(o
Persia). Stato (1.648.195 kmq; 70.472.900 ab.) dell'Asia
centro-occidentale. Confina a Nord con l'Armenia, l'Azerbaigian, il Mar Caspio
e il Turkmenistan, a Est con l'Afghanistan e il Pakistan, a Ovest con l'Iraq
e la Turchia. Si affaccia a Sud sul Golfo di Oman e il Golfo Arabico. Capitale:
Teheran. Città principali: Mashhad, Tabriz, Esfahan, Abadan, Qom. Ordinamento:
Repubblica islamica. Moneta:
rial. Lingua:
farsi (persiano);
sono diffusi il curdo e i dialetti turchi. Religione: musulmana di rito sciita;
esistono minoranze di musulmani sunniti, cristiani, ebrei e zoroastriani.
Popolazione: è composta per due terzi da genti di stirpe iranica (indoeuropei),
per il resto daturco-tartari, arabi, zingari e
armeni.
GEOGRAFIAMorfologia:
il territorio dell'
I. si estende nella parte occidentale dell'altopiano
iranico, che prosegue a Est nell'Afghanistan e nel Pakistan. L'altopiano
dell'
I. è cinto da elevate catene montuose appartenenti all'orogenesi alpina, che,
prosecuzioni delle catene dell'Armenia, divergono in due rami arcuati. Il ramo
settentrionale comprende il massiccio dell'Elburz, catena di corrugamento
disseminata di vulcani, che raggiunge la massima elevazione nel Monte Damavand
(5.670 m), i Monti Kopet Dag e vari sistemi minori che a Est si saldano ai Monti
Baba, in Afghanistan. Il ramo meridionale include le catene dello Zagros, che a
Ovest si innalzano ripide con un'altezza media di 3.500 m al di sopra delle
pianure della Mesopotamia, digradandosi notevolmente verso Est e verso Sud e
ricollegandosi a Oriente con i rilievi del Belucistan. Tra questi due rami si
aprono bacini di varia grandezza, con un'altitudine media di 1.200 m, per lo più
steppici o desertici. ║
Idrografia: le depressioni sono spesso
occupate da terreni salini o da laghi salmastri, come l'Urmia a Nord-Ovest, il
Namak e il Soltan al centro e il Tashk a Sud-Est. Presso il confine con
l'Afghanistan si trova il lago temporaneo di Saberi, riempito periodicamente
dalle acque dell'Helmand. Per il resto, a causa delle precipitazioni ridotte e
dell'aridità del suolo, l'idrografia è molto ridotta ed è
costituita principalmente dal sistema fluviale Qezel Owzan-Safid, tributario del
Mar Caspio, e dal Karkheh-Karun, che scende dai monti Zagros sino al golfo
Persico. Sempre nel golfo Persico sfocia il Mand, mentre i fiumi dell'interno si
perdono fra le sabbie o nelle piane alluvionali sterili e saline. ║
Clima: le catene montane e l'altitudine sono all'origine di un clima
molto vario: all'interno dell'altopiano esso è continentale e asciutto,
con forti escursioni termiche fra inverno ed estate e fra giorno e notte; le
coste del golfo Persico hanno clima tropicale, umido e con temperature
elevatissime d'estate mentre le coste del Mar Caspio hanno clima subtropicale.
L'Azerbaigian persiano ha invece un clima umido con inverni freddi. La
piovosità è generalmente limitata e diminuisce verso Sud-Ovest,
mentre sulle catene periferiche è più abbondante e dà vita
a un clima di alta montagna, con nevi perenni sull'Elburz. ║
Flora:
sulle montagne, al di sotto del limite delle nevi eterne, si trovano rigogliose
foreste tipiche del clima temperato (con querce, olmi, salici e cipressi). Ad
altitudini più basse predomina la steppa e la prateria che, dove
l'aridità aumenta, si tramutano in deserto, con piane sterili e saline,
grandi distese pietrose, dune e sabbie a Sud e a Sud-Est. Lungo le coste del
golfo Persico è presente vegetazione tropicale (palme), mentre nello
Zagros crescono spontaneamente piante da frutto alcune delle quali, fra cui il
pesco, sono probabilmente originarie del luogo.
