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Hatteria.

Zool. - Nome scientifico attribuito, nel 1831, da J.E. Gray al tuatara, rettile della Nuova Zelanda che lo scienziato aveva incluso nella famiglia degli agamidi. Ma nel 1867 lo zoologo A. Günther dimostrò che il rettile (Hatteria punctata) doveva essere ascritto all'ordine dei rincocefalidi, con il nome scientifico di Sphaenodon punctatum, denominazione universalmente accettata e tuttora in uso. L'h., lungo una sessantina di centimetri, ha il corpo tozzo, lateralmente compresso, fornito di quattro arti tozzi e con le estremità formate da 5 dita con unghie e unite alla base da una corta membrana. Una cresta formata da tubercoli spinosi e corti parte dalla sommità del capo per raggiungere la coda con una breve interruzione in corrispondenza del collo. Granuli e placchette rivestono rispettivamente le parti superiori del corpo e quelle inferiori. Gli occhi sono grandi e provvisti di membrana nittitante, come negli uccelli. I maschi mancano di organo copulatore. Sulla sommità del capo è situato l'occhio pineale, il terzo occhio, protetto da una squama traslucida negli esemplari giovani, opaca negli adulti. Superiormente il corpo è color grigio o bruno chiaro punteggiato di giallo; le parti inferiori sono giallo-brune con strie scure presso la gola. Questi rettili vivono in simbiosi con certe procellarie (Puffinus carneipes) di cui occupano la tana sotterranea costruita da quegli uccelli ai piedi degli alberi. Sono insettivori ma, non di rado, si nutrono con i piccoli del loro ospite. L'H. può essere considerato come un vero fossile vivente ed ha corso il rischio, fino al 1949, di estinguersi a causa dei suini e dei gatti importati nella Nuova Zelanda; provvidenziali leggi locali - che hanno imposto l'uccisione di quei mammiferi importati - hanno salvato questo interessantissimo rettile tuttora oggetto di studio da parte di erpetologi neozelandesi e americani. Pare che questi animali siano molto longevi poiché la maturità sessuale viene raggiunta solo dopo vent'anni di vita.