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Iran.

(o Persia). Stato (1.648.195 kmq; 70.472.900 ab.) dell'Asia centro-occidentale. Confina a Nord con l'Armenia, l'Azerbaigian, il Mar Caspio e il Turkmenistan, a Est con l'Afghanistan e il Pakistan, a Ovest con l'Iraq e la Turchia. Si affaccia a Sud sul Golfo di Oman e il Golfo Arabico. Capitale: Teheran. Città principali: Mashhad, Tabriz, Esfahan, Abadan, Qom. Ordinamento: Repubblica islamica. Moneta: rial. Lingua: farsi (persiano); sono diffusi il curdo e i dialetti turchi. Religione: musulmana di rito sciita; esistono minoranze di musulmani sunniti, cristiani, ebrei e zoroastriani. Popolazione: è composta per due terzi da genti di stirpe iranica (indoeuropei), per il resto daturco-tartari, arabi, zingari e armeni.

GEOGRAFIA

Morfologia: il territorio dell'I. si estende nella parte occidentale dell'altopiano iranico, che prosegue a Est nell'Afghanistan e nel Pakistan. L'altopiano dell'I. è cinto da elevate catene montuose appartenenti all'orogenesi alpina, che, prosecuzioni delle catene dell'Armenia, divergono in due rami arcuati. Il ramo settentrionale comprende il massiccio dell'Elburz, catena di corrugamento disseminata di vulcani, che raggiunge la massima elevazione nel Monte Damavand (5.670 m), i Monti Kopet Dag e vari sistemi minori che a Est si saldano ai Monti Baba, in Afghanistan. Il ramo meridionale include le catene dello Zagros, che a Ovest si innalzano ripide con un'altezza media di 3.500 m al di sopra delle pianure della Mesopotamia, digradandosi notevolmente verso Est e verso Sud e ricollegandosi a Oriente con i rilievi del Belucistan. Tra questi due rami si aprono bacini di varia grandezza, con un'altitudine media di 1.200 m, per lo più steppici o desertici. ║ Idrografia: le depressioni sono spesso occupate da terreni salini o da laghi salmastri, come l'Urmia a Nord-Ovest, il Namak e il Soltan al centro e il Tashk a Sud-Est. Presso il confine con l'Afghanistan si trova il lago temporaneo di Saberi, riempito periodicamente dalle acque dell'Helmand. Per il resto, a causa delle precipitazioni ridotte e dell'aridità del suolo, l'idrografia è molto ridotta ed è costituita principalmente dal sistema fluviale Qezel Owzan-Safid, tributario del Mar Caspio, e dal Karkheh-Karun, che scende dai monti Zagros sino al golfo Persico. Sempre nel golfo Persico sfocia il Mand, mentre i fiumi dell'interno si perdono fra le sabbie o nelle piane alluvionali sterili e saline. ║ Clima: le catene montane e l'altitudine sono all'origine di un clima molto vario: all'interno dell'altopiano esso è continentale e asciutto, con forti escursioni termiche fra inverno ed estate e fra giorno e notte; le coste del golfo Persico hanno clima tropicale, umido e con temperature elevatissime d'estate mentre le coste del Mar Caspio hanno clima subtropicale. L'Azerbaigian persiano ha invece un clima umido con inverni freddi. La piovosità è generalmente limitata e diminuisce verso Sud-Ovest, mentre sulle catene periferiche è più abbondante e dà vita a un clima di alta montagna, con nevi perenni sull'Elburz. ║ Flora: sulle montagne, al di sotto del limite delle nevi eterne, si trovano rigogliose foreste tipiche del clima temperato (con querce, olmi, salici e cipressi). Ad altitudini più basse predomina la steppa e la prateria che, dove l'aridità aumenta, si tramutano in deserto, con piane sterili e saline, grandi distese pietrose, dune e sabbie a Sud e a Sud-Est. Lungo le coste del golfo Persico è presente vegetazione tropicale (palme), mentre nello Zagros crescono spontaneamente piante da frutto alcune delle quali, fra cui il pesco, sono probabilmente originarie del luogo.
