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Husak, Gustav.

Uomo politico cecoslovacco. Laureatosi in Legge nel 1937, aderì al Partito comunista slovacco, assumendo incarichi di alta responsabilità durante la seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra partecipò al Governo locale slovacco, fu presidente del Consiglio dei commissari della Slovacchia e fece parte del Comitato centrale del Partito comunista cecoslovacco. Caduto in disgrazia dopo l'ascesa al potere di Novotny, nel 1950 fu destituito da ogni incarico. Nel febbraio 1951 fu arrestato, privato del seggio che deteneva all'Assemblea nazionale ed espulso dal Partito. Condannato all'ergastolo nel 1953, fu graziato e scarcerato nel 1960. Riabilitato nel 1963, riprese l'attività politica, ma solo dopo la caduta di Novotny ritornò a occupare posizioni di primo piano. Vicepresidente del Consiglio nel Governo Cernik (1968), partecipò attivamente alla politica di democratizzazione del regime cecoslovacco, qualificandosi come una delle personalità di maggior rilievo del "nuovo corso". In occasione dei drammatici eventi dell'agosto 1968, assunse un atteggiamento moderato, dando prova di un notevole grado di realismo politico, e nell'aprile 1969 sostituì A. Dubcek alla segreteria del partito; eletto segretario generale nel 1971, nel 1975 successe a Svoboda alla carica di presidente della Repubblica. Riconfermato in entrambe le cariche nel 1976 e nel 1980, incontrò opposizioni all'interno (movimento Charta 77) e nel mondo occidentale per la sua politica di assoluta obbedienza all'URSS. Riconfermato nel 1985 nella carica di presidente della Repubblica, accentuò la polemica contro il militarismo e il revanscismo, a suo avviso risorgenti nella Germania Federale, non risparmiando critiche alla eterodossia comunista di Paesi come la Germania Orientale e l'Ungheria, accusate di pericolose propensioni verso un'economia semi-liberalizzata e di troppe generose prese di contatto con i Paesi occidentali. Contrario a ogni politica di riforma e alla perestrojka gorbacioviana, H. fu costretto alla fine del 1987 a dimettersi dalla carica di capo del Partito comunista cecoslovacco e, nel 1989, da quella di presidente della Repubblica. Nel 1990 venne espulso dal Partito comunista (Bratislava 1913-1991).