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India.

Stato (3.287.263 kmq; 1.075.748.000 ab.) dell'Asia. Confina a Nord con la Cina, il Nepal e il Bhutan, a Nord-Est con il Myanmar e il Bangladesh, a Ovest con il Pakistan; si affaccia a Est sul Golfo del Bengala e a Ovest sul Mare Arabico. Capitale: Nuova Delhi. Città principali: Bombay, Calcutta, Madras, Ahmadabad, Hyderabad, Bangalore, Kanpur, Nagpur e Puna. Ordinamento: Repubblica federale formata da 25 Stati federati e 7 territori amministrati centralmente, più il territorio autonomo della capitale. Moneta: rupia. Lingue ufficiali: hindi; e inglese; nel complesso sono parlati circa 850 dialetti (i più diffusi sono il bengali, gli idiomi dravidici e tibetano-cinesi e il munda). Religione: induista. Vi sono minoranze di musulmani sunniti e sciiti, sikh, cristiani, buddhisti. Popolazione: appartiene a quattro elementi razziali: aborigeni Munda, nelle regioni dell'interno del Deccan; Dravida, nelle Secan; Arii (europoidi) che, mescolatisi con i Dravida, hanno originato il tipo scuro ariodravidico della pianura gangetica e il tipo ariano chiaro della regione del Nord-Ovest; Mongolidi, immigrati dal Tibet e dal Myanmar (ex Birmania) e insediati nelle regioni di Nord-Est. A questi elementi si sono poi aggiunti gli Sciti (popolazioni scito-dravidiche del versante occidentale), gli Arabi, i Turco-Iranici e gli Europei.

GEOGRAFIA

L'I. è chiusa alle spalle da giganteschi sistemi montuosi: margine dell'altipiano iranico ad Ovest, rilievo himalayano a Nord, catene birmane ad Est. A Sud dell'arco montuoso è costituita dalla gigantesca pianura indo-gangetica e si protende nell'Oceano Indiano con la tipica penisola triangolare dell'altipiano del Deccan, tra il Mare Arabico e il Golfo del Bengala, orlato dai rilievi dei Ghati e continuantesi nell'isola di Ceylon. I fiumi più importanti sono l'Indo, il Gange e il Brahmaputra, nel bassopiano indo-gangetico; fra quelli del Deccan, il principale è il Godavari. Tagliata a metà dal Tropico del Cancro la regione indiana ha climi caldi, interessati dai monsoni, ma le diversità della morfologia, della latitudine, dell'altezza e della distanza dai mari determinano profonde modificazioni fra zona e zona: le terre himalayane e quelle del Nord-Ovest hanno clima freddo, il bacino del fiume Indo è arido e desertico (Tharr), la pianura del Gange è ricchissima di vegetazione, che si tramuta nella giungla della regione del delta e nella calda e piovosa regione dell'Assam (Bengala). Il versante esterno dei Ghati occidentali ed orientali raccoglie le abbondanti precipitazioni dei venti monsonici, che rendono la zona favorevole all'agricoltura; l'altopiano interno del Deccan invece, chiuso dall'orlo dei Ghati alla benefica influenza monsonica, è reso molto arido dalla scarsa piovosità. La fauna comprende, fra l'altro, una moltitudine di scimmie, svariati uccelli, serpenti, fra cui il velenosissimo cobra e vari pitonidi, coccodrilli, elefanti, rinoceronti e tigri.
Cartina dell'India


ECONOMIA

Agricoltura: l'I. dispone di vaste superfici coltivabili, pari al 51,4% del territorio nazionale. La varietà delle condizioni climatiche e pedologiche consentono un'ampia gamma di colture. Il clima monsonico provoca una distribuzione irregolare delle precipitazioni e solo la costruzione di opportune infrastrutture irrigue ha permesso, tra il 1975 e il 1990 l'aumento della produzione dei due cereali che stanno alla base dell'alimentazione locale: il riso, di cui l'I. è il maggiore produttore dopo la Cina, e il frumento. La terza grande coltura cerealicola riguarda le varie qualità di sorgo (miglio, dura) che prevalgono nel Deccan e si adattano ai suoli più poveri e meno irrigati; produzioni minori sono quelle del mais e dell'orzo. Sono presenti anche prodotti orticoli (ceci, fagioli, piselli, cipolle e pomodori) e frutticoli (banane e agrumi). Molto importante è la coltura del tè distribuita lungo le falde dell'Himalaya nel Bengala Occidentale, e le piantagioni di caffè, limitate al mezzogiorno dell'I. peninsulare. Notevole è la produzione della canna da zucchero, concentrata particolarmente nella pianura del Gange, che in questi ultimi anni è in fase di sensibile espansione. Numerose sono le colture industriali, tra le quali svolgono un ruolo preminente le oleaginose (sesamo, arachidi, semi di lino, semi di cotone, colza e soia) che danno notevoli contributi all'esportazione. Tra le piante tessili, oltre al cotone ha notevole rilievo la iuta. L'estrema parcellizzazione delle aziende e lo scarso intervento del Governo, che si è limitato alla realizzazione di opere di irrigazione primaria, impediscono il raggiungimento di soddisfacenti livelli produttivi e il reddito pro capite annuo (340 dollari) resta uno dei più bassi del mondo. Se infatti l'andamento produttivo ha registrato costanti incrementi, essi non corrispondono all'aumento impressionante della popolazione (circa 15.000.000 di persone l'anno), che richiederebbe per vivere un accrescimento annuale di 15.000.000 q della produzione cerealicola e di 200.000.000 m della produzione di cotonate. ║ Allevamento: dà contributi assai limitati al reddito nazionale per la scarsità dei pascoli e per la proibizione della religione induista di consumare carne bovina. Un contributo maggiore all'alimentazione umana è dato invece dagli ovini, dai caprini e dagli animali da cortile. Molto diffusi sono anche i bufali, utilizzati per i lavori agricoli e particolarmente numerosi nel Bengala Occidentale. L'allevamento del baco da seta, limitato ad alcune zone dell'Himalaya, è tuttavia fiorente. ║ Risorse minerarie: l'I. è ricca di risorse minerarie. Giacimenti di carbone sono presenti nel Bengala e nel Bihar, giacimenti di ferro ad alto tenore metallico si trovano sul fianco settentrionale dei monti dell'Orissa. Il Paese possiede anche riserve di manganese, mica, magnesite e bauxite. Considerevoli infine i giacimenti d'oro. L'I. però utilizza in misura scarsa le proprie risorse ed è costretta a esportare gran parte dei minerali allo stato grezzo. ║ Industria: oltremodo protetta sul mercato interno, l'industria nazionale soffre di bassi livelli di produttività ed è generalmente poco competitiva a livello internazionale. Tuttavia il sostanziale incremento degli investimenti stranieri negli ultimi anni ha rafforzato l'industria di base, che ha registrato progressi specie nei settori siderurgico, chimico e petrolchimico. Il settore metallurgico, meno sviluppato, si occupa della lavorazione del piombo, del rame, dello zinco e dell'alluminio. Rilevante è anche l'industria meccanica (fabbricazione di aerei, materiale ferroviario, motori elettrici, motori Diesel, automobili), l'industria della gomma, rivolta per lo più alla produzione di pneumatici, quella cementiera e quella cartaria. Il settore manifatturiero più sviluppato è quello tessile, soprattutto l'industria cotoniera, che utilizza la materia prima nazionale. Cospicui sono gli iutifici e i setifici, in crescita il settore delle fibre artificiali e sintetiche. Attualmente l'I. dispone di una buona rete ferroviaria, la rete stradale è invece inadeguata. Grande importanza hanno le comunicazioni marittime, sia internazionali, sia legate alla navigazione costiera. Abbastanza efficienti sono i servizi aerei con aeroporti internazionali a Bombay, Calcutta, Delhi e Madras. Il commercio interno è molto sviluppato, il commercio con l'estero si è invece sempre basato su una forte limitazione delle importazioni dei beni di consumo e sull'esportazione di beni con basso valore aggiunto. Nel 1991 per riassestare le finanze locali è stata annunciata una vera svolta nella politica economica del Paese: apertura ai capitali stranieri, taglio ai sussidi pubblici, austerità nelle spese pubbliche. I risultati si videro nella riduzione dell'inflazione (meno del 10% nel 1995) e del deficit fiscale; al contempo la crescita delle esportazioni fu sostenuta a partire dal 1992. Il Paese ha continuato a essere gravato da un debito estero equivalente al 38% del suo PIL e il reddito pro capite dei suoi oltre 935 milioni di abitanti è rimasto uno dei più bassi dell'Asia.

