Filosofo tedesco. Dopo aver seguito studi di Matematica a Lipsia, a Berlino e a
Vienna (1844-1886), dove seguì le lezioni di F. Brentano, sotto
l'influenza di quest'ultimo si orientò verso la Filosofia. Professore a
Gottinga dal 1906 e a Friburgo dal 1916, direttore dello "Jahrbuch für
Philosophie und phänomenologische Forschung" (1913-30),
H. è
il caposcuola della corrente di pensiero nota come Fenomenologismo. Dotato di un
temperamento da scienziato,
H. si orientò verso la filosofia solo
quando si rese conto che anche ad essa poteva essere applicato un metodo di
indagine scientifica. Richiamandosi soprattutto al pensiero di Platone, Cartesio
e Kant,
H. mise in evidenza l'intenzionalità della coscienza,
ossia l'oggettività immanente dei dati di coscienza, e riconobbe una
sfera di verità logiche assolutamente indipendenti dalle verità di
fatto. Egli rigettò lo psicologismo, affermando di voler andare "alle
cose stesse". Il carattere della coscienza di essere sempre coscienza di qualche
cosa costituisce appunto la sua intenzionalità; la sua concezione prese
l'avvio dalla concezione di Brentano che affermava la coscienza come
intenzionalità al di fuori di ogni considerazione ontologica dogmatica.
La concezione fenomenologica di
H. non si presentava come un sapere
chiuso e definito, ma come un programma di ricerche, come un metodo di indagine.
Tra le opere:
La filosofia come scienza rigorosa (1910-11),
Idee per
una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica (1913),
Logica
formale e trascendentale (1929),
Esperienza e giudizio (1939),
La
crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1954)
(Prossnitz, Moravia 1859 - Friburgo in Brisgovia 1938).