Cartina dell'Iran


ECONOMIA

Paese povero sino al 1951, l'I., con la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, è diventato uno dei più importanti produttori di idrocarburi del mondo. Le ingentissime entrate procurate dalle risorse petrolifere non hanno però dato il via a un reale sviluppo del Paese, né hanno migliorato le condizioni di vita delle masse di diseredati, che furono e sono il sostegno della rivoluzione khomeinista. ║ Agricoltura: solo l'8% del territorio nazionale è occupato da arativi e tale situazione è peggiorata dal mancato sviluppo della meccanizzazione nei lavori dei campi. Le zone più favorevoli sono quelle irrigue, lungo il Caspio e nell'Azerbaigian. Si coltivano soprattutto frumento, orzo e riso (nella regione caspica, sulle rive del lago Urmia e lungo il Karun); mais, miglio e sorgo in misura minore. Importanti, ma solo per il consumo interno, sono il tè, la barbabietola e la canna da zucchero, il tabacco, le patate e i legumi. Destinata all'esportazione è invece la cospicua produzione di frutta: datteri (coltivati nelle regioni meridionali), agrumi, mele, pere, albicocche, susine, pesche e frutta secca (nelle regioni settentrionali). La vite fornisce uve che, in rispetto delle severe leggi coraniche che vietano l'alcool, vengono essiccate. Fra le piante industriali è da segnalare il cotone (nel Mazandaran e nel Khorasan, esportato sia grezzo che lavorato), la soia, il girasole, il ricino, il lino e il sesamo. ║ Allevamento: importante è quello degli ovini, che fornisce pelli da pelliccia (karakul, persianer) e lana con cui si fabbricano i celebri tappeti. La pesca ha scarsa importanza e si pratica principalmente nel Mar Caspio (salmoni e storioni, con conseguente produzione di caviale). ║ Industria: la maggior ricchezza del Paese risiede nelle grandi risorse petrolifere, presenti nel Khuzestan, a Gorgan (Caspio meridionale), a Faris e nei dintorni di Qom. Molto abbondante è anche il gas naturale. Altri minerali disponibili sono carbone (a Turbat-i-Giam e Shemsak), ferro, rame, zinco, manganese, bauxite, cromo e piombo. Sviluppata è l'industria petrolchimica, con raffinerie ad Abadan, Bakhtaran, Teheran, Esfahan, Tabriz, Masjed-e-Soleyman, Bandar Khomeini e Shiraz. Moderna anche l'industria tessile (lanifici a Esfahan e Teheran; cotonifici a Qa'emshahr e Samman) che produce i pregiatissimi tappeti (a Tabriz, Kerman, Esfahan e Shiraz). Le restanti industrie hanno importanza solo locale. La siderurgia è localizzata a Esfahan, Ahwaz (ghisa e acciaio) e ad Arak (alluminio). Teheran è sede di industrie del cemento, della carta, del vetro, della gomma, della birra, conciarie e calzaturiere; su licenza italiana vengono anche montati autoveicoli. L'industria chimica è invece concentrata a Kraj e Shiraz (soda caustica, acido solforico, fertilizzanti). Sparsi in tutto il Paese sono gli zuccherifici e i tabacchifici. L'artigianato produce scialli di seta e pugnali d'argento.