STORIA

La storia della civiltà indiana, sin dall'età più antica, si presenta costantemente caratterizzata dall'assorbimento e dall'assimilazione di valori originariamente estranei, di natura etnica, culturale, religiosa e politica. Una grande civiltà, di tipo urbano e commerciale, si sviluppò a partire dal 2400 a.C. nel Nord-Ovest estendendosi poi a tutto il bacino dell'Indo. Ad essa seguì una diversa civiltà, di tipo pastorale e agricolo, portata dagli Arii (indoeuropei), provenienti dal Nord-Ovest e che si imposero come stirpe dominante. Al periodo vedico, successivo all'invasione degli Arii (1800-1500 a.C.) risale la più tipica delle istituzioni indù, cioè l'ordinamento castale. Inizialmente esso divideva la società in quattro gruppi sociali: sacerdoti e maestri, mercanti artigiani, classe servile, e infine la popolazione indigena di pelle scura (dràvidi) che costituiva la classe dei fuori-casta, i paria (intoccabili). Attraverso tale divisione i dominatori intendevano salvaguardare la purezza della stirpe, evitando la mescolanza con i paria. Successivamente (IV sec. a.C.), poco prima della grande spedizione di Alessandro Magno (327-325 a.C.), andò affermandosi, accanto al Brahmanesimo, il Buddhismo la cui introduzione ebbe una notevole importanza anche sul piano politico e sociale. Essa infatti diede vita a una nuova era, caratterizzata dalla formazione di vaste unità statali, e sotto il re buddhista Ashoka (274-232 a.C.) della dinastia Maurya si costituì la più grande entità statale dell'antichità, comprendente l'intera penisola indiana, ad eccezione dell'estrema punta meridionale. Sotto la dinastia Gupta (520-350 d.C.) l'I. ritrovò l'unità politica. Durante questo periodo, Brahmanesimo e Buddhismo si fusero, ma quest'ultimo fu svuotato di ogni carica ideale. La conquista musulmana, iniziata intorno al Mille, trovò la penisola indiana frantumata in innumerevoli Stati, retti da monarchie locali. Essa fu condotta dal turco Mahmud Ghazni (997-1030) che conquistò stabilmente il Punjab, e raggiunse i suoi limiti massimi tra il 1290 e il 1320, estendendosi all'intera I. settentrionale e a buona parte di quella centrale. Il territorio rimase tuttavia frazionato in una serie di regni locali, spesso effimeri e, sotto questo aspetto, la situazione rimase immutata sino alla costituzione, nella regione nord-occidentale, dell'Impero mongolo (XVI-XIX sec.). Esso fu fondato da Baber, un discendente del Tamerlano, cacciato dagli Usbechi dall'Asia centrale e disceso in I. nel 1526. Egli fondò il regno dei Moghul, durato nominalmente sino al 1857, che pose le basi per la costituzione di una nazione indo-musulmana. Infatti, più della precedente conquista musulmana, quella mongola riuscì ad affermare l'islamismo, non attraverso un processo di assimilazione della civiltà indù, ma ponendolo nei suoi elementi originari, accanto all'Induismo, così da determinare una lacerazione del tessuto politico-sociale indiano aveva inizio la penetrazione coloniale europea. Essa ebbe inizio nei primi anni del XVI sec., con la costituzione di alcune colonie costiere portoghesi, cui seguirono insediamenti commerciali olandesi, francesi e inglesi. Quando i primi conquistatori europei cercarono di innestare nel vecchio tessuto indiano nuovi elementi della cultura cristiana, la millenaria civiltà indù era in piena decadenza. Di essa rimaneva infatti quasi soltanto l'esaltazione religiosa, portata spesso a limiti estremi, quali l'uccisione rituale di esseri umani, il sacrificio delle vedove sul rogo del marito, la soppressione delle femmine neonate. Mentre il missionarismo cristiano doveva sostanzialmente fallire, l'I. si aprì alla civiltà occidentale e l'assorbimento di nuovi valori assunse il significato di una svolta rivoluzionaria, paragonabile a quelle avvenute nel corso dei secoli precedenti, con la sovrapposizione di nuovi elementi sulla più antica civiltà indù. Nel corso del XVIII sec. la presenza europea portò alla formazione di veri e propri imperi coloniali da parte delle varie Compagnie delle Indie, su cui si impose infine la Compagnia inglese (1763), attraverso la quale operò il Governo britannico per assoggettare l'intero territorio indiano. In un Paese in cui la massa della popolazione era soggetta, anche spiritualmente, al dominio delle oligarchie dominanti, la ventata di rinnovamento, portata dagli occupanti, provocò dure resistenze e sanguinose rivolte xenofobe. Tuttavia, il tentativo delle caste dominanti di utilizzare a proprio vantaggio il malcontento popolare, facendo leva sul fanatismo religioso delle masse, fallì e iniziò il processo di emancipazione del Paese. Nel 1857 la rivolta dei soldati indiani (sepoys) dipendenti dalla Compagnia e la durissima repressione che ne seguì ebbe come conseguenza lo scioglimento della Compagnia stessa e il passaggio dell'I. sotto la Corona britannica (1858). La dominazione inglese, se da un lato fece compiere all'I. notevoli passi avanti sulla via del progresso, dall'altro contribuì alla formazione di nuove sacche di miseria. L'ingresso del Paese sul mercato internazionale ebbe infatti come conseguenza la rottura di un equilibrio secolare, basato sull'autosufficienza produttiva del villaggio, quale unità-base dell'economia indiana. Il processo di occidentalizzazione, avviato dall'amministrazione britannica con la riforma costituzionale, l'indebolimento delle caste, l'emancipazione delle donne, la scolarizzazione e l'industrializzazione, favorirono la nascita di una borghesia urbana e, parallelamente, la costituzione di un movimento di rinascita nazionale. Profondamente diviso all'inizio, nel 1885 il movimento si organizzò in una grande assemblea rappresentativa, il Congresso nazionale indiano, non riconosciuto ufficialmente dalle autorità britanniche. Sotto la guida di B.G. Tilak, che allargò la lotta politica alle campagne, il Congresso cominciò ad assumere le caratteristiche di quello che sarebbe diventato il grande partito di Gandhi e di Nehru. Durante i 20 anni (1893-1914) in cui aveva esercitato l'avvocatura nel Sudafrica, difendendo numerosi suoi compatrioti vittime della discriminazione razziale, Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma (grande maestro), aveva sviluppato la dottrina della non-violenza e della resistenza passiva. Si trattava di una dottrina non solo dettata dalle concezioni religiose indù, ma dalla piena consapevolezza della grande forza insita nel dissenso organizzato di massa, attraverso l'adozione di strumenti quali la disubbidienza civile e il boicottaggio economico. L'azione del nazionalismo indù suscitò l'ostilità dei musulmani che si andavano a loro volta organizzando sotto la guida di Muhammad Ali