Arte di tracciare un disegno scavando sopra una superfice dura, legno pietra e
metallo in genere. Vi sono
i. a carattere propriamente creativo ed altre
effettuate con lo scopo di riprodurre un soggetto già esistente; le prime
sono vere e proprie manifestazioni artistiche, in quanto la creatività
dell'incisore non è condizionata da alcuna limitazione; le seconde, per
quanto valide tecnicamente devono essere considerate come copie di un'opera
preesistente. Si distinguono
i. in cavo e
i. in rilievo a seconda
del procedimento usato per stampare il disegno inciso. Nelle
i. in cavo
l'inchiostro che provvede alla stampa penetra nei solchi, quindi per mezzo di un
torchio calcografico il disegno viene riprodotto sulla nuova superficie che di
solito è metallica. Dal punto di vista artistico questo è il
sistema più valido, poiché il metallo garantisce un effetto
durevole nel tempo e graficamente ineccepibile. Nelle
i. a rilievo la
stampa avviene con procedimento tipografico e si applica generalmente su legno o
su carta, ottenendo xilografie, linoleografie, ecc. Le
i. in cavo,
chiamate calcografie dall'uso che richiedono del torchio calcografico, seguono
diverse tecniche: il bulino, la maniera nera, l'acquaforte, l'acquatinta, ecc.
Vi è inoltre un terzo procedimento di stampa: la litografia. A questo
genere fotomeccanico appartengono le zincografie, le eliografie, le
cromolitografie, ecc. Un'ultima distinzione si può stabilire a proposito
delle
i. su metallo, a seconda che la loro esecuzione riguardi
esclusivamente la pressione della mano, con bulino e punta secca, oppure si
valga dell'aiuto di corrosivi, come nel caso delle acqueforti. I colori a loro
volta vengono applicati in due maniere tradizionali: col primo sistema si tira
una sola matrice contenente tutte le particolarità cromatiche desiderate,
col secondo si hanno a disposizione parecchie matrici ognuna delle quali
è portatrice di un solo colore. In quest'ultimo caso è buona
regola provvedere prima alla stesura delle tonalità più chiare,
tirando infine le matrici che contengono i toni più scuri. Se ben usato
questo secondo mezzo di colorazione permette una straordinaria raffinatezza
cromatica. È praticamente accertato che le prime
i. furono in
legno. Questo materiale rispondeva assai bene all'insufficienza tecnica di
quella fase sperimentale che ebbe inizio intorno al XV sec. per affermarsi
immediatamente come nuova forma d'arte. In questo rapido processo evolutivo ebbe
grande importanza la tecnica fino ad allora usata per incidere le monete ed i
sigilli dei nobili. Il primo sistema veramente innovatore fu studiato e messo a
punto da Ugo da Carpi, che si premurò di farlo brevettare presso il
senato veneto nel 1516. Si trattava di un processo a matrici sovrapposte, noto
sotto il nome di tecnica a "chiaroscuro". La comparsa delle
i. su metallo
fu quasi contemporanea alla scoperta stessa della nuova arte. G. Vasari, nella
sua minuziosa cronaca di quei tempi, ne fa risalire l'origine agli orafi
fiorentini del XV sec., precisamente a M. Finiguerra. Certo la prima opera di
indiscutibile valore artistico eseguita su metallo risale al 1470, ed è
il
Combattimento d'ignudi o
Combattimento mitologico, a firma di
Antonio del Pollaiolo. Il maestro vi usa una tecnica superbamente elaborata,
tale da richiamare nell'effetto superficiale le soluzioni decorative usate in
oreficeria. La mano dell'autore comunque ha saputo distinguersi nettamente dal
tratto infittito degli orafi e si è distesa in una rappresentazione di
ariosa efficacia drammatica. Il più grande incisore che seguì il
Pollaiolo fu Andrea Mantegna, cui si attribuiscono in questo campo sette lavori
eseguiti a bulino con una perfezione tecnica in precedenza sconosciuta. In opere
come la
Madonna con bambino e il
Cristo risorto non si può
più parlare di derivazioni, né riferendosi ad un collegamento con
gli orafi fiorentini, né a proposito dell'archetipo del Pollaiolo.
