Condizione di un essere non soggetto a corruzione e a disfacimento e destinato
perciò a vivere per sempre. ║ Durata eterna nella memoria umana,
fama imperitura. Molte
concezioni religiose e filosofiche affermano
l'
i. dell'anima individuale. • Rel. - Nelle religioni primitive,
l'
i. è concepita come una continuazione, nell'aldilà, della
vita terrena; ciò è attestato dai corredi funebri (deposizione di
vivande e di oggetti d'uso presso la tomba del defunto) o da alcune usanze, come
lo spezzare le gambe al cadavere per evitare il suo ritorno tra i vivi. Nelle
società in cui è sviluppato e sentito il legame consanguineo e
familiare, è frequente l'idea che l'anima del morto rinasca nei suoi
discendenti (Eschimesi, Australiani), costituendo in tal modo il genio immortale
della famiglia. Sin da fasi assai primitive di civiltà si tende a
distinguere la sorte, dopo la morte, di individui preminenti (capo, stregone,) e
della gente comune: nasce così l'idea di un
giudizio che decida
sull'
i. dell'anima. A persone eccezionali sarebbe riservata una sorta di
i. divina. Tale differenza si ritrova nelle religioni dove ci siano
pratiche rituali o di iniziazione; la differenza tra i vivi iniziati e i non
iniziati si proietta nell'aldilà, dove ai primi è riservato un
destino migliore. Allo stesso modo, in altre religioni, come quella greca e
quella germanica, la vita degli inferi è rappresentata come una vita
diminuita, scialba ed esangue, mentre agli eroi è riservato un
aldilà eccezionale (Isole Beate per i Greci; Walhalla per i Germani).
Nelle religioni più evolute eticamente, la condizione diversa
nell'aldilà è legata alla perfezione raggiunta nella vita terrena,
perfezione che spesso non è raggiungibile in un solo ciclo vitale: si
perviene così all'idea della reincarnazione (brahmanesimo, mazdeismo,
orfismo greco). La teologia cattolica sostiene l'
i. dell'anima,
correlativa a quella di resurrezione. • Filos. - Platone e Aristotele
posero le basi della dottrina dell'
i. dell'anima, il cui fondamento
poggia principalmente sul concetto di anima come sostanza, cioè come
principio autonomo, indipendente dal corpo, e sulla sua natura semplice e
incorporea. La teoria che l'anima sia principio e causa di vita (Platone) e che
possa esplicare attività intellettuali e morali, indipendentemente dal
corpo (Aristotele), costituisce il fondamento di tutte le successive prove
dell'
i. dell'anima, quali si trovano nella tradizione patristica,
scolastico-tomista e nella filosofia moderna (Cartesio, Leibniz). Kant ha
affermato l'
i. dell'anima formulando una prova morale: il raggiungimento
della perfezione è conseguibile solo in un processo infinito; è
necessario dunque postulare un'anima immortale perché abbia senso la vita
morale.