un vero e proprio plebiscito a favore del dittatore Hussein, che dimostrò di controllare ancora saldamente il Paese. Nel 1998 gli ispettori ONU incaricati di verificare il disarmo iracheno decisero di abbandonare il Paese, non avendo avuto sufficiente collaborazione dalle autorità locali; nel gennaio 1999, in seguito a bombardamenti da parte degli Anglo-Americani di postazioni radar e militari della zona di esclusione aerea (operazione denominata Desert fox), l'ONU ritirò il personale umanitario britannico e statunitense. Intanto, nel 1998, nel Kurdistan iracheno gli USA riuscirono a ottenere un accordo tra il Partito democratico e l'Unione patriottica, in base al quale le due parti si impegnarono a frenare gli scontri, non fornendo più basi di appoggio al Partito dei lavoratori turco del Kurdistan (PKK). Le elezioni tenutesi nel marzo 2000 furono vinte dal Partito Baath al potere. Nel corso del 2000 si moltiplicarono le prese di distanza dalla politica statunitense delle sanzioni e dell'embargo. Con la nomina di George W. Bush alla Casa Bianca (gennaio 2001), i rapporti tra I. e Stati Uniti si incrinarono ulteriormente. In febbraio Bush riprese i bombardamenti su Baghdad. Gli attacchi anglo-americani furono duramente condannati dalla maggior parte dei Paesi del mondo arabo, oltre che da Francia e Russia e dal papa Giovanni Paolo II. In maggio il figlio di Saddam Hussein, Qusay, fu eletto alla guida del Partito Baath. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle e il Pentagono, il vice-premier iracheno Tareq Aziz, pur non condannando formalmente gli attacchi terroristici, espresse solidarietà verso le famiglie delle vittime. Con l'avvio dell'operazione militare "Libertà duratura" in Afghanistan, l'I. fu inserito nella lista dei "Paesi canaglia", favoreggiatori del terrorismo internazionale, e in ottobre migliaia di Iracheni manifestarono a Baghdad per protestare contro gli attacchi anglo-americani all'Afghanistan. Nell'agosto 2002 gli Stati Uniti annunciarono che avrebbero proceduto militarmente contro il regime di Saddam, colpevole di non aver permesso agli ispettori dell'ONU di ispezionare gli armamenti del Paese per verificare la presunta esistenza di armi di distruzione di massa. In novembre l'ONU approvò una risoluzione con la quale veniva autorizzato l'uso della forza in caso di non collaborazione da parte irachena. Dopo molti tentennamenti e qualche smentita, Baghdad accettò di ospitare gli osservatori internazionali che si presentarono nel Paese. Intanto in ottobre Hussein era stato rieletto alla presidenza del Paese con l'unanimità dei voti: per celebrare l'elezione, egli concesse l'amnistia ai prigionieri condannati e detenuti nelle carceri irachene, compresi i cittadini accusati di reati politici, e agli esuli. Le ispezioni degli inviati delle Nazioni Unite proseguirono fino al marzo 2003, quando Stati Uniti e Gran Bretagna decisero, senza l'avallo dell'ONU, di procedere militarmente contro l'I. accusato di mancata collaborazione. Appoggiati dalla cosiddetta "coalizione anti-terrorismo" comprendente 30 Paesi, tra cui Italia e Spagna, gli Anglo-Americani imposero un ultimatum a Saddam Hussein, nel quale gli si intimava di lasciare il potere e il Paese. Di fronte al suo rifiuto, il 20 marzo ebbe ufficialmente inizio l'operazione Shock and awe con il bombardamento di Baghdad; gli attacchi aerei vennero quindi rivolti verso altre città del Paese (Kirkuk, Nassiriya, Jalawla, Najaf, Tikrit) mantenendo, inizialmente, carattere più intenso sulla capitale e sulle due città di Bassora, all'estremo Sud, e Mosul, all'estremo Nord, zone dalle quali avrebbe avuto inizio l'offensiva terrestre. In breve si verificarono le prime emergenze umanitarie, soprattutto a Bassora, caduta in mano alle truppe inglesi già il 4 aprile, nella quale vennero interrotti i rifornimenti di acqua e di energia elettrica. Anche Baghdad si trovò presto in grave difficoltà con il continuo intensificarsi dei bombardamenti che non risparmiarono obiettivi civili (palazzi, mercati). Il 9 aprile i carri armati statunitensi entrarono nel centro della capitale irachena. Nei giorni