Jinnah. Pertanto, l'inizio della seconda guerra mondiale trovò il Paese profondamente diviso dal conflitto che opponeva gli indù ai musulmani. I primi, politicamente rappresentati dal Partito del Congresso, vincitore delle elezioni del 1937; i secondi, rappresentati dalla Lega musulmana, che non intendevano essere considerati una minoranza, bensì una Nazione a sé e che, in vista della concessione dell'indipendenza, rivendicavano la creazione di uno Stato autonomo islamico. Respinta la richiesta di indipendenza immediata fatta dal Congresso che, col precipitare degli eventi bellici, fu posto fuori legge, il Paese si trovò nel 1946 dissanguato, oltre che dalla guerra, da una carestia che aveva sterminato più di un milione di persone. Inoltre, l'acuirsi del conflitto tra indù e musulmani aveva provocato lacerazioni insanabili e il Paese si avviò all'indipendenza già smembrato in due Stati. Il provvedimento preso nel luglio 1947, per la spartizione del Paese in due dominions, I. e Pakistan, non fu sufficiente a impedire lo scoppio di una guerra civile che provocò alcune centinaia di migliaia di morti e una massiccia emigrazione in massa (oltre undici milioni di persone si spostarono dall'uno all'altro Stato). Lo stesso Gandhi, che sino all'ultimo si era impegnato nel difficile tentativo di sanare la frattura tra indù e musulmani, fu assassinato (30 gennaio 1948) da un fanatico indù, ostile alla pacificazione religiosa. Gravissimi erano pertanto i problemi che si presentavano al nuovo Stato (Unione Indiana) costituitosi il 15 agosto 1947 sotto la guida di Javaharlal Nehru, il Pandit. Erede spirituale di Gandhi, ma guidato da una concezione politica più moderna e razionale, Nehru aveva evitato già negli anni precedenti di far propri quegli aspetti del pensiero di Gandhi concernenti il rifiuto della civiltà industriale. Il maggiore impedimento alla strutturazione in senso moderno della nuova entità statale era costituito dagli oltre cinquecento Stati principeschi che, sotto il dominio inglese, avevano conservato una notevole autonomia e che l'Indian Independence Act aveva lasciato liberi di scegliere tra l'indipendenza o l'unione all'I. o al Pakistan. Particolarmente difficile si presentò la soluzione del problema del Kashmir, il cui principe indù aveva optato per l'annessione all'I., contro la volontà della popolazione musulmana. Nel gennaio 1950 venne promulgata la Costituzione che sancì la nascita di uno Stato federale repubblicano. Gli immensi problemi di rinnovamento che si posero a un Paese cronicamente povero e in cui un terzo della ricchezza era concentrato nelle mani del 5% della popolazione furono affrontati adottando un sistema socialisteggiante, ispirato al Welfare State, in cui l'iniziativa privata veniva subordinata alla pianificazione statale. L'impegno del regime di Nehru, che avrebbe dovuto costituire una sfida alla via indicata dalla rivoluzione comunista cinese, si concretò in alcuni piani quinquennali che, però, non riuscirono a modificare la situazione del Paese. Già nel 1958 erano stati abbandonati gli ambiziosi programmi di riforma agraria e di pianificazione socialista, mentre il principio del non-allineamento e della "neutralità attiva" riceveva una violenta scossa nel 1962 in seguito al ricorso all'aiuto statunitense, per fronteggiare il conflitto con la Cina per la frontiera tibetana. Nonostante questa involuzione e le contraddizioni del regime, Nehru riuscì sino all'ultimo a caratterizzare la propria opera di governo con uno slancio morale che tenne in posizione secondaria le forti tensioni e le carenze strutturali di un Paese disperatamente povero, sovrappopolato, diviso da particolarismi territoriali, razziali e religiosi. Esse non tardarono a manifestarsi dopo la morte di Nehru (maggio 1964) e l'assunzione della presidenza da parte di Lal B. Shastri. L'asse di equilibrio del Governo si spostò decisamente a destra, rendendo di più difficile soluzione i problemi che attanagliavano il Paese. Ad aggravare la situazione intervenne la disastrosa guerra contro il Pakistan per la questione del Kashmir (settembre 1965), che indebolì ulteriormente l'economia indiana alla vigilia di una carestia di gravissime proporzioni. Le profonde lacerazioni del Paese e del Congresso, e la presenza di tendenze opposte, in lotta per il sopravvento, si manifestarono apertamente in occasione della successione a Shastri, morto improvvisamente nel gennaio 1966. Fu chiamata a succedergli Indira S. Gandhi, figlia di Nehru, che tentò di rilanciare una linea politica riformatrice all'interno e di "neutralismo attivo" in campo internazionale. Mentre il dinamismo del nuovo primo ministro nell'ambito della politica estera non mancò di dare risultati positivi, consentendo all'I. di riguadagnare parte dell'antico prestigio, all'interno vennero al pettine molti dei nodi rimasti insoluti sin dall'indipendenza e i programmi riformatori della Gandhi furono compromessi dalla presenza in vari importanti ministeri di esponenti dell'ala destra del Congresso, mentre il partito veniva abbandonato da uomini di punta della sinistra, tra cui l'ex ministro della Difesa V.K. Krìshna Menon. Frattanto, alle difficoltà economiche, rese più gravi dal vertiginoso aumento demografico, superiore a quello del reddito, si aggiungevano le spinte regionalistiche centrifughe. Si aveva inoltre una ripresa del fanatismo religioso e, sul piano politico-parlamentare, l'indebolimento del Congresso. Nelle elezioni del febbraio 1967 il partito di Governo fu messo in minoranza in 7 dei 17 Stati dell'Unione, scendendo da una percentuale del 75%, ottenuta nel 1962, al 54% dei suffragi. Ancora più negativi furono i risultati delle elezioni parziali del febbraio 1969 a vantaggio della destra e della sinistra comunista, divisa in quattro partiti di diversa tendenza. La proliferazione di raggruppamenti politici, in buona parte legati a interessi settoriali e regionalistici, portarono a un aumento delle spinte centrifughe, minacciando la stessa unità dello Stato. In una situazione estremamente complessa e incerta, Indira Gandhi si risolse ad abbandonare l'iniziale posizione di equidistanza, legandosi all'ala progressista del partito e impegnandosi a fondo nella lotta contro la destra. Morto improvvisamente il presidente della Repubblica, Zahir Husain, si aprì al vertice dello Stato un nuovo campo di battaglia su cui i conservatori, allontanati precedentemente dal Governo, riuscirono, in un primo tempo, a prevalere, designando un loro esponente. Contro il candidato ufficiale del Congresso, Indira Gandhi appoggiò la candidatura del vecchio sindacalista Varahgiri V. Giri che riuscì ad essere eletto nel settembre 1969. Il definitivo abbandono