STORIA

Gli inizi del XX sec. vedono la Persia (a cui si rimanda per la trattazione della storia anteriore al XX sec.) pesantemente condizionata dalla partecipazione economica europea, interessata soprattutto allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi (la prima concessione alla Gran Bretagna fu fatta nel 1904): durante la prima guerra mondiale la neutralità della Persia fu violata da tutte le potenze belligeranti, mentre più forti andavano facendosi le spinte centrifughe interne, e, nello stesso tempo, si andava costituendo una nuova coscienza nazionale. In questo contesto avveniva la marcia su Teheran dei Cosacchi di Riza (Reza) Khan, un militare nazionalista che riuscì ad impadronirsi del trono imperiale, dando inizio alla dinastia Pahlavi. Occupata la capitale, egli procedette allo scioglimento del Parlamento, facendosi nominare primo ministro nel 1923, sovrano costituzionale nel 1925 e scià di Persia nel 1926. Negli anni seguenti avvenne un rapido passaggio da un regime feudale e patriarcale a una forma accentrata di Stato moderno e assolutistico. La collaborazione con la Germania nazista costò al Paese la violazione della neutralità da parte delle truppe anglo-sovietiche. Il compito degli alleati fu facilitato dall'abdicazione di Riza Pahlavi in favore del figlio Muhammad Riza Khan, che firmò un trattato di alleanza e di mutua assistenza con gli occupanti e, nel settembre 1942, dichiarò guerra alla Germania. Annientate dall'autoritarismo di Riza Khan, le forze democratiche ebbero un grande risveglio nel dopoguerra. Il riaccendersi del nazionalismo portò a una serie di eventi drammatici, iniziati nel 1951 con l'ascesa al potere di Mohammed Medayat Mossadeq. Nominato primo ministro, egli fece ratificare dal Parlamento la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, nonostante le forti pressioni esercitate dall'esterno dalle potenze occidentali e all'interno dall'esercito e dai circoli vicini alla corte. Quando sembrava ormai imminente la proclamazione della repubblica, lo scià lasciò il Paese e nominò capo del Governo il generale Zahedi. La situazione fu rovesciata e la destituzione del vecchio Mossadeq (19 agosto 1953) fu seguita da una sanguinosa repressione. Il Paese venne saldamente inserito nell'orbita statunitense e all'interno fu avviato un processo tendente a rafforzare l'autorità dello scià e a emarginare ogni opposizione. Il rilancio della politica autoritario-paternalistica di Riza Pahlavi fu avviato nel 1963 con un referendum che sottoponeva all'approvazione popolare un programma di riforme, che avrebbe dovuto portare al rinnovamento delle strutture del Paese, senza alterarne il quadro istituzionale. Si trattava di una cauta riforma agraria, della nazionalizzazione delle risorse forestali e di una serie di leggi che prevedevano, tra l'altro, la totale abolizione della servitù della gleba e la concessione del voto alle donne. Il nuovo orientamento, definito "rivoluzione del trono", sembrò messo in pericolo nel gennaio 1965 dall'assassinio del primo ministro Hassan Alì Mansur. Esso inoltre fu ostacolato dall'opposizione, da una parte, dei capi religiosi e dei circoli più conservatori, dall'altra da quella degli studenti progressisti e dei partiti di sinistra costretti ad operare nella clandestinità. L'accentramento dei poteri imperiali venne sancito nel 1967 dalla solenne incoronazione dello Scià, che non aveva abbandonato in quegli anni gli indirizzi programmatici tendenti al rinnovamento delle strutture del Paese, dimostratisi però meno incisivi del previsto. Assai più efficace si rivelò la nuova politica "nazionale indipendente" avviata dai governanti iraniani che, abbandonati i rigidi schemi occidentalistici, adottarono una linea politica di relativa equidistanza tra il blocco occidentale e quello orientale e di più intensa collaborazione con i Paesi vicini. Nel gennaio 1973 venne celebrato il decimo anniversario della "rivoluzione bianca", incentrata sulla riforma agraria (costituzione della piccola e media proprietà, cooperazione, meccanizzazione, industrializzazione agricola) e sullo sviluppo industriale. Essa portò nel corso di un decennio a una