seguenti si assistette al fenomeno, sempre più vasto, dei saccheggi, che interessarono dapprima i palazzi presidenziali e dell'amministrazione pubblica, per allargarsi poi ad abitazioni private e a centri culturali di notevole importanza, in un clima di pericolosa anarchia alla quale non si contrappose una reazione di contenimento da parte americana. Dopo la caduta di Tikrit (14 aprile), città natale di Saddam, iniziarono le prime rappresaglie nei confronti dei soldati americani. Gli Stati Uniti decisero di procedere all'insediamento di un amministratore civile provvisorio nella persona del generale statunitense in pensione Jay Garner, in attesa di un nuovo Governo locale, per la formazione del quale si tenne, a Nassiriya, una riunione cui parteciparono rappresentanti di gruppi di opposizione al passato regime. Garner venne presto affiancato, quindi sostituito, dall'esperto di terrorismo ed ex funzionario del Dipartimento di Stato statunitense Paul Bremer. Intanto continuava la caccia agli esponenti della vecchia classe dirigente; tra i catturati (alcuni dei quali si consegnarono volontariamente), l'ex vice-premier Tareq Aziz. Il 1° maggio il presidente Bush annunciò ufficialmente la fine delle ostilità nel Paese. Il 22 maggio il Consiglio di sicurezza dell'ONU revocò l'embargo imposto all'I. nel 1990: conseguenza immediata fu il calo del prezzo del petrolio. La fine delle ostilità non significò però la fine delle violenze in I. Iniziò, infatti, una lunga serie di attentati che ebbe come bersaglio non solo esponenti dell'esercito statunitense e inglese, ma anche obiettivi internazionali (nel mese di agosto fu distrutto il quartier generale della sede dell'ONU a Baghdad, provocando la morte di una ventina di persone tra cui l'inviato delle Nazioni Unite Sergio Vieira De Mello). Anche l'Italia fu coinvolta in questi attentati: il 12 novembre 2003 un'esplosione nella base dei carabinieri di stanza a Nassiriya causò la morte di 19 Italiani (17 tra militari e carabinieri e 2 civili) e altri 9 Iracheni, mentre numerosi furono i feriti. Nel frattempo, in luglio, durante un conflitto a fuoco nella città di Mosul, erano stati uccisi i due figli dell'ex dittatore Saddam, Uday e Qusay, i quali avevano ricoperto ruoli di primo piano durante la sanguinaria dittatura del padre. Il 13 dicembre Saddam venne catturato nel villaggio di Dawar, a pochi chilometri da Tikrit, sua città natale, mentre era nascosto in un cunicolo scavato nei pressi di una fattoria. La sua cattura non fermò però l'ondata di attentati, che si acuì con l'inizio del nuovo anno. Nel marzo 2004 a Kerbala, città santa degli sciiti, si verificò una serie di attentati suicidi che causò 200 morti. Il mese successivo l'imam Moqtada Al Sadr (fondatore della milizia Mehdi e del giornale "al-Hawza", fatto chiudere a marzo da Paul Bremer perché accusato di incitamento alla violenza) si pose a capo della rivolta sciita contro la coalizione anglo-americana, scoppiata a Najaf e quindi estesasi ad altre città irachene. Intanto, l'8 marzo, era stata firmata la Costituzione provvisoria del Paese con la quale si era avviato il processo di normalizzazione che avrebbe dovuto portare alla convocazione delle elezioni del 2005. La situazione in I. degenerò ulteriormente e, a partire dal mese di aprile, la resistenza irachena diede avvio a una serie di sequestri di persona al fine di convincere gli Anglo-Americani a lasciare il Paese. Gruppi di guerriglieri rapirono cittadini di varie nazionalità, alcuni dei quali furono uccisi (grande scalpore suscitarono le esecuzioni di due civili, uno statunitense e uno italiano, documentate tramite video inviati a emittenti arabe). In maggio scoppiò lo scandalo delle torture dei prigionieri iracheni perpetrate nel carcere di Abu Ghraib da soldati statunitensi e britannici. Nello stesso mese la coalizione anglo-americana subì un'importante defezione: la Spagna del neo premier socialista Zapatero, scossa dagli efferati attentati di Madrid dell'11 marzo 2004, decise di richiamare in patria le sue truppe. Intanto Al Sadr proclamò la jihad e ordinò ai suoi miliziani di cingere d'assedio