Enciclica pontificia emanata da Paolo VI (29 luglio 1968). Essa ribadiva la
posizione tradizionalista della Chiesa cattolica in materia di procreazione,
condannando l'uso di contraccettivi di qualsiasi genere e confermando soltanto
la liceità della continenza periodica (metodo Ogino-Knaus). La
pubblicazione dell'enciclica suscitò grande stupore nella
cristianità e un profondo dissenso in seno alla gerarchia ecclesiastica.
Nella
H.V. si enunciava l'illiceità assoluta delle seguenti vie
utilizzabili per la regolazione delle nascite: l'interruzione del processo
generativo già iniziato e soprattutto l'aborto direttamente voluto e
procurato, anche se per ragioni terapeutiche; la sterilizzazione, femminile e
maschile, anche se temporanea, e ogni azione che, o in previsione dell'atto
coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali,
si proponesse come scopo e come mezzo di rendere impossibile la procreazione.
Numerose e vivacissime reazioni negative si ebbero dovunque, mentre vari
consulenti ecclesiastici si affrettarono a far rilevare che il problema veniva
lasciato alla coscienza dei singoli fedeli, in quanto il parere del papa non era
stato emesso
ex cathedra.