diminuzione della popolazione agricola a vantaggio del settore industriale. Il programma di intensa industrializzazione, sia a gestione pubblica che privata, fece dell'industria il perno dell'economia iraniana. Pilastro dello sviluppo economico del Paese rimase il petrolio, la cui produzione salì, dai quindici milioni di tonnellate del 1954, ai 260 milioni di tonnellate del 1972. Il 20 marzo 1973 venne annunciato l'esproprio delle compagnie straniere e il completo controllo delle industrie petrolifere da parte dello Stato. Il vertiginoso sviluppo del Paese lasciò intatte larghe sacche di depressione e, inoltre, richiese un altissimo prezzo politico. I margini di libertà politica erano quanto mai ristretti: le elezioni erano manipolate, i partiti controllati, la stampa sottoposta a una rigorosa censura, le manifestazioni antigovernative represse brutalmente. Nonostante si cercasse di imbrigliare ogni opposizione, i focolai di scontento si estesero, sino ad assumere in certi casi la forma della guerriglia. Nell'estate del 1971 migliaia di persone furono arrestate e molte di esse giudicate dal tribunale militare di Teheran che emanò varie sentenze capitali, soprattutto nei confronti di appartenenti al movimento di liberazione nazionale, al Partito rivoluzionario Tudeh, al movimento comunista Saka e alla piccola formazione guerrigliera Siakhal. Nel marzo del 1975 venne abolito il sistema bipartitico e decretato lo scioglimento sia del partito di potere, il Nuovo Iran (235 seggi), sia di quello dell'opposizione parlamentare, il Partito del popolo (31 seggi). Questo scioglimento comportò l'istituzione di un nuovo partito unico, denominato Movimento della resurrezione politica nazionale. Si trattò di un cambiamento più di forma che di sostanza, dato che già da tempo esisteva di fatto un sistema a partito unico, e l'opposizione reale era costretta ad operare nella clandestinità. A difesa di una linea politica ispirata all'illuminismo autocratico, i governanti iraniani presentavano le cifre di uno sviluppo vertiginoso, favorito dal forte rialzo del prezzo del petrolio. Uno sviluppo tale da indurre il Governo iraniano a rivedere, nel 1975, le cifre del piano di sviluppo quinquennale (1973-78) e ad accrescere notevolmente il volume degli stanziamenti previsti. Ma violenti moti popolari, seguiti invano da dure repressioni, scossero l'I. tra il 1976 e il 1978, facendo precipitare la situazione e inducendo lo Scià ad abbandonare il Paese con tutta la famiglia (16 gennaio 1979). Poco dopo fece trionfale ritorno in I. l'ayatollah Ruollah Khomeini, principale oppositore dello Scià e ispiratore della "Rivoluzione islamica" che avrebbe travolto il Paese (febbraio '79). Primo ministro venne nominato Mehdi Bazargan, già collaboratore di Mossadeq, che però incontrò difficoltà nel governare il processo rivoluzionario, continuamente riattivato dagli estremisti islamici e da buona parte del clero sciita. Nel frattempo, nell'ottobre 1979, scoppiava la "guerra santa" contro l'Iraq che sarebbe durata nove lunghi anni. Dopo le dimissioni di Bazargan il potere passò nell'80 al presidente della Repubblica Bani Sadr, anch'egli costretto a operare in una situazione instabile e complessa: dopo un anno fu destituito e addirittura costretto all'esilio in Francia. I mesi successivi furono costellati da una serie di attentati terroristici e di esecuzioni sommarie che coinvolsero il capo del Governo Bahonar e il successore di Bani Sadr, Mohammed Alì Rajia. La situazione interna, nonostante la spietata repressione dei tribunali islamici, rimase però molto fluida, mentre aumentava l'isolamento politico dell'I. e l'economia precipitava. Soltanto nell'agosto 1984 il Governo iraniano decise di rinunciare al precedente indirizzo della gestione economica per incoraggiare l'iniziativa privata nel settore commerciale e nelle importazioni. Negli anni successivi divenne sempre più presente il problema della successione di Khomeini e si accese una feroce lotta all'interno del clero islamico. Al riguardo va ricordata la fucilazione dell'hodjatoleslam Medhi Hashemi, nel settembre dell'87, che avvantaggiava Hashemi Alì Abkar Rafsanjani, presidente