della finzione dell'unità e dell'interclassismo del Congresso mise in piena luce le contraddizioni che minavano da tempo il grande partito indiano, rendendo inevitabile la scissione avvenuta nel novembre 1969. Nel dicembre 1970 Indira Gandhi decise di sciogliere la camera del popolo (Lok Sabha) con un anno di anticipo e di convocare nuove elezioni per il marzo successivo. Il partito di Indira Gandhi riuscì ad ottenere la maggioranza dei due terzi dell'assemblea, mentre nessuno dei vari partiti di opposizione riuscì a conquistare il 10% dei seggi. Il conflitto indo-pakistano del 1971 non intaccò il prestigio del primo ministro che uscì anzi accresciuto dalla vittoria riportata sul Pakistan e dalla costituzione dello Stato-satellite del Bangladesh. Concluso il capitolo della guerra col Pakistan e migliorati i rapporti internazionali, andarono assumendo maggiore importanza i problemi interni, caratterizzati da difficoltà economiche, carestie, e repressioni politiche nei confronti degli oppositori. Nel giugno del 1975 scoppiò una grave crisi politica, in seguito alle accuse di brogli elettorali presentate contro Indira Gandhi e il Partito del Congresso da Raj Narajan, l'avversario battuto da Indira in occasione delle elezioni del 1971. Riconosciuta colpevole di malversazioni elettorali dal tribunale di Allahabad, Indira Gandhi venne condannata a sei mesi di sospensione da ogni pubblico ufficio e la sentenza venne confermata dalla Corte suprema che privò il primo ministro del diritto di voto in Parlamento. All'opposizione che chiedeva le sue dimissioni, il primo ministro rispose assumendo tutto il potere nelle proprie mani. Venne dichiarato lo stato di emergenza, numerosi oppositori arrestati e instaurata la censura sull'informazione. Seguirono poi altre restrizioni, tra cui la messa al bando di tutte le organizzazioni della Destra eversiva, motivata come una necessaria difesa del Governo legittimamente costituito. Contemporaneamente il Governo preannunciò una serie di misure economiche e sociali, primo passo verso il "rinnovamento del Paese" al quale si erano sino allora opposti i gruppi reazionari. Le elezioni del marzo 1977 registrarono una secca sconfitta per il primo ministro. Il nuovo governo Desai restò in carica fino al luglio 1979, anno in cui venne sostituito dal governo di Charan Singh. Quest'ultimo mantenne la carica soltanto fino al gennaio dell'anno successivo quando i risultati delle elezioni anticipate confermarono il successo del partito di Indira, che riassunse la carica di primo ministro. Si aprì così, negli anni '80, una fase politica caratterizzata da una notevole instabilità interna, che si aggravava particolarmente nel Punjab, dove la popolazione sikh insorse rivendicando l'autonomia. Tale rivolta venne duramente repressa nel giugno 1984, ma nell'ottobre successivo Indira Gandhi rimase vittima di un attentato. In tutto il Paese si scatenarono ondate di violenza contro i Sikh. Al premier indiano successe quindi il figlio Rajiv, che iniziò un programma di riforme istituzionali, introducendo una legge "anti-tradimento" per impedire ai parlamentari regionali di passare a pagamento dall'opposizione alla maggioranza o viceversa. I primi provvedimenti del nuovo premier furono diretti ad arginare l'ondata di violenze degli Indù contro i Sikh, che minacciava di assumere gravi proporzioni nel Punjab. Le elezioni generali svoltesi il 4 dicembre 1984 attribuirono a Rajiv e al Partito del Congresso una vittoria storica. Nei due anni successivi la popolarità di Rajiv crebbe grazie ai progressi fatti registrare in economia ma nel 1987 si verificò un'inversione di tendenza, di un diffuso malcontento determinato da vari motivi: un'inflazione molto alta, una disoccupazione allarmante, i disastri provocati dalla siccità e dalle inondazioni e il timore di misure eccezionali per affrontare l'emergenza. Per quanto riguarda la politica estera, nel 1987 si deteriorarono i rapporti con il Pakistan, accusato di fornire appoggi ai terroristi Sikh; solo una visita di Zia Ul-Haq in I. permise di ridurre la tensione accumulatasi fra i due Paesi. Le relazioni con la Cina si fecero meno tese, mentre New Delhi andò assumendo un ruolo delicato nel tentativo di risolvere la difficile situazione dello Sri Lanka. L'appoggio militare offerto da Washington al Pakistan rafforzò le relazioni indo-sovietiche, che avevano mostrato, alla fine del 1986, qualche segno di stanchezza. New Delhi riuscì inoltre a imporsi come punto di riferimento per i Paesi vicini, soprattutto grazie all'invio di truppe nello Sri Lanka, nonché per il mantenimento di una rigida politica verso il Pakistan e per un intervento nelle Maldive. Nel 1989 la politica del premier Rajiv Gandhi perse progressivamente l'appoggio popolare. Il 27 novembre l'elettorato indiano, composto da mezzo miliardo di persone, pose fine a 40 anni di incontrastato dominio governativo della famiglia Gandhi, privando del potere il Partito del Congresso e il suo leader Rajiv. Quest'ultimo presentò le sue dimissioni al presidente della Repubblica Ramawamy Venkataraman. Il Partito del Congresso perse la maggioranza assoluta, ottenendo solo 191 seggi. Successivamente il presidente della Repubblica incaricò Wishwanatah Pratap Singh, 58 anni, leader del Fronte Nazionale che aveva spodestato Rajiv Gandhi, di formare il nuovo Governo. Questi presentò al presidente della Repubblica il suo nuovo Gabinetto, espressione di un eterogeneo schieramento comprendente il Partito di centro Janata Dal (quello del primo ministro), gli integralisti di destra del Bharatyia Janata e i Comunisti. Il 21 maggio 1991 Rajiv Gandhi fu assassinato, presumibilmente per mano delle "Tigri per la liberazione dell'Eelam Tamil", principale movimento per la liberazione dello Sri Lanka. Dopo il rifiuto della moglie italiana Sonia Majno di succedergli, venne eletto alla presidenza del Partito del Congresso il settantenne Narasimha Rao. Nominato, dopo le elezioni di giugno, primo ministro, Rao avviò una svolta radicale nella politica indiana, varando importanti interventi volti a liberalizzare l'economia e iniziando una politica di privatizzazioni. Rimase aperto il problema delle spinte secessioniste (in particolare nel Punjab, che rivendicava la formazione di uno Stato autonomo a base confessionale, e nel Kashmir), aggravato dal fanatismo religioso; la tensione si acuì con il ripetersi, a partire dal 1992, di attentati che sconvolsero il Paese, mentre si diffuse il movimento degli integralisti indù. Intanto, le elezioni politiche tenutesi nel 1991 segnarono una discreta avanzata del Partito del Congresso, il cui leader Shankar Dayal Sharma venne eletto l'anno seguente presidente della