Scrittore ungherese di origine tedesca. Studiò diritto a Budapest, e
pubblicò i primi scritti a 23 anni nel
Pesti Hírlap. Il
successo del romanzo
In alto e in basso (1890), gli valse il seggio della
Società Petöfi; le storie di
Le ragazze Gyurkovics (1893) e
il dramma
La figlia del nababbo di Dolova (1893) accrebbero rapidamente
la sua fama. Deputato al Parlamento fin dal 1896, tre anni dopo venne eletto
socio corrispondente dell'Accademia delle scienze; nel 1904 succedette a Jokai
nella presidenza della Società Petöfi: nel 1911 iniziò la
pubblicazione della rivista "Magyar Figyelö" per appoggiare la politica di
Stefano Tisza contro il socialismo irrompente; nel 1925 l'Accademia lo propose
per il premio Nobel. I suoi migliori romanzi, come
Pagani; La porta della
vita e drammi come
Bisanzio e
Il re orfano Ladislao,
d'argomento storico, esprimono con efficacia la tragicità del destino
ungherese insita nel contrasto fra Oriente e Occidente. L'inventiva nel creare
trame, il gusto raffinato e la lingua agile e piana di
H. giovarono
anzitutto al teatro. Nel
Brigadiere Ocskay (1902) con forza suggestiva
risuscitò l'atmosfera della guerra d'indipendenza di Rakoczi; ne
Il
ponte (1925), trasformò la lotta politica di Széchenyi e
Kossuth nel simbolo dell'urto perpetuamente ricorrente tra i due estremi del
temperamento ungherese; e seppe riplasmare l'abusato tema del triangolo adultero
ne
La volpe azzurra, che ancor oggi, dopo quasi quarant'anni, ha
conservato la sua freschezza (Versec, od. Vrsac 1863 - Budapest 1954).