del Parlamento, nella lotta per il potere. Hashemi, condannato per "corruzione sulla terra" era un esponente dell'ala radicale del khomeinismo e uno dei più stretti collaboratori dell'ayatollah Hussein Alì Montazeri. Questi, alla fine dell'85, era stato designato successore di Khomeini, ma l'affare Hashemi ne compromise gravemente il prestigio e l'attività politica. Un contraccolpo dell'arresto di Hashemi, nell'autunno dell'86, fu lo "scoop" di un giornale libanese con alcune rivelazioni di contatti segreti tra gli americani e Rafsanjani, ma quest'ultimo riuscì a superare indenne la vicenda e a rafforzare il suo potere. La decisione di firmare la tregua con l'Iraq, annunciata a Teheran il 18 luglio 1988, venne avallata da Khomeini con grande riluttanza e solo dopo forti pressioni da parte di alcuni collaboratori. Nei mesi successivi si inasprirono i contrasti tra le varie fazioni del khomeinismo e si ebbe di conseguenza una dura politica repressiva da parte del regime. Il 3 giugno del 1989 si spense l'ayatollah Khomeini. Un gruppo di 83 teologi scelse come nuova guida del popolo iraniano, Alì Khamenei. La nomina aveva carattere del tutto provvisorio, giacché Khamenei, essendo solo hodjatoleslam, in pratica un arciprete, non aveva il titolo necessario per succedere a Khomeini. Inoltre Khamenei in agosto vide ulteriormente indebolita la sua autorità allorché veniva sostituito alla presidenza della repubblica dal candidato unico Hahemi Rafsanjani. La lotta per la successione si aprì dunque proprio tra quest'ultimo e Ahmad Khomeini, figlio dello scomparso ayatollah. Ahmad, pur poggiando sul consenso dell'ala radicale, non possedeva però il carisma politico necessario di cui invece era dotato Rafsanjani. Questi, nonostante certe sue prese di posizione estremistiche, era fondamentalmente un pragmatico, che godeva dell'appoggio dell'influente lobby del bazar di Teheran, della piccola e media borghesia, degli imprenditori e dei quadri delle forze armate regolari. In campo istituzionale Rafsanjani sostenne la riforma costituzionale basata sul sistema presidenziale e quindi il ridimensionamento dell'impostazione teocratica statale. Dopo la nomina a presidente della Repubblica, Rafsanjani si recò a Mosca dove stipulò un trattato di assistenza economica e militare con l'Unione Sovietica. In agosto tentò di svolgere una funzione mediatrice tra gli estremisti sciiti libanesi da una parte, e gli Americani e gli Israeliani dall'altra nella questione degli ostaggi. Il fatto che però Rafsanjani chiedesse agli USA lo sblocco dei fondi iraniani impedì ogni positivo sviluppo. I rapporti dell'I. con l'Occidente si incrinarono in seguito alla conferma, da parte di Rafsanjani, della condanna a morte - emessa da Khomeini nel 1989 - dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, autore del libro Versetti satanici, considerato blasfemo dal mondo islamico. Assunta una posizione neutrale durante la guerra del Golfo (V. GOLFO, GUERRA DEL), l'I. si riavvicinò in seguito all'Iraq: in cambio dell'apertura delle proprie frontiere - contro l'embargo internazionale decretato dall'ONU - l'I. ottenne dall'Iraq la restituzione dei territori occupati durante il conflitto e lo scambio di prigionieri di guerra ancora detenuti. La principale forza di opposizione al Governo, i mugiahiddin del popolo, denunciò nel frattempo continue violazioni dei diritti umani: dal 1988 al 1990 un'ondata di arresti e di esecuzioni di massa avrebbe coinvolto migliaia di persone. Il progressivo indebolirsi dell'Iraq vide la contemporanea estensione dell'influenza iraniana nella regione mediorientale e, dopo la dissoluzione dell'URSS, verso le Repubbliche dell'Asia centrale. Il presidente Rafsanjani, rieletto nel 1993 alla guida del Paese, intraprese una politica di liberalizzazione economica dai costi sociali altissimi ed interamente a carico della popolazione meno abbiente. Tale crisi economica continuò per tutto il biennio 1994-96, aggravata dalla diminuzione del prezzo del greggio e dalle aspirazioni iraniane al possesso di energia nucleare, per la quale l'I. ha incrementato i motivi di ostilità con gli USA. Nel 1994 l'Iran venne