Mantegna figura come un innovatore, le linee sono asciutte, la ricerca del
decorativo è assente: l'
i. si propone come un'arte totalmente
autonoma, esente ormai da qualsiasi legame pittorico. Nel XV sec. un ruolo di
primo piano esercitò il bolognese Marcantonio Raimondi, assurto a grande
popolarità per le sue perfette riproduzioni di Raffaello. Raimondi fu il
promotore di una iniziativa, quella appunto delle riproduzioni, che doveva
propagarsi con successo sempre crescente: un metodo che non conobbe pause o
concorrenza fino all'avvento della fotografia. Accanto all'opera di Raimondi,
che aveva condizionato col suo lavoro tutte le
i. del primo Cinquecento,
proseguì anche l'attività degli artisti "originali", cioè
di coloro che creavano direttamente il soggetto dell'
i. Appartengono a
questo periodo esecuzioni di Villamena, A. Carracci, Schiavone e soprattutto
Parmigianino, incisore di primo piano nella storia dell'arte italiana.
Abbandonata la tecnica del bulino egli si dedicò allo studio delle
acqueforti raggiungendo vertici di suggestione artistica. La
Santa Taide
è tra le sue opere di più intensa ispirazione sia per il dettato
emotivo che per l'esecuzione. Nell'arco del XVII sec. incisori di un certo
rilievo furono G.B. Castiglione, J. Ribera, P. Testa e Stefano della Bella.
Più fertile ed in taluni autori addirittura splendida la creazione di
i. nel XVIII sec. Essa ebbe il suo centro illuminante a Venezia con
l'attività di tre grandi artisti: Canaletto, Tiepolo e Giovanni Battista
Piranesi. Di Tiepolo si ricordano i
Capricci, pieni di luce, quasi arsi
in una nitidezza di taglio che conferisce armonia e spazio ad ogni figura
dell'
i. Di Piranesi sono note le Vedute di Roma eseguite tra il 1745 e il
1778, mentre il Canaletto fissò la sua attenzione creativa soprattutto su
paesaggi veneziani. Verso il XIX sec. emersero i nomi di G. Volpato e F.
Bartolozzi ed in seguito tennero alta la tradizione italiana L. Calamatta, G.
Fattori, P. Mercuri, B. Pinelli e L. Rossini. Tra i contemporanei sono notevoli
le opere di Viviani, Bartolini e Morandi. In Germania il massimo incisore
tedesco fu A. Dürer. Egli predilesse il rame, forse il metallo che
più si presta alle
i., e riuscì a mantenere caratteristiche
non dissimili dalla sua opera pittorica. È nota l'intensità di
alcuni suoi autoritratti; vigore espressivo che mantenne anche nelle
i.,
numerosissime ed essenziali nell'opera complessiva di questo autore. Imponente
è la realizzazione di una
i. eseguita su legno intorno al tema
dell'Apocalisse. Altri incisori tedeschi di questo periodo furono Holbein il
Giovane, di cui è nota una macabra
Danza della morte, A. Altdorfen
e L. Cranach di cui si ricorda
Principe sassone. Nel XVII sec. nomi di
prestigio furono quelli di A. Elsheimer, F. Roos, oltre a Sadeler e Kilian. In
seguito la scena fu dominata dal pregevole acquafortista D. Chodowiecki, fino
all'avvento dei quasi contemporanei Lieberman, Nolde, dell'austriaco Kokoschka e
dello svizzero Klee, che iniziò la sua attività proprio agli inizi
del nostro secolo. Nei Paesi Bassi il primo incisore di grande fama fu Luca di
Leida, le cui scene bibliche vivono di un'intensità struggente e
drammatica. Ma il più grande studioso di tecniche nuove fu Rubens, il
quale, senza praticare direttamente questo tipo di arte, le permise di
raggiungere quei livelli esecutivi che hanno reso famoso il suo Paese come uno
dei più fecondi nel campo delle