Repubblica. Il consenso popolare però era destinato ad avere breve durata: dopo le elezioni del 1993, dalle quali il Partito del Congresso uscì sostanzialmente sconfitto, il 1995 segnò infatti una disfatta elettorale senza precedenti del Partito alle consultazioni regionali e, soprattutto, una diminuzione di consensi nei confronti del primo ministro Rao, determinate dall'aumento del debito pubblico, dell'inflazione e dal conseguente stallo economico. Tale calo di consensi fu confermato dai risultati delle elezioni tenutesi nel 1996, che videro l'avanzata del Bharatiya Janata Party (BJP). Quest'ultimo venne scalzato da un'improbabile coalizione di piccoli partiti conosciuta come United Front, che godeva del sostegno del Congresso. Nel novembre 1997 però, il Congresso negò tale appoggio e, nel 1998, vennero indette nuove elezioni. La vittoria della coalizione guidata dal BJP confermò Atal Bihari Vajpayee primo ministro. Malgrado i rischi connessi a una politica separatista, la posizione tradizionalista hindu del BJP attrasse gli elettori preoccupati di mantenere i valori tradizionali proteggendosi dall'ondata improvvisa delle moderne influenze globali. Si credette che la politica estremista del BJP venisse addolcita dalla presenza di un'ampia gamma di alleati nella coalizione, ma l'ipotesi si dimostrò errata: poche settimane dopo le elezioni vennero iniziati esperimenti per annoverare l'India tra le maggiori potenze nucleari. Malgrado l'indignazione internazionale, i test nucleari vennero accolti con ampio entusiasmo nel Paese e causarono un'ondata di sostegno al BJP. Nell'aprile 1999 Vajpayee perse l'appoggio della maggioranza in Parlamento e si dovette ricorrere a un voto di fiducia che vide sconfitto per un solo voto. Apparve la speranza che Sonia Gandhi, vedova di Rajiv Ghandi, potesse far rivivere la dinastia politica dei Gandhi portando alla vittoria il Partito del Congresso dopo tre anni di disordini; ma il Parlamento indiano fazioso e frazionato non le permise di assicurarsi una coalizione capace di ottenere la maggioranza dei seggi e l'India fu costretta a tornare alle urne elettorali per la terza volta in tre anni. Il risultato elettorale vide nuovamente la vittoria del BJP e la riconferma di Vajpayee primo ministro. A seguito della ripresa degli scontri tra I. e Pakistan nella regione del Kashmir, nel marzo 2000 il presidente statunitense Clinton invitò i due Paesi al dialogo, ottenendo dal primo ministro indiano la rinuncia a compiere altri esperimenti nucleari e a proseguire il riarmo atomico contro il Paese vicino. Nel gennaio 2001 l'I. fu sconvolta da un violentissimo terremoto che provocò migliaia di morti. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 e l'attacco statunitense all'Afghanistan, le tensioni tra I. e Pakistan per la questione del Kashmir si inasprirono: in dicembre un commando suicida composto da 5 uomini provocò la morte di 12 persone (prevalentemente poliziotti) all'interno del Parlamento nella capitale indiana. I. e Pakistan iniziarono a predisporsi per un eventuale conflitto, ammassando truppe al confine. Nel febbraio 2002 si verificò un sanguinosissimo massacro interreligioso: nell'I. occidentale professanti musulmani diedero fuoco a un treno che trasportava indù di ritorno da un pellegrinaggio ad Ayodhya. Nei successivi due mesi più di 800 persone, per lo più di religione musulmana, vennero uccise per vendetta da indù. Nel mese di luglio il Parlamento elesse, con circa il 90% dei voti, lo scienziato in pensione Avul Pakir Jainulabdeen Abdul Kalam presidente del Paese. Nel maggio 2003 il primo ministro Vajpayee, dopo aver avuto contatti telefonici (il primo dopo quasi due anni) con il neo premier pakistano Mir Zafarullah Khan Jamali, annunciò che a breve sarebbero stati riaperti i collegamenti aerei, ferroviari e stradali con il Pakistan. Nel maggio 2003 un'eccezionale ondata di caldo colpì lo Stato dell'Andhra Pradesh, nel Sud-Est dell'I., provocando quasi 400 morti. Nell'agosto dello stesso anno oltre 50 persone persero la vita in due attentati a Bombay, la cui origine venne imputata a gruppi di matrice islamica. Nel successivo mese di novembre venne siglato un accordo di cessate il fuoco per la regione del Kashmir tra il Paese e il vicino Pakistan e, dopo la riapertura dei collegamenti aerei tra i due Paesi, nel gennaio 2004 iniziarono le trattative tra il Governo indiano e i separatisti moderati del Kashmir. Nel mese di maggio si tennero le elezioni generali, vinte a sorpresa dal Partito del Congresso fino ad allora all'opposizione. Nonostante a capo del partito ci fosse Sonia Gandhi, vedova di Rajiv e nuora di Indira, ella rinunciò all'incarico di primo ministro perchè le sue origini italiane avrebbero potuto provocare tensioni all'interno del Paese. Al suo posto venne eletto Manmohan Singh, un economista che, nei primi anni Novanta, era stato ministro delle Finanze. Il 26 dicembre 2004 l'I. meridionale - in particolare lo Stato del Tamil Nadu e le Isole Andamane e Nicobare - fu colpita da un devastante tsunami che causò migliaia di vittime e di dispersi. Il maremoto, provocato da un forte sisma di magnitudo 9 della scala Richter con epicentro al largo della costa nord-occidentale dell'isola di Sumatra, interessò molti Stati del Sud-Est asiatico. Nell'aprile 2005, per la prima volta dopo 58 anni, un mezzo di trasporto (ribattezzato "bus della pace") attraversò il Kashmir, collegando la zona pakistana con quella indiana. In luglio l'I. strinse uno storico accordo sul nucleare con gli Stati Uniti: per la prima volta il presidente Bush e il premier indiano Singh stabilirono che i due Paesi condividessero le loro conoscenze tecnologiche sul nucleare, a scopo civile. Nello stesso mese l'Ovest del Paese fu devastato da abbondanti piogge monsoniche: il bilancio fu di un migliaio di vittime a Bombay e nelle zone circostanti. L'8 ottobre un catastrofico terremoto di magnitudo 7,6 della scala Richter, con epicentro nel Kashmir pakistano (dove vi furono oltre 70.000 morti), provocò circa 1.000 vittime nel Kashmir indiano. Il 29 ottobre un triplice attacco dinamitardo in tre mercati di New Delhi causò 62 morti e 210 feriti. L'atto terroristico fu successivamente rivendicato dal più temuto gruppo separatista del Kashmir, Lashkar-e-Tayyaba, proprio nel momento di apertura del dialogo tra I. e Pakistan per la decennale questione del Kashmir. Nel 2006 si verificarono altri gravi fatti di sangue: a marzo 14 persone persero la vita durante un pellegrinaggio indù nella città sacra di Varanasi a causa dello scoppio di una bomba; a maggio 35 indù vennero uccisi nel Kashmir indiano da un gruppo di presunti estremisti islamici.
Il Mahatma Gandhi