Cartina dell'Iran
ECONOMIA
Paese povero sino al 1951, l'
I., con la nazionalizzazione dell'industria
petrolifera, è diventato uno dei più importanti produttori di
idrocarburi del mondo. Le ingentissime entrate procurate dalle risorse
petrolifere non hanno però dato il via a un reale sviluppo del Paese,
né hanno migliorato le condizioni di vita delle masse di diseredati, che
furono e sono il sostegno della rivoluzione khomeinista. ║
Agricoltura: solo l'8% del territorio nazionale è occupato da
arativi e tale situazione è peggiorata dal mancato sviluppo della
meccanizzazione nei lavori dei campi. Le zone più favorevoli sono quelle
irrigue, lungo il Caspio e nell'Azerbaigian. Si coltivano soprattutto frumento,
orzo e riso (nella regione caspica, sulle rive del lago Urmia e lungo il Karun);
mais, miglio e sorgo in misura minore. Importanti, ma solo per il consumo
interno, sono il tè, la barbabietola e la canna da zucchero, il tabacco,
le patate e i legumi. Destinata all'esportazione è invece la cospicua
produzione di frutta: datteri (coltivati nelle regioni meridionali), agrumi,
mele, pere, albicocche, susine, pesche e frutta secca (nelle regioni
settentrionali). La vite fornisce uve che, in rispetto delle severe leggi
coraniche che vietano l'alcool, vengono essiccate. Fra le piante industriali
è da segnalare il cotone (nel Mazandaran e nel Khorasan, esportato sia
grezzo che lavorato), la soia, il girasole, il ricino, il lino e il sesamo.
║
Allevamento: importante è quello degli ovini, che fornisce
pelli da pelliccia (karakul, persianer) e lana con cui si fabbricano i celebri
tappeti. La pesca ha scarsa importanza e si pratica principalmente nel Mar
Caspio (salmoni e storioni, con conseguente produzione di caviale). ║
Industria: la maggior ricchezza del Paese risiede nelle grandi risorse
petrolifere, presenti nel Khuzestan, a Gorgan (Caspio meridionale), a Faris e nei
dintorni di Qom. Molto abbondante è anche il gas naturale. Altri minerali
disponibili sono carbone (a Turbat-i-Giam e Shemsak), ferro, rame, zinco,
manganese, bauxite, cromo e piombo. Sviluppata è l'industria
petrolchimica, con raffinerie ad Abadan, Bakhtaran, Teheran, Esfahan, Tabriz,
Masjed-e-Soleyman, Bandar Khomeini e Shiraz. Moderna anche l'industria tessile
(lanifici a Esfahan e Teheran; cotonifici a Qa'emshahr e Samman) che produce i
pregiatissimi tappeti (a Tabriz, Kerman, Esfahan e Shiraz). Le restanti
industrie hanno importanza solo locale. La siderurgia è localizzata a
Esfahan, Ahwaz (ghisa e acciaio) e ad Arak (alluminio). Teheran è sede di
industrie del cemento, della carta, del vetro, della gomma, della birra,
conciarie e calzaturiere; su licenza italiana vengono anche montati autoveicoli.
L'industria chimica è invece concentrata a Kraj e Shiraz (soda caustica,
acido solforico, fertilizzanti). Sparsi in tutto il Paese sono gli zuccherifici
e i tabacchifici. L'artigianato produce scialli di seta e pugnali d'argento.
STORIAGli
inizi del XX sec. vedono la Persia (a cui si rimanda per la trattazione della
storia anteriore al XX sec.) pesantemente condizionata dalla partecipazione
economica europea, interessata soprattutto allo sfruttamento dei giacimenti
petroliferi (la prima concessione alla Gran Bretagna fu fatta nel 1904): durante
la prima guerra mondiale la neutralità della Persia fu violata da tutte
le potenze belligeranti, mentre più forti andavano facendosi le spinte
centrifughe interne, e, nello stesso tempo, si andava costituendo una nuova
coscienza nazionale. In questo contesto avveniva la marcia su Teheran dei
Cosacchi di Riza (Reza) Khan, un militare nazionalista che riuscì ad
impadronirsi del trono imperiale, dando inizio alla dinastia Pahlavi. Occupata
la capitale, egli procedette allo scioglimento del Parlamento, facendosi
nominare primo ministro nel 1923, sovrano costituzionale nel 1925 e scià
di Persia nel 1926. Negli anni seguenti avvenne un rapido passaggio da un regime
feudale e patriarcale a una forma accentrata di Stato moderno e assolutistico.