sconvolto da un sanguinoso attentato nel mausoleo di Mashad, attribuito ai fondamentalisti islamici contrari alla linea politica del Governo. Alla fine degli anni Novanta la vita politica venne segnata dal serrato confronto fra l'ala religiosa più conservatrice dell'ayatollah Ali Khamenei e l'ala moderata e riformista del nuovo presidente Mohammad Khatami, mirante alla trasformazione dell'Iran in uno Stato di diritto, sul modello occidentale. Dopo le elezioni legislative del 1996, che diedero alla destra conservatrice la maggioranza, si tennero le presidenziali (23 maggio 1997), che decretarono la vittoria di Khatami. Le riforme che il neo premier cercò di introdurre nel Paese furono, però, osteggiate dai conservatori guidati dal leader spirituale del Paese, l'ayatollah Khamenei, che ha diritto di veto sulle leggi che ritenga violino i principi dell'Islam o la Costituzione. Alle elezioni legislative del 18 febbraio e 5 maggio 2000 i riformisti guidati dal presidente Khatami riconfermarono la precedente vittoria elettorale. Con lo scoppio della seconda Intifada (settembre 2000) e la salita al potere della destra israeliana, i rapporti tra I. e Israele si fecero particolarmente tesi: Tel Aviv accusò infatti a più riprese Teheran di fornire armi pesanti agli Hezbollah e di addestrare e sostenere i kamikaze palestinesi. Nel 2001 si acuì lo scontro tra Parlamento e magistratura (quest'ultima è uno dei bastioni delle forze conservatrici) e tra magistratura e intellettuali, una decina dei quali a metà gennaio fu condannata con l'accusa di aver attentato alla sicurezza dello Stato per aver partecipato a una conferenza sulle riforme in I. (tenutasi a Berlino nell'aprile 2000). In marzo Khatami si recò in visita ufficiale a Mosca, dove firmò un accordo col presidente russo Putin per la fornitura di armi convenzionali difensive e per la cooperazione in campo nucleare. A maggio ricevette la visita del leader cubano Fidel Castro, con cui siglò una serie di accordi economico-commerciali. Le elezioni presidenziali tenutesi a giugno furono un trionfo per Khatami, che fu riconfermato alla presidenza. In agosto devastanti inondazioni colpirono il Nord-Est dell'I., provocando centinaia di vittime, oltre a ingenti danni all'ambiente e all'economia. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono, l'I. espresse solidarietà al popolo americano e si disse pronto a combattere il terrorismo. Nonostante ciò, gli Stati Uniti inserirono l'I. nella lista dei cosiddetti "Stati canaglia", favoreggiatori del terrorismo internazionale. Dopo l'attacco anglo-statunitense all'Afghanistan, il mondo politico iraniano chiese al presidente Khatami di intervenire con una mediazione per evitare un confronto violento tra USA e Islam. Teheran chiuse 900 km di frontiera con l'Afghanistan per arginare una eventuale nuova ondata di profughi. Nel giugno 2002 un gravissimo terremoto colpì il Paese, provocando oltre 200 morti e più di 20.000 senza tetto. A partire dal giugno 2003 si susseguirono manifestazioni, a cui presero parte soprattutto studenti, per protestare contro le reiterate repressioni perpetrate dal regime clericale iraniano. In ottobre l'avvocatessa Shirin Ebadi, attivista per la tutela dei diritti umani, costretta a ritrarsi dall'attività professionale nel 1979, con l'avvento del regime di Khomeini, ricevette il premio Nobel per la Pace, diventando la prima esponente della comunità iraniana a ottenere tale onorificenza. In novembre il Governo autorizzò l'arrivo di ispettori ONU incaricati di indagare sull'eventuale attuazione di un programma di armamento nucleare da parte del Paese. L'indagine si concluse con l'affermazione dell'inesistenza di prove in questo senso. In dicembre un violentissimo terremoto rase al suolo la città di Bam, nel Sud-Est dell'I., causando la morte di decine di migliaia di persone. Le elezioni parlamentari tenutesi il 20 febbraio 2004, connotate da una percentuale bassa di partecipazione al voto, decretarono la vittoria dei conservatori. La consultazione elettorale fu caratterizzata dalla pesante esclusione, da parte del Consiglio dei guardiani della rivoluzione, di oltre 2.000 candidati