Una sequenza del maremoto abbattutosi nel Sud-Est asiatico


LETTERATURA

Letteratura antica: la letteratura antica inizia con i Veda (secc. V-IV a.C.), testi sacri che costituiscono i primi documenti, generalmente poetici, del pensiero religioso indiano. La composizione dei Veda avvenne durante un periodo molto lungo, detto "periodo vedico", che si chiuse con la produzione dei Brāhmana (trattati liturgici, quasi interamente in prosa sulla scienza sacrificale) e delle Upanisad (meditazioni sull'Essere supremo, sull'Io e sul mondo esterno). In seguito si affiancarono i Vedānga (sull'interpretazione del rituale solenne e privato) e i Sūtra (regole) che, composti tra il 500 e il 200 a.C. con scopi didattici, ma di difficile comprensione, comprendono tutto il sapere del tempo. Più tardi nell'ambiente degli ksatriya, la nobile casta dei guerrieri, venne elaborata, ad opera di cantori di corte, una vasta materia eroica che prese forma, a partire dal IV sec. a.C., nel Mahābhārata (110.000 strofe circa, distribuite in 18 libri, contenenti da un massimo di 14.000 strofe a un minimo di 312). Tema centrale è la rivalità tra Kuruidi e Panduidi, figli di Pandu, ma accanto ai temi narrativi, riguardanti le imprese belliche dei discendenti di Bhārata, trovano sviluppo argomenti religiosi, cosmogonici, didattici, di ordine amministrativo e statale. Altro grande poema epico, attribuito a Valmiki, è il Rāmāyana (24.000 strofe distribuite in 7 libri), meno vasto del precedente, ma più unitario e letterariamente più stilizzato. L'opera, incentrata sulle vicende di Rāma, incarnazione dell'ideale della virilità guerriera, risulta, come il Mahābhārata, ricca di temi estranei al racconto principale. Alla letteratura epica si affiancano i Purāna, voluminose opere didattiche, composte con finalità religiosa, volte ad esaltare una divinità (Visnu, Sīva o Brahmā) o qualche luogo sacro. Esse, connesse all'epica per il contenuto e per il carattere enciclopedico, comprendono un totale di 18 libri. Nel periodo successivo si assiste a un oscuramento della produzione letteraria in sanscrito sostituito nelle corti indiane dal pracrito, cioè dalla lingua volgare. La rinascita della lingua sanscrita, affrancata dagli schemi codificati da Pānini (secc. V o IV a.C.), si afferma nello stile letterario del Kavya (poema epico in stile ornato), diventando forma espressiva di letteratura profana. La grammatica di Pānini fornisce quindi gli schemi alla nuova letteratura epico-artistica; la ricercatezza formale e l'andamento epigrammatico della narrazione sono gli elementi fondamentali del nuovo stile letterario. Il maggior rappresentante di questo periodo "classico" è Kālidāsa (secc. IV-V d.C.), autore di due poemi: Kumāra sambhava (La nascita del dio della guerra) e Raghuvamsā (La stirpe di Raghu), opere che rivelano entrambe l'importanza data all'artificiosità della forma, più che alla forza dei concetti. Non manca in I. una letteratura storica, sebbene questa, per un complesso di ragioni di carattere sociale (sistema castale) e religioso (persistente attaccamento al divino alla cui luce vengono interpretati gli avvenimenti umani), si presenti scarna e poco coltivata. Essa ha il suo punto di riferimento nel Rājatarangini (Fiumana dei re) di Kalhana, che porta il genere storico alla sua più alta manifestazione. Si tratta di un'opera voluminosa (7.826 strofe divise in 8 capitoli), composta nel 1149-50, in cui la storia del Kashmir è narrata dalle origini fino al regno di Jayasimha, cioè ai tempi dell'autore, con imparzialità di esame e utilizzando tutte le fonti disponibili. La lirica domina tra i generi letterari più rappresentativi e antichi della letteratura sanscrita. I temi sono quelli dell'amore e della contemplazione della natura. Tale produzione comprende sia una lirica raffinata scritta in sanscrito, sia una lirica popolare in dialetto, che fiorisce spontanea e anonima nella città e nel contado. Il primo e più autorevole poeta lirico indiano è ancora Kālidāsa con i due poemetti Rtusamhāra (Descrizione delle stagioni) e Megadūta (La nuvola messaggera). Nell'ambito della lirica erotica indiana, il più famoso rappresentante è Amaru, autore dell'Amarusātaka (La centuria di Amaru), opera assai spesso citata nei trattati indiani di retorica. Il poeta, di cui come per Kālidāsa mancano dati biografici certi, visse approssimativamente a cavallo tra il VII e l'VIII secolo. Grande sviluppo ha avuto in I. anche la letteratura gnomica, che manifesta talvolta una schietta intonazione lirica. Importante la raccolta di Cānakya, autore del più famoso trattato di scienze politiche dell'I. antica, il Cautiliyārthasāstra, mentre nel genere didattico-antologico primeggia il Kuttanīmata (Gli ammaestramenti della mezzana) di Damodaragupta, un trattato poetico di pornografia a cui viene attribuita una finalità educativa e moralistica. Il genere antologico ebbe grande fortuna in I. e continua anche ai giorni nostri. Di particolare interesse è l'antica favolistica indiana. In componimenti dotti si rivela, sotto la veste esteriore del racconto, ora l'intento religioso e morale, ora quello pedagogico e didattico, ora l'insegnamento