La collaborazione con la Germania nazista costò al Paese la violazione
della neutralità da parte delle truppe anglo-sovietiche. Il compito degli
alleati fu facilitato dall'abdicazione di Riza Pahlavi in favore del figlio
Muhammad Riza Khan, che firmò un trattato di alleanza e di mutua
assistenza con gli occupanti e, nel settembre 1942, dichiarò guerra alla
Germania. Annientate dall'autoritarismo di Riza Khan, le forze democratiche
ebbero un grande risveglio nel dopoguerra. Il riaccendersi del nazionalismo
portò a una serie di eventi drammatici, iniziati nel 1951 con l'ascesa al
potere di Mohammed Medayat Mossadeq. Nominato primo ministro, egli fece
ratificare dal Parlamento la nazionalizzazione dell'industria petrolifera,
nonostante le forti pressioni esercitate dall'esterno dalle potenze occidentali
e all'interno dall'esercito e dai circoli vicini alla corte. Quando sembrava
ormai imminente la proclamazione della repubblica, lo scià lasciò
il Paese e nominò capo del Governo il generale Zahedi. La situazione fu
rovesciata e la destituzione del vecchio Mossadeq (19 agosto 1953) fu seguita da
una sanguinosa repressione. Il Paese venne saldamente inserito nell'orbita
statunitense e all'interno fu avviato un processo tendente a rafforzare
l'autorità dello scià e a emarginare ogni opposizione. Il rilancio
della politica autoritario-paternalistica di Riza Pahlavi fu avviato nel 1963
con un referendum che sottoponeva all'approvazione popolare un programma di
riforme, che avrebbe dovuto portare al rinnovamento delle strutture del Paese,
senza alterarne il quadro istituzionale. Si trattava di una cauta riforma
agraria, della nazionalizzazione delle risorse forestali e di una serie di leggi
che prevedevano, tra l'altro, la totale abolizione della servitù della
gleba e la concessione del voto alle donne. Il nuovo orientamento, definito
"rivoluzione del trono", sembrò messo in pericolo nel gennaio 1965
dall'assassinio del primo ministro Hassan Alì Mansur. Esso inoltre fu
ostacolato dall'opposizione, da una parte, dei capi religiosi e dei circoli
più conservatori, dall'altra da quella degli studenti progressisti e dei
partiti di sinistra costretti ad operare nella clandestinità.
L'accentramento dei poteri imperiali venne sancito nel 1967 dalla solenne
incoronazione dello Scià, che non aveva abbandonato in quegli anni gli
indirizzi programmatici tendenti al rinnovamento delle strutture del Paese,
dimostratisi però meno incisivi del previsto. Assai più efficace
si rivelò la nuova politica "nazionale indipendente" avviata dai
governanti iraniani che, abbandonati i rigidi schemi occidentalistici,
adottarono una linea politica di relativa equidistanza tra il blocco occidentale
e quello orientale e di più intensa collaborazione con i Paesi vicini.
Nel gennaio 1973 venne celebrato il decimo anniversario della "rivoluzione
bianca", incentrata sulla riforma agraria (costituzione della piccola e media
proprietà, cooperazione, meccanizzazione, industrializzazione agricola) e
sullo sviluppo industriale. Essa portò nel corso di un decennio a una
diminuzione della popolazione agricola a vantaggio del settore industriale. Il
programma di intensa industrializzazione, sia a gestione pubblica che privata,
fece dell'industria il perno dell'economia iraniana. Pilastro dello sviluppo
economico del Paese rimase il petrolio, la cui produzione salì, dai
quindici milioni di tonnellate del 1954, ai 260 milioni di tonnellate del 1972.
