Omicidio volontario commesso sulla persona di un neonato. In senso stretto
è l'uccisione intenzionale di un neonato fatta dalla madre o da un membro
della famiglia per salvarne l'onore. • St. - In Grecia dovevano essere
necessariamente uccisi i neonati deformi (Sparta) oppure il padre disponeva con
potere assoluto della propria creatura (Atene). A Roma la madre che uccideva il
proprio nato era considerata come rea di omicidio e punita secondo la Legge
Cornelia; il padre invece, in virtù della
patria potestas, poteva
impunemente uccidere i propri figli. Il cristianesimo condannò
severamente sin dai suoi inizi l'
i.: con estrema violenza vi si opposero
gli apologeti, accusando spietatamente di tale pratica i pagani. Nel Medioevo e
anche più tardi l'
i. era punito ordinariamente con la morte come
omicidio qualificato: ma a volte, tenendo conto delle speciali condizioni
psicologiche della madre, specialmente nei casi di filiazione adulterina, la
pena di morte era commutata nella relegazione a vita in un convento. Tale
delitto, previsto dall'art. 578 cod. pen., ha subito modifiche dalla legge 442
del 5 agosto 1981 che ha sostituito l'
i. per motivi d'onore con quello
per condizioni di abbandono materiale e morale. La madre viene così
punita con la reclusione da 4 a 12 anni, coloro che partecipano al reato a un
minimo di 21 anni, con possibilità di riduzione di un terzo della pena se
l'azione è solo a scopo di favorire la madre.