la città di Nassiriya: negli scontri che si verificarono tra i guerriglieri iracheni e i militari italiani, lì dislocati, perse la vita un nostro soldato. In giugno il Consiglio di sicurezza dell'ONU approvò all'unanimità la nuova risoluzione sull'I. proposta da Stati Uniti e Gran Bretagna, che prevedeva il trasferimento della sovranità dal governatore uscente Bremer al Governo transitorio iracheno entro il 30 giugno e l'invio di una forza multinazionale con mandato di un anno. Dopo la nomina del capo tribale sunnita Ghazi al Yawar a presidente dell'I. e di Iyad Allawi a premier del neonato Esecutivo, il 28 giugno 2004 si verificò il passaggio dei poteri, con due giorni di anticipo rispetto alla data prevista, per il timore di attentati. Il 30 giugno gli Stati Uniti consegnarono alle autorità irachene Saddam Hussein, insieme ad altri 11 funzionari del vecchio regime; l'ex dittatore sarebbe stato processato dal Tribunale speciale iracheno per i crimini commessi durante i suoi 23 anni di presidenza del Paese. Nel mese di agosto la città sciita di Najaf fu teatro di violenti scontri tra l'esercito statunitense e i ribelli sciiti di Al Sadr, lì asserragliati. Dopo tre settimane di violenze, venne raggiunto un accordo che portò alla smilitarizzazione della cittadina. Intanto, parallelamente all'acuirsi della guerriglia contro i soldati anglo-americani, i terroristi islamici intensificarono la strategia dei sequestri di civili stranieri. Il 30 gennaio 2005 in I. si tennero le prime elezioni libere del Paese per nominare i membri del nuovo Parlamento di transizione. Svoltesi in un clima di forte tensione (vennero mobilitati oltre 100 osservatori internazionali preposti al controllo del voto), furono caratterizzate da un'affluenza massiccia di curdi e sciiti alle urne, nonostante le minacce della guerriglia, e dalla diserzione dei seggi da parte della comunità sunnita. Le consultazioni si conclusero con la schiacciante affermazione della sciita Alleanza irachena unita sostenuta dall'ayatollah Al Sistani, che ricevette il 47,6% dei voti. Dopo le dimissioni del premier ad interim Allawi, in aprile il neo presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, nominò primo ministro Ibrahim Al Jaafari, leader del partito sciita Dawa. In agosto fu presentata in Parlamento la nuova Costituzione, sola garanzia di unità per l'I. Non avendo ottenuto l'appoggio della minoranza sunnita, contraria a federalismo, distribuzione dei proventi sul petrolio e timorosa di perdere il peso politico esercitato sotto Saddam Hussein, venne indetto un referendum, in data 15 ottobre, in cui l'elettorato sarebbe stato invitato a pronunciarsi sul testo costituzionale. Intanto le migliaia di vittime provocate dal conflitto anglo-americano e dalla permanenza delle truppe di occupazione furono destinate ad aumentare quotidianamente. Il 31 agosto l'ennesima strage di innocenti si abbatté sulla Nazione: più di 900 persone - prevalentemente donne e bambini - morirono annegate o calpestate dopo un attacco contro una moschea sciita a Baghdad. La tragedia si verificò durante una processione, mentre migliaia di pellegrini sciiti attraversavano il ponte sul fiume Tigri per raggiungere il luogo sacro e commemorare l'anniversario della morte dell'imam Musa al Kazim. L'attentato venne rivendicato da un gruppo armato sunnita legato al terrorista giordano Al Zarqawi. Mentre continuavano gli attentati, in ottobre il Paese approvò, tramite referendum, la Costituzione; nello stesso mese iniziò il processo a Saddam Hussein. In novembre le indiscrezioni di alcuni ex militari statunitensi fecero scoppiare lo scandalo relativo all'uso del fosforo bianco quale arma di distruzione da parte delle forze anglo-statunitensi durante gli scontri nella città di Falluja nel novembre 2004. Il 15 dicembre si svolsero le elezioni per la formazione del Parlamento definitivo. Il risultato delle urne, reso noto il 20 gennaio 2006, decretò ancora una volta la vittoria della coalizione sciita dell'Alleanza irachena unita, che però non riuscì a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Dopo trattative durate mesi, a