Il 20 marzo 1973 venne annunciato l'esproprio delle compagnie straniere e il
completo controllo delle industrie petrolifere da parte dello Stato. Il
vertiginoso sviluppo del Paese lasciò intatte larghe sacche di
depressione e, inoltre, richiese un altissimo prezzo politico. I margini di
libertà politica erano quanto mai ristretti: le elezioni erano
manipolate, i partiti controllati, la stampa sottoposta a una rigorosa censura,
le manifestazioni antigovernative represse brutalmente. Nonostante si cercasse
di imbrigliare ogni opposizione, i focolai di scontento si estesero, sino ad
assumere in certi casi la forma della guerriglia. Nell'estate del 1971 migliaia
di persone furono arrestate e molte di esse giudicate dal tribunale militare di
Teheran che emanò varie sentenze capitali, soprattutto nei confronti di
appartenenti al movimento di liberazione nazionale, al Partito rivoluzionario
Tudeh, al movimento comunista
Saka e alla piccola formazione
guerrigliera
Siakhal. Nel marzo del 1975 venne abolito il sistema
bipartitico e decretato lo scioglimento sia del partito di potere, il Nuovo Iran
(235 seggi), sia di quello dell'opposizione parlamentare, il Partito del popolo
(31 seggi). Questo scioglimento comportò l'istituzione di un nuovo
partito unico, denominato Movimento della resurrezione politica nazionale. Si
trattò di un cambiamento più di forma che di sostanza, dato che
già da tempo esisteva di fatto un sistema a partito unico, e
l'opposizione reale era costretta ad operare nella clandestinità. A
difesa di una linea politica ispirata all'illuminismo autocratico, i governanti
iraniani presentavano le cifre di uno sviluppo vertiginoso, favorito dal forte
rialzo del prezzo del petrolio. Uno sviluppo tale da indurre il Governo iraniano
a rivedere, nel 1975, le cifre del piano di sviluppo quinquennale (1973-78) e ad
accrescere notevolmente il volume degli stanziamenti previsti. Ma violenti moti
popolari, seguiti invano da dure repressioni, scossero l'
I. tra il 1976 e
il 1978, facendo precipitare la situazione e inducendo lo Scià ad
abbandonare il Paese con tutta la famiglia (16 gennaio 1979). Poco dopo fece
trionfale ritorno in
I. l'
ayatollah Ruollah Khomeini, principale
oppositore dello Scià e ispiratore della "Rivoluzione islamica" che
avrebbe travolto il Paese (febbraio '79). Primo ministro venne nominato Mehdi
Bazargan, già collaboratore di Mossadeq, che però incontrò
difficoltà nel governare il processo rivoluzionario, continuamente
riattivato dagli estremisti islamici e da buona parte del clero sciita. Nel
frattempo, nell'ottobre 1979, scoppiava la "guerra santa" contro l'Iraq che
sarebbe durata nove lunghi anni. Dopo le dimissioni di Bazargan il potere
passò nell'80 al presidente della Repubblica Bani Sadr, anch'egli
costretto a operare in una situazione instabile e complessa: dopo un anno fu
destituito e addirittura costretto all'esilio in Francia. I mesi successivi
furono costellati da una serie di attentati terroristici e di esecuzioni
sommarie che coinvolsero il capo del Governo Bahonar e il successore di Bani
Sadr, Mohammed Alì Rajia. La situazione interna, nonostante la spietata
repressione dei tribunali islamici, rimase però molto fluida, mentre
aumentava l'isolamento politico dell'
