(dal greco
eikón: immagine e
klásis: rottura).
Eresia che si diffuse nell'Impero bizantino nei secc. VIII e IX. Pur
riconoscendo il culto di Cristo, della Vergine e dei santi ne voleva impedire la
raffigurazione e il culto delle immagini e si propose la distruzione delle
stesse. Nel 726 l'
i. venne dichiarata dottrina ufficiale da Leone III
l'Isaurico, imperatore d'Oriente, allo scopo di combattere l'idolatria diffusa
tra le popolazioni dell'Impero. Il fine religioso, tuttavia, nascondeva un
preciso interesse politico, consistente nel tentativo di abbattere la potenza
dei monaci orientali, i quali difendevano strenuamente il culto delle immagini
(iconodulia). L'
i., approvata dal Concilio di Costantinopoli (730),
obbediente a Leone III, fu condannata da Gregorio III che nel Concilio di Roma
(731) lanciò la scomunica contro i persecutori delle immagini. La chiesa
romana impedì, anche con la forza, la diffusione di questa dottrina in
Occidente, appoggiandosi ai Franchi. Il successore di Leone III, Costantino V
Copronimo, adottò ulteriori misure contro l'
i. Eletti alcuni
vescovi a lui favorevoli, convocò a Hieria, sul Bosforo, un concilio che
si propose di abbattere tutte le immagini religiose (754), e vietò il
culto dei santi e della Madonna. I monaci furono perseguitati e parzialmente
sterminati, a causa della loro accanita resistenza; i possedimenti dei monasteri
furono confiscati per essere distribuiti all'esercito, in premio della sua
fedeltà all'imperatore. Il partito iconoclasta riprese il sopravvento con
Leone V (813-820) che continuò le persecuzioni, terminate solo con
Teofilo (842). La sua vedova Teodora, reggente in nome di Michele II,
ristabilì il culto nel Concilio di Costantinopoli dell'843. L'
i.,
con le sue lotte, contribuì ad acuire il divario tra Chiesa d'Oriente e
d'Occidente.