causa dei veti incrociati tra gli Sciiti della coalizione e i principali partiti curdi e sunniti, la situazione si sbloccò quando il primo ministro Al Jaafari, travolto dalle accuse di non aver migliorato la sicurezza dell'I., ad aprile rimise il suo incarico alle decisioni della dirigenza dell'Alleanza, che indicò come candidato premier Jawad Al Maliki, anch'egli militante di Dawa. Trovato l'accordo anche per le altre cariche istituzionali, il 22 dello stesso mese il Parlamento di Baghdad rielesse alla presidenza del Paese Talabani, il quale conferì l'incarico di formare un Governo di unità nazionale a Maliki, nome gradito anche a sunniti e curdi. Il nuovo Esecutivo pose tra le proprie priorità la sicurezza, il tentativo di impedire l'acuirsi della guerra civile, la lotta alla corruzione e la progressiva sostituzione dei militari stranieri della forza multinazionale con forze irachene. Sempre ad aprile il contingente italiano di stanza a Nassiriya finì di nuovo nel mirino dei terroristi: il 27 una bomba esplose al passaggio di una pattuglia composta da militari italiani e rumeni, provocando la morte di quattro soldati italiani e di un soldato rumeno. A giugno Abu Musab Al Zarqawi, luogotenente di Bin Laden in I., venne ucciso durante un attacco aereo congiunto compiuto da forze statunitensi e giordane. Nel novembre 2006 il processo a Saddam Hussein, iniziato nell'ottobre 2005 e condotto da un tribunale speciale, si concluse con la condanna a morte del rais, accusato di crimini contro l'umanità per la strage di Dujail del 1982 in cui rimasero uccisi 148 sciiti. I giudici punirono con la sentenza capitale anche Awad Al Bander, presidente del tribunale rivoluzionario, mentre all'ex vicepresidente Taha Yassin Ramadan fu inflitta la pena dell'ergastolo. La condanna a morte del rais venne eseguita il 30 dicembre 2006 nella sede dei servizi segreti militari iracheni. Il mese successivo furono impiccati anche Al Bander e il fratellastro di Saddam Hussein, Barzan Ibrahim. Sempre nel gennaio 2007, da un lato il presidente americano Bush annunciò l'invio in I. di migliaia di nuovi soldati al fine di garantire la sicurezza nel Paese, in particolare a Baghdad, e, dall'altro, le Nazioni Unite resero noto che nel corso del 2006 le vittime civili irachene erano state oltre 34.000. La situazione dunque non accennava a migliorare, a tal punto che ai primi di febbraio un camion bomba fu fatto esplodere nei pressi del mercato di Sadriya, nel centro della Capitale, causando oltre 130 vittime e centinaia di feriti: si trattò di uno dei più gravi episodi di violenza avvenuti in I. dopo l'invasione anglo-americana del 2003. Nel marzo 2007 su alcuni siti Internet comparvero minacce da parte di Al Qaeda nei confronti del principe Harry del Galles, secondogenito di Carlo e Diana, il quale in giugno avrebbe dovuto recarsi in I. come ufficiale del reggimento "Blues and Royals". In seguito a tali minacce il capo di Stato maggiore britannico preferì non esporre il giovane a rischi troppo alti, scegliendo di non farlo partire. Il 1° maggio 2007 Al Masri,leader di Al Qaeda in I. e successore di Al Zarqawi, venne ucciso in un conflitto a fuoco interno alle milizie terroristiche. Intanto il 20 marzo, quarto anniversario dell'invasione statunitense in I., era stato impiccato Taha Yassin Ramadan, vicepresidente durante il regime di Saddam. A fine luglio un evento sportivo avvicinò, seppur momentaneamente, fazioni religiose in genere in forte contrasto (sunniti, sciiti, curdi e cristiani): per la prima volta nella sua storia, la squadra nazionale di calcio vinse la Coppa d'Asia, battendo la favoritissima Arabia Saudita. In agosto un attentato alla piccola comunità yazida, antichissima minoranza religiosa, provocò la morte di quasi 400 persone: scopo degli attentatori era di destabilizzare il processo di riappacificazione e peace-keeping nel Paese. Il 3 settembre Bush si recò inaspettatamente in I. accompagnato dal segretario di Stato Condoleezza Rice e dal consigliere per la Sicurezza nazionale Steven Hadley. Si trattava della terza visita del presidente americano dall'inizio del conflitto.