politico. Il Pañcatantra (Il testo in cinque parti) è la più importante raccolta di favolistica didattica, dove predominano storie di animali, volte all'educazione e all'istruzione politica dei giovani principi. Al contrario della favola, la novella ha un'origine popolare; in essa il fine è quello di intrattenere divertendo. L'esempio più alto è rappresentato dal Brhatkatha (Il grande racconto), il cui originale andato perduto sopravvive in rifacimenti dei secc. VIII o IX d.C. Il dramma indiano infine, è fra i più antichi generi letterari e presenta alcune caratteristiche peculiari: è diviso in atti, non presenta scene di violenza, i personaggi di elevata condizione parlano sanscrito, quelli di condizione inferiore e le donne parlano pracrito, si alternano in esso la prosa (nel dialogo) e la poesia (nelle parti liriche e descrittive). Il teatro ebbe grandi rappresentanti, prima in Bhāsa e Asvaghosa, poi in Kālidāsa, autore della Sakuntalā, pietra miliare nella storia del dramma letterario e opera molto nota anche in Occidente. ║ Letterature moderne: tra le letterature più recenti, quella in lingua tamil, le cui origini storiche risalgono ai primi secoli dell'era cristiana, nasce come letteratura profana. L'influsso occidentale è andato aumentando recentemente soprattutto nel teatro e nella narrativa. I tentativi dei nazionalisti, volti a limitare le parole indoarie e straniere, non sono valsi ad avvicinare la lingua letteraria a quella parlata dalle masse. Tra il 1930 e il 1940 è sorto un movimento letterario per opera di C. Viruttacalam di rinnovamento del Talminad che propugna di inframezzare al tamil letterario la fraseologia e il lessico dell'idioma parlato. Uno dei più grandi autori moderni tamil è S. Bhāratī (1882-1946) le cui opere migliori sono quelle religiose, in particolare il Kannan-Pāttu (Odi in onore di Krsna), canti che trattano temi tradizionali con sincerità e originalità. La produzione letteraria continua abbondante sino ai nostri giorni, non solo in tamil, ma anche in altre lingue dravidiche (malayalam, telugu, canarese). Tra queste la più diffusa è la letteratura telugu, che ha il suo poeta più antico in Nannayya Bhatta e che per molti secoli subì l'influsso della cultura sanscrita. A partire dal XIX sec. gli scrittori telugu sono stati fortemente influenzati dalle letterature occidentali, conosciute per mediazione della letteratura inglese. La letteratura telugu conosce una svolta importante con K. Viresalingam Pantulu (1848-1919), che introdusse nelle sue opere teatrali la lingua parlata e ne volle l'estensione a tutti i generi letterari dando luogo a una controversia non ancora conclusa. Le letterature indoarie (bengālī, oriyā, assamese, hindī, urdū, gujarātī, marāthī) sorgono in gran parte intorno al 1000 d.C., in seguito alle invasioni musulmane e alla frammentazione politica e culturale, causata da esse. I generi letterari della moderna letteratura bengālī sono stati condizionati dall'opera di R. Tāgore (1861-1941) che venne insignito nel 1913 del premio Nobel ed è considerato il più grande poeta lirico bengalese insieme a Candīdās (sec. XV). Tāgore ha acquistato fama internazionale come poeta drammaturgo e romanziere, e in particolare per i suoi racconti brevi, ma la maggiore eredità lasciata alla tradizione letteraria del suo Paese è stata la semplificazione della lingua bengālī e la creazione di uno stile molto vicino alla lingua parlata. Importanti sono anche Bankim Chandra Chatterji (1838-1894) che, considerato il padre del romanzo bengalese, darà l'avvio a una moderna letteratura, introducendo nei suoi romanzi, di argomento prevalentemente storico, idee nazionalistiche e Sarat Chandra Chatterji (1876-1938), autore di una serie di opere in cui sono descritti, con acuta analisi psicologica, aspetti della vita bengālī. Infine Bibhūti Bhūshan Banerjī (1898-1950) deve la sua fama ai suoi romanzi, di cui Pather Pañcālī (Il canto della strada) ha avuto anche una versione cinematografica. Fra i prosatori moderni in lingua hindī primo fra tutti è Prem Chand (1880-1937), ricordato per il suo celeberrimo Godān (Il dono della vacca), a cui deve la sua più feconda affermazione. Sfondo comune alle sue opere è l'ambiente contadino del suo Paese, cui segue la denuncia dei mali endemici della società indiana. Significativi sono anche i suoi racconti brevi, nei quali è evidente l'influsso di modelli europei (per es. Maupassant). Oltre a Prem Chand figure di discreto rilievo sono Jainedra Kumar, noto per il romanzo Sunitā, in cui affronta il tema della sessualità femminile e Lal Varma, i cui romanzi storici lo hanno fatto definire "il Walter Scott della letteratura hindī". In Occidente, infine, grande successo ha ottenuto la letteratura prodotta da autori indiani in lingua inglese, tra cui attualmente spicca Salman Rushdie, che ha ottenuto con i suoi romanzi I figli di Mezzanotte e La vergogna, tradotti in italiano rispettivamente nel 1984 e nel 1985, grande notorietà. Nel 1989 l'ayatollah Khomeini chiese per l'autore la condanna a morte a causa della pubblicazione del libro Versi satanici, giudicato blasfemo nei confronti della religione musulmana.

