Poeta satirico greco. Figlio di Pitteo e di Protide. Il suo amore per la
libertà lo fece cacciare dalla sua patria, governata da tiranni. Si
ritirò a Clazomene, dove visse povero. Il suo talento lo mette a livello
dei migliori poeti giambici, dopo Archiloco. Scrisse in dialetto ionico, ed
è considerato inventore della parodia e del verso coriambico. I frammenti
di
I. che ci sono pervenuti non sono molti, tuttavia da essi balza vivida
la figura di un simpatico e arruffato
poeta maledetto
dell'antichità. Lo si è definito poeta plebeo, poeta volgare,
poeta dei peggiori bassifondi sociali. Ma il suo mondo popolaresco e impudente
è espresso in versi efficaci e vivaci (gli
scazonti) e con parole
fuor di letteratura, le reiette, sboccate e colorite parole del gergo. E
I. è pur sempre un poeta, quando esprime il desiderio di un amore
non mercenario, o la tristezza della sua vita povera e randagia (Efeso VI sec.
a.C.).