i. Si ricordano i nomi di A. van
Dyck, Rembrandt, Israels e dello stesso van Gogh. Nell'opera
Resurrezione di
Lazzaro Rembrandt offre la misura dei progressi tecnici cui era giunta
l'arte incisoria nel suo Paese: il gioco chiaroscurale è eseguito in modo
abbagliante, la figura di Lazzaro in piena luce contrasta con l'ambiente
circostante così da apparire oggetto totale dell'attenzione di Cristo. La
Francia non vanta grandi tradizioni nel campo delle
i. Il suo primo
rappresentante di rilievo, G. Tory, operò intorno al XVI sec. ma la sua
tecnica fu priva di personalità, rimanendo troppo collegata ai lavori dei
maestri italiani, fin quasi a sfiorarne l'imitazione. Nel XVII sec. si ebbero
due ottimi ritrattisti quali J. Callot e J. Bellange, poi, fino all'avvento
degli Impressionisti, tutti più o meno dediti all'
i., il solo nome
di rilievo fu Ch. Méryon, assai abile nella composizione delle
acqueforti. Anche l'Inghilterra è priva di una vera tradizione. Vanta
comunque un grande maestro del XVII sec., L. Siegen, che sviluppò nuove
tecniche incisorie e mise a punto il sistema detto "maniera nera", carico di
effetti suggestivi. Nel XVIII sec., si ebbero buoni riproduttori. Degno di nota
per le sue stampe satiriche fu W. Hogarth. Altro innovatore fu T. Bewick che si
impose con la xilografia. Particolare è la posizione della Spagna, che,
pur priva di tradizioni, annovera col nome di Goya un grandissimo maestro la cui
originalità pittorica si trasmise perfettamente anche nelle
i.
Pablo Picasso inoltre non ha disdegnato un suo impegno in questo campo. Fra i
Paesi extraeuropei maggiori tradizioni vanta il Giappone. La conoscenza di
questa arte ha forse derivazioni cinesi che risalgono all'VIII sec. Le
più antiche stampe conosciute sono comunque datate intorno al XIII - XIV
sec. Il primo grande sviluppo dell'i. giapponese si ebbe con Monorobu il quale
influenzò tutta la produzione fino al XVIII sec. Hiyonobu fondò la
famosa scuola dei Torii e colorando a mano le scene più drammatiche delle
sue opere fu l'antesignano di una tradizione mai sopita nell'ambito delle arti
giapponesi ed orientali in genere. Verso il XIX sec. si ebbero artisti di
rilievo con Utamaro, Hiyonaga e Toyokumi, cui seguirono le personalità di
Hokusai e Hiroshige. Degli Stati Uniti si ricordano le acqueforti di J. Mc Neill
Whistler, molto ricercate quali elementi decorativi. • Chir. - Taglio
metodico di tessuti (pelle, muscoli) per mezzo di vari strumenti chirurgici
(bisturi, forbici, galvanocauterio) ai fini di aprire un ascesso o fare una
qualsiasi operazione. Si può ricorrere all'
i. per operazioni molto
semplici, quali ad esempio la rimozione di corpi estranei dal tessuto
sottocutaneo (spine, schegge, ecc.) o per permettere la fuoriuscita di pus da
piaghe o per rimuovere porri, coaguli superficiali, ecc. o viceversa farne uso
in pratiche chirurgiche più complesse, più comunemente per adire
alle grandi cavità interne e procedere ai più vari tipi di
interventi. Soprattutto per quest'ultima utilizzazione della pratica
dell'
i., nella quale evidentemente le cicatrici testimoni dell'intervento
saranno più marcate ed estese, la pratica comune consiglia, se possibile,
di procedere alle
i. in zone che le possano nascondere il più
possibile e cioè nelle pieghe della pelle, nelle fossette, lungo i
contorni degli organi interni o dei segmenti assili, in zone ombreggiate o
ricoperte da peli ecc.