ARTE

L'arte indiana, creazione anonima di artisti specializzati, caratterizzata da una personalissima visione architettonica e plastica, animata da un profondo senso del divino e, insieme, da un'attenta indagine della natura umana e da una vivace sensualità, si sviluppò, con una notevole coerenza stilistica basata sulla forza della tradizione, per oltre due millenni, dando origine a scuole e tendenze diverse e diffondendosi, in concomitanza con il buddhismo, per tutto l'Oriente, dall'Iran al Tibet, dall'Asia centrale alla Cina, al Giappone, fino a Giava e a Bali. Tracce di culture paleolitiche sono attestate nel Punjab, nel Deccan e lungo il Gange. Dal 2400 al 1500 a.C. circa, si ebbe la straordinaria fioritura della civiltà dell'Indo, nota soprattutto con il nome dei due centri maggiori, Harappa e Mohenjo-Daro, che conservano resti di mura, di edifici residenziali e di una complessa rete di strade e di fognature; tra i reperti più interessanti, alcuni sigilli in steatite con raffigurazioni di animali o di esseri fantastici e statuette di notevole vigore plastico. Dopo l'invasione di popolazioni di stirpe aria (1500 a.C. circa), seguì il cosiddetto periodo vedico (VI sec. a.C.), ricco di fermenti religiosi e letterari, ma poverissimo dal punto di vista artistico (bastioni di Rajagriha). Nel periodo detto antico (VI sec. a.C. - IV d.C.) si ebbe una splendida fioritura artistica, dovuta al mescolarsi di elementi persiani ed ellenistici con le tendenze proprie dell'I. e alla diffusione del buddhismo. Alla dinastia Maurya risalgono i primi caratteristici stupa (tumuli commemorativi e simbolici nei quali erano conservate le reliquie dei vari Buddha), i primi monasteri in legno e i sacrari rupestri di Gaya, Sudama, Lomasa, e numerose colonne sormontate dalla figura di un animale. Sotto i sovrani Sunga e Andhra iniziarono i primi contatti con l'Impero di Roma e la diffusione dell'arte indiana in Estremo Oriente; sono di questo periodo gli stupa di Bharhut, Bodhgaya e Sanchi, con i portali in pietra istoriata (torana), numerosi sacrari (kaytia) e i monasteri rupestri di Yunnar, Ajanta, Ellora, ecc. Tra il I e il IV sec., sotto la dinastia Kusana, si manifestarono varie tendenze: a Ovest l'arte del Gandhara, caratterizzata da influssi ellenistici, nel Nord l'arte Mathura, che sviluppò un linguaggio formale prettamente indiano, prima vera espressione dell'arte classica. Durante il periodo classico (IV-X sec.), sotto la dinastia Gupta, l'arte e la civiltà indiane raggiunsero perfezione e raffinatezza. L'architettura si adattò alle nuove esigenze della struttura in pietra, realizzata in prevalenza con il sistema architravato; accanto al tempio buddhista (Sahet Mahet, Sarnath, Sanchi) si sviluppò quello indù (Nandagarh, Lad Khan). Notevoli anche la scultura e la pittura delle grotte sacre (Ajanta). Nei secoli successivi l'arte mostra varie tendenze a seconda delle varie regioni dominate dalle dinastie successe al crollo dei Gupta (templi di Kanchi e di Mamallapuram). Nel periodo medievale (X-XIII sec.) sorsero templi grandiosi con uno straordinario numero di sale. Movimento ed espressività accentuati caratterizzano la scultura, soprattutto quella di bronzo. Nel periodo indo-islamico (XIV-XIX sec.), al primo momento dell'invasione islamica in I., durante il quale la civiltà hindú si fossilizzò sotto il predominio culturale musulmano, soprattutto nelle regioni dell'Indo e del Gange, seguì un periodo di vivace reazione indigena, caratterizzato dal ritorno alle tradizioni del Medioevo pre-islamico o dalla valorizzazione dell'arte popolare, fino a quando (XVI sec.) la dinastia Moghul portò alla fusione delle due culture. In pittura si svilupparono la scuola moghul, di tendenze auliche e di stile indo-persiano, e quella rajput, di ispirazione religiosa e popolare. Nel periodo moderno, verso la fine del XIX sec., la scuola del Bengala e l'opera di Tagore portarono ad un deciso tentativo di riforma, che si oppose al predominio e all'imitazione di forme occidentali, con un ritorno alle tradizioni dell'arte nazionale, senza tuttavia ottenere risultati validi e definitivi, soprattutto per quanto riguarda l'architettura. Tra i pittori moderni i più notevoli sono: Roy Chowdari, Roy, Amrita Sher Gil, Newton Souza, Husain; tra gli scultori: Das Gupta, Kar, Chauduri, Bhagat.

MUSICA

La musica fu sempre tenuta in grande considerazione in I. Nel Paese sono sorte due scuole: Hindusthani (musica del Nord) e Karnati (musica del Sud), che si differenziano per tendenze e per terminologia, ma che hanno in comune lo stile omofono e le basi dell'armonia. La scrittura musicale è composta da segni sillabici. Caratteristici della musica indiana sono i raga, modi indicanti l'ordine di intervalli della scala e l'uso di eventuali alterazioni di un grado.
Delhi: sepolcro di Humayun (XVI sec.)

Il mausoleo del Taj Mahal di Agra, capolavoro dell'achitettura Moghul

Bombay: il municipio

La moschea Chandan Pura a Chittagon (Bangladesh)

Risaie nei pressi di Dacca

Calcutta: il ponte metallico di Howrah