riformisti. Nel corso dell'anno Human Rights Watch denunciò abusi sistematici, arresti arbitrari, detenzioni senza processo, torture per estorcere confessioni, isolamento prolungato, abusi fisici e psichici contro gli oppositori politici. Le elezioni presidenziali del giugno 2005 segnarono la vittoria dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, il primo laico alla guida del Paese dalla rivoluzione del 1979. L'affermazione di Ahmadinejad consegnò l'I. nelle mani dei conservatori, detentori sia della presidenza che della maggioranza in Parlamento. Sulla scia della politica dell'ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica, e della guida suprema Khamenei, nel mese di ottobre Ahmadinejad rilasciò pesanti dichiarazioni sullo Stato di Israele, chiedendone la cancellazione dalla carta geografica. L'immediata condanna della posizione del presidente ex pasdaran da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU riportò l'attenzione anche sullo sviluppo del programma nucleare di Teheran, vera minaccia per Israele. Ahmadinejad affermò, infatti, che avrebbe continuato l'attività di conversione dell'uranio riavviata nel mese di agosto in un impianto a Isfahan. Nel febbraio 2006 l'I. fu denunciato all'ONU dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) per aver trasgredito il trattato di non proliferazione nucleare, avendo violato i sigilli posti nell'impianto di Natanz, dove tuttavia le operazioni di arricchimento dell'uranio proseguirono. Nel dicembre successivo il Consiglio di Sicurezza dell'ONU decise l'imposizione di sanzioni commerciali all'I. al fine di impedire la fornitura di qualsiasi materiale e tecnologia che potesse contribuire al suo programma nucleare. Il presidente Ahmadinejad, tuttavia, definì tale risoluzione "carta straccia". Il 21 febbraio 2007 scadde così l'ultimatum delle Nazioni Unite senza che l'I. si fosse deciso a sospendere l’arricchimento dell’uranio e a trattare: ciò comportava il possibile inasprimento delle sanzioni economiche, mentre da più parti trapelava la notizia che gli Stati Uniti stessero mettendo a punto un piano militare per attaccare il Paese asiatico (secondo la britannica BBC i "grilletti" per scatenare i raid potevano essere due: la conferma che Teheran stesse costruendo armi atomiche e gravi attentati contro le truppe americane in Iraq, riconducibili alla responsabilità della confinante Repubblica Islamica). Nell'ottobre 2007 si svolse a Teheran la prima visita del capo del Cremlino in I. dal 1943. Al centro dei colloqui con le autorità locali il programma nucleare iraniano e il secondo vertice tra gli Stati che si affacciano sul mar Caspio per un accordo per la definizione dei confini sul lago e quindi per la ripartizione dei giacimenti di petrolio e gas. In seguito a una difficile trattativa, nell'estate 2007 l'I. consentì agli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) di visitare gli impianti nucleari di Arak. A ottobre gli Stati Uniti annunciarono nuove sanzioni contro l'I. Le elezioni legislative della primavera 2008, interdette a molti candidati riformisti, registrarono la piena vittoria dei conservatori; tuttavia, tra questi si affermarono anche i settori che non condividevano il duro confronto sostenuto sulla questione nucleare da Ahmadinejad. In giugno il presidente iraniano rifiutò una proposta di mediazione avanzata dal capo della diplomazia europea Javier Solana. Nelle elezioni presidenziali del giugno 2009 Ahmadinejad venne riconfermato alla guida dell'I. per altri quattro anni. Ma la rielezione dell'ultraconservatore, che ha più volte negato la Shoah e propugna l'eliminazione dello Stato di Israele dalle carte geografiche, scatenò accese proteste, senza precedenti a Teheran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Migliaia di persone scesero in piazza per contestare i risultati ufficiali delle elezioni e sostenere il moderato Mir Hossein Moussavi, il principale sfidate di Ahmadinejad che da parte sua denunciò irregolarità e brogli. Le proteste sfociarono in scontri tra i manifestanti e la polizia.• Lingua, Letteratura, Religione e Arte: V. PERSIA.
"La saga dell'Iran" di Francesco Gabrieli