Filosofo tedesco. Compiuti gli studi ginnasiali, frequentò la scuola
d'artiglieria e d'ingegneria, dove ebbe i primi contatti con ammiratori e
seguaci di Schopenhauer, che esercitarono una influenza determinante sulla sua
formazione. Dedicatosi agli studi filosofici, nel 1867 conseguì la
laurea. Due anni dopo (1869), pubblicò la sua prima e più
significativa opera,
Filosofia dell'inconscio. La filosofia di
H.,
ricollegantesi a motivi di Hegel, di Schelling e, soprattutto, di Schopenhauer,
rappresenta una delle più tipiche manifestazioni neo-romantiche di
reazione al trionfale positivismo della seconda metà dell'Ottocento.
Partendo dall'osservazione di fatti naturali, quali i fenomeni della vita
organica e della vita psichica, che rivelano una intrinseca finalità,
H., con una concessione solo formale alla metodologia positivistica,
ritiene di poter giungere, per via induttiva, alla affermazione di un Principio
Assoluto del mondo. Tale Principio è l'Inconscio. Nella sua costituzione,
confluiscono i caratteri della
Idea hegeliana e della
Volontà
di vivere schopenhaueriana. L'incontro di
H. è volontà
che si attua nel mondo; in essa e per essa si realizza l'Idea, come suo
ineliminabile contenuto. Di qui l'alternativa pessimismo-ottimismo ricorrente
nell'opera di
H. Il mondo e l'esistenza sono un male radicale, se
considerati nella loro immediatezza fenomenica, come prodotto del volere, ma,
visti nella loro costitutiva necessità ideale, e quindi nel loro sviluppo
progressivo, sono condizioni del riscatto dell'uomo, del trionfo della coscienza
sulla volontà. Così, attraverso Hegel,
H. ritiene di aver
dato un fondamento di necessità metafisica all'ascesi liberatrice di
Schopenhauer, estesa dall'individuo alla specie (Berlino 1842 -
Gross-Lichterferld 1906).