Stats Tweet

Hölderlin, Friedrich.

Poeta tedesco. Compagno di studi di Hegel e Schelling e allievo, a Jena, di Fichte e di Schiller, rinunciò all'ufficio di pastore entrando a servizio come precettore del banchiere Gontard di Francoforte. L'amore ricambiato per la moglie di questi, Suzette, ispirò al poeta numerose liriche, nelle quali la donna fu cantata con il nome di Diotima; ma esso non mancò di provocare contrasti con Gontard che, nel 1798, lo costrinse ad abbandonare la propria casa. Negli anni successivi, precettore a San Gallo e poi a Bordeaux, costantemente assillato da necessità economiche, impossibilitato a pubblicare le proprie opere, H. cominciò a manifestare segni di un profondo turbamento psichico che, aggravatosi alla notizia della morte della donna amata, lo costrinse al ricovero a Tubinga come infermo mentale. Affidato nel 1807 alle cure di un falegname nella stessa Tubinga, vi rimase fino alla morte, scrivendo versi in stile ormai desueto e antiquato, in uno stato di calma ma definitiva demenza. La prima opera di H. fu un romanzo epistolare, Iperione o l'eremita in Grecia (prima stesura 1793; redazione definitiva 1797-1799): aspirazione alla libertà, amore, profetismo, desiderio di redenzione si intrecciano nella narrazione, intessuta in una sapiente prosa ritmata. La stessa vocazione al ruolo di educatore del popolo, l'identico anelito a sacrificarsi per il bene dell'umanità tornano nella tragedia in versi, incompiuta, La morte di Empedocle (1797-1799). Tuttavia, la grandezza di H. si manifesta soprattutto nei versi, di iniziale imitazione schilleriana ma presto autonomi da qualsiasi influenza ed espressi in un linguaggio originale ed estremamente personale. Fra i più celebri componimenti, scritti fra il 1800 e il 1802, sono Tramonta, bel sole; Fantasia serale; Ricordo; gli inni Come in un giorno di festa, L'unico, Il Reno e La migrazione. Gli ultimi versi, in molti casi solo frammenti di composizioni più ampie, risultano sempre più enigmatici e visionari, al limite dell'incomprensione. La lirica hölderliniana, nettamente isolata nel panorama settecentesco e ottocentesco, ha trovato una giusta collocazione e un'attenta rivalutazione solo nel XX sec. Nelle opere di H. è presente costantemente un sentimento di profonda angoscia dettato dall'impossibilità di una conciliazione, pure ardentemente desiderata, fra natura e spirito, fra sentimento e coscienza. Tormentato da un senso tragico e arcano del fato, della fortuna, della divinità, H. trasfonde nelle sue poesie la bruciante esperienza libertaria della Rivoluzione, la tensione a un ideale di perfezione adombrato nel mito estetico dell'antica Grecia, un'intuizione panteistica dell'universo, l'anelito al divino, la lucida e lacerante coscienza del divenire (Lauffen, Neckar 1770 - Tubinga 1843).