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Hume, David.

Filosofo, storico ed economista scozzese. Portò ad estreme conseguenze l'empirismo, per cui tutte le nostre idee non sono che una copia sbiadita delle impressioni sensibili, risolvendolo in un fenomenismo scettico. Egli negò la sostanza materiale e la sostanza spirituale; criticò il principio di causalità, affermando che il rapporto di causa ed effetto tra due fenomeni non è una connessione fondata su una necessità oggettiva, ma nasce da una nostra abitudine di considerare costanti i rapporti tra certi fenomeni osservati. Anche nei problemi etico-religiosi egli applicò un rigoroso metodo empiristico. Egli fu considerato, a ragione, il teorico del deismo e uno degli ispiratori dell'Illuminismo. Tra i 23 e i 26 anni di età scrisse la sua opera più importante: il Trattato della natura umana (1738), che però incontrò la totale indifferenza dei suoi contemporanei. Dedicatosi a studi di politica e di economia politica, riscosse in seguito maggior successo; il primo volume dei Saggi morali e politici, che egli pubblicò nel 1742, si esaurì in pochi mesi. I successivi Discorsi politici, pubblicati nel 1751, includono i più significativi saggi dedicati da H. ai problemi economici, dei quali considerò soprattutto quelli concernenti la moneta, il tasso d'interesse e il commercio con l'Estero, sempre distinguendosi per la grande lucidità e l'acume intellettuale. Tra le opere filosofiche ed estetiche citiamo: La storia naturale della religione, Le passioni, La tragedia, Il criterio del gusto. Durante un viaggio a Parigi (1763), strinse amicizia con d'Alembert, con Turgot e anche con Rousseau. Il suo pensiero esercitò una profonda influenza su tutto il pensiero inglese e su quello kantiano, ma se ne ritrovano tracce anche nel neoempirismo contemporaneo (Edimburgo 1711-1776).