I. e l'economia precipitava.
Soltanto nell'agosto 1984 il Governo iraniano decise di rinunciare al precedente
indirizzo della gestione economica per incoraggiare l'iniziativa privata nel
settore commerciale e nelle importazioni. Negli anni successivi divenne sempre
più presente il problema della successione di Khomeini e si accese una
feroce lotta all'interno del clero islamico. Al riguardo va ricordata la
fucilazione dell'
hodjatoleslam Medhi Hashemi, nel settembre dell'87, che
avvantaggiava Hashemi Alì Abkar Rafsanjani, presidente del Parlamento,
nella lotta per il potere. Hashemi, condannato per "corruzione sulla terra" era
un esponente dell'ala radicale del khomeinismo e uno dei più stretti
collaboratori dell'
ayatollah Hussein Alì Montazeri. Questi, alla
fine dell'85, era stato designato successore di Khomeini, ma l'affare Hashemi ne
compromise gravemente il prestigio e l'attività politica. Un contraccolpo
dell'arresto di Hashemi, nell'autunno dell'86, fu lo "scoop" di un giornale
libanese con alcune rivelazioni di contatti segreti tra gli americani e
Rafsanjani, ma quest'ultimo riuscì a superare indenne la vicenda e a
rafforzare il suo potere. La decisione di firmare la tregua con l'Iraq,
annunciata a Teheran il 18 luglio 1988, venne avallata da Khomeini con grande
riluttanza e solo dopo forti pressioni da parte di alcuni collaboratori. Nei
mesi successivi si inasprirono i contrasti tra le varie fazioni del khomeinismo
e si ebbe di conseguenza una dura politica repressiva da parte del regime. Il 3
giugno del 1989 si spense l'
ayatollah Khomeini. Un gruppo di 83 teologi
scelse come nuova guida del popolo iraniano, Alì Khamenei. La nomina
aveva carattere del tutto provvisorio, giacché Khamenei, essendo solo
hodjatoleslam, in pratica un arciprete, non aveva il titolo necessario per
succedere a Khomeini. Inoltre Khamenei in agosto vide ulteriormente indebolita
la sua autorità allorché veniva sostituito alla presidenza della
repubblica dal candidato unico Hahemi Rafsanjani. La lotta per la successione si
aprì dunque proprio tra quest'ultimo e Ahmad Khomeini, figlio dello
scomparso
ayatollah. Ahmad, pur poggiando sul consenso dell'ala radicale,
non possedeva però il carisma politico necessario di cui invece era
dotato Rafsanjani. Questi, nonostante certe sue prese di posizione
estremistiche, era fondamentalmente un pragmatico, che godeva dell'appoggio
dell'influente
lobby del bazar di Teheran, della piccola e media
borghesia, degli imprenditori e dei quadri delle forze armate regolari. In campo
istituzionale Rafsanjani sostenne la riforma costituzionale basata sul sistema
presidenziale e quindi il ridimensionamento dell'impostazione teocratica
statale. Dopo la nomina a presidente della Repubblica, Rafsanjani si recò
a Mosca dove stipulò un trattato di assistenza economica e militare con
l'Unione Sovietica. In agosto tentò di svolgere una funzione mediatrice
tra gli estremisti sciiti libanesi da una parte, e gli Americani e gli
Israeliani dall'altra nella questione degli ostaggi. Il fatto che però
Rafsanjani chiedesse agli USA lo sblocco dei fondi iraniani impedì ogni
positivo sviluppo. I rapporti dell'
I. con l'Occidente si incrinarono in
seguito alla conferma, da parte di Rafsanjani, della condanna a morte - emessa
da Khomeini nel 1989 - dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, autore del
libro
Versetti satanici, considerato blasfemo dal mondo islamico. Assunta
una posizione neutrale durante la guerra del Golfo (V. GOLFO, GUERRA DEL),
l'
I. si riavvicinò in seguito all'Iraq: in cambio dell'apertura
delle proprie frontiere - contro l'embargo internazionale decretato dall'ONU -
l'
I. ottenne dall'Iraq la restituzione dei territori occupati durante il
conflitto e lo scambio di prigionieri di guerra ancora detenuti. La principale
forza di opposizione al Governo, i
mugiahiddin del popolo,
denunciò nel frattempo continue violazioni dei diritti umani: dal 1988 al
1990 un'ondata di arresti e di esecuzioni di massa avrebbe coinvolto migliaia di
persone. Il progressivo indebolirsi dell'Iraq vide la contemporanea estensione
dell'influenza iraniana nella regione mediorientale e, dopo la dissoluzione
dell'URSS, verso le Repubbliche dell'Asia centrale. Il presidente Rafsanjani,
rieletto nel 1993 alla guida del Paese, intraprese una politica di
liberalizzazione economica dai costi sociali altissimi ed interamente a carico
della popolazione meno abbiente. Tale crisi economica continuò per tutto
il biennio 1994-96, aggravata dalla diminuzione del prezzo del greggio e dalle
aspirazioni iraniane al possesso di energia nucleare, per la quale l'
I.
ha incrementato i motivi di ostilità con gli USA. Nel 1994 l'Iran venne
sconvolto da un sanguinoso attentato nel mausoleo di Mashad, attribuito ai
fondamentalisti islamici contrari alla linea politica del Governo. Alla fine
degli anni Novanta la vita politica venne segnata dal serrato confronto fra
l'ala religiosa più conservatrice dell'ayatollah Ali Khamenei e l'ala
moderata e riformista del nuovo presidente Mohammad Khatami, mirante alla
trasformazione dell'Iran in uno Stato di diritto, sul modello occidentale. Dopo
le elezioni legislative del 1996, che diedero alla destra conservatrice la maggioranza,
si tennero le presidenziali (23 maggio 1997), che decretarono la vittoria di Khatami.
Le riforme che il neo premier cercò di introdurre nel Paese furono,
però, osteggiate dai conservatori guidati dal leader spirituale del Paese,
l'ayatollah Khamenei, che ha diritto di veto sulle leggi che ritenga violino i
principi dell'Islam o la Costituzione. Alle elezioni legislative del 18 febbraio
e 5 maggio 2000 i riformisti guidati dal presidente Khatami riconfermarono la
precedente vittoria elettorale. Con lo scoppio della seconda Intifada (settembre
2000) e la salita al potere della destra israeliana, i rapporti tra
I. e
Israele si fecero particolarmente tesi: Tel Aviv accusò infatti a più
riprese Teheran di fornire armi pesanti agli Hezbollah e di addestrare e sostenere
i kamikaze palestinesi. Nel 2001 si acuì lo scontro tra Parlamento e
magistratura (quest'ultima è uno dei bastioni delle forze conservatrici)
e tra magistratura e intellettuali, una decina dei quali a metà gennaio
fu condannata con l'accusa di aver attentato alla sicurezza dello Stato per aver
partecipato a una conferenza sulle riforme in
I. (tenutasi a Berlino
nell'aprile 2000). In marzo Khatami si recò in visita ufficiale a Mosca,
dove firmò un accordo col presidente russo Putin per la fornitura di armi
convenzionali difensive e per la cooperazione in campo nucleare. A maggio ricevette
la visita del leader cubano Fidel Castro, con cui siglò una serie di accordi
economico-commerciali. Le elezioni presidenziali tenutesi a giugno furono un trionfo
per Khatami, che fu riconfermato alla presidenza. In agosto devastanti inondazioni
colpirono il Nord-Est dell'
I., provocando centinaia di vittime, oltre a ingenti
danni all'ambiente e all'economia. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 alle
Torri Gemelle e al Pentagono, l'
I. espresse solidarietà al popolo
americano e si disse pronto a combattere il terrorismo. Nonostante ciò,
gli Stati Uniti inserirono l'
I. nella lista dei cosiddetti "Stati canaglia",
favoreggiatori del terrorismo internazionale. Dopo l'attacco anglo-statunitense
all'Afghanistan, il mondo politico iraniano chiese al presidente Khatami di
intervenire con una mediazione per evitare un confronto violento tra USA e
Islam. Teheran chiuse 900 km di frontiera con l'Afghanistan per arginare una
eventuale nuova ondata di profughi. Nel giugno 2002 un gravissimo terremoto
colpì il Paese, provocando oltre 200 morti e più di 20.000 senza tetto. A partire
dal giugno 2003 si susseguirono manifestazioni, a cui presero parte soprattutto
studenti, per protestare contro le reiterate repressioni perpetrate dal regime
clericale iraniano. In ottobre l'avvocatessa Shirin Ebadi, attivista per la tutela
dei diritti umani, costretta a ritrarsi dall'attività professionale nel 1979, con
l'avvento del regime di Khomeini, ricevette il premio Nobel per la Pace, diventando
la prima esponente della comunità iraniana a ottenere tale onorificenza. In novembre
il Governo autorizzò l'arrivo di ispettori ONU incaricati di indagare sull'eventuale
attuazione di un programma di armamento nucleare da parte del Paese. L'indagine si
concluse con l'affermazione dell'inesistenza di prove in questo senso. In dicembre
un violentissimo terremoto rase al suolo la città di Bam, nel Sud-Est dell'
I.,
causando la morte di decine di migliaia di persone. Le elezioni parlamentari
tenutesi il 20 febbraio 2004, connotate da una percentuale bassa di
partecipazione al voto, decretarono la vittoria dei conservatori. La consultazione
elettorale fu caratterizzata dalla pesante esclusione, da parte del Consiglio dei
guardiani della rivoluzione, di oltre 2.000 candidati riformisti. Nel corso
dell'anno Human Rights Watch denunciò abusi sistematici, arresti arbitrari,
detenzioni senza processo, torture per estorcere confessioni, isolamento
prolungato, abusi fisici e psichici contro gli oppositori politici. Le elezioni
presidenziali del giugno 2005 segnarono la vittoria dell’ultraconservatore
Mahmoud Ahmadinejad, il primo laico alla guida del Paese dalla rivoluzione
del 1979. L'affermazione di Ahmadinejad consegnò l'
I. nelle mani dei
conservatori, detentori sia della presidenza che della maggioranza in Parlamento.
Sulla scia della politica dell'ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica
islamica, e della guida suprema Khamenei, nel mese di ottobre Ahmadinejad
rilasciò pesanti dichiarazioni sullo Stato di Israele, chiedendone la cancellazione
dalla carta geografica. L'immediata condanna della posizione del presidente ex
pasdaran da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU riportò l'attenzione anche
sullo sviluppo del programma nucleare di Teheran, vera minaccia per Israele.
Ahmadinejad affermò, infatti, che avrebbe continuato l'attività di conversione
dell'uranio riavviata nel mese di agosto in un impianto a Isfahan. Nel febbraio 2006
l'
I. fu denunciato all'ONU dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA)
per aver trasgredito il trattato di non proliferazione nucleare, avendo violato i sigilli posti
nell'impianto di Natanz, dove tuttavia le operazioni di arricchimento dell'uranio
proseguirono. Nel dicembre successivo il Consiglio di Sicurezza dell'ONU decise l'imposizione
di sanzioni commerciali all'
I. al fine di
impedire la fornitura di qualsiasi materiale e tecnologia che potesse contribuire
al suo programma nucleare. Il presidente Ahmadinejad, tuttavia, definì
tale risoluzione "carta straccia". Il 21 febbraio 2007 scadde così l'ultimatum delle Nazioni
Unite senza che l'
I. si fosse deciso a sospendere l’arricchimento dell’uranio
e a trattare: ciò comportava il possibile inasprimento delle sanzioni economiche, mentre da
più parti trapelava la notizia che gli Stati Uniti stessero mettendo a punto un piano
militare per attaccare il Paese asiatico (secondo la britannica BBC i "grilletti"
per scatenare i raid potevano essere due: la conferma che Teheran stesse costruendo
armi atomiche e gravi attentati contro le truppe americane in Iraq,
riconducibili alla responsabilità della confinante Repubblica Islamica). Nell'ottobre 2007
si svolse a Teheran la prima visita del capo del Cremlino in
I. dal 1943. Al centro
dei colloqui con le autorità locali il programma nucleare iraniano e il secondo vertice tra
gli Stati che si affacciano sul mar Caspio per un accordo per la definizione dei confini sul
lago e quindi per la ripartizione dei giacimenti di petrolio e gas. In seguito a una difficile trattativa,
nell'estate 2007 l'
I. consentì agli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA)
di visitare gli impianti nucleari di Arak. A ottobre gli Stati Uniti annunciarono nuove sanzioni contro l'
I.
Le elezioni legislative della primavera 2008, interdette a molti candidati riformisti, registrarono la piena vittoria
dei conservatori; tuttavia, tra questi si affermarono anche i settori che non condividevano il duro confronto sostenuto
sulla questione nucleare da Ahmadinejad. In giugno il presidente iraniano rifiutò una proposta di mediazione avanzata
dal capo della diplomazia europea Javier Solana. Nelle elezioni presidenziali del giugno 2009 Ahmadinejad venne riconfermato
alla guida dell'
I. per altri quattro anni. Ma la rielezione dell'ultraconservatore, che ha più volte negato la Shoah e
propugna l'eliminazione dello Stato di Israele dalle carte geografiche, scatenò accese proteste, senza precedenti a Teheran
dopo la rivoluzione islamica del 1979. Migliaia di persone scesero in piazza per contestare i risultati ufficiali delle elezioni
e sostenere il moderato Mir Hossein Moussavi, il principale sfidate di Ahmadinejad che da parte sua denunciò irregolarità e brogli.
Le proteste sfociarono in scontri tra i manifestanti e la polizia.• Lingua, Letteratura,
Religione e Arte: V.
PERSIA.
"La saga dell'Iran" di Francesco Gabrieli