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Hamilton, Alexander.

Uomo politico americano. Figlio illegittimo, ebbe un'infanzia e una prima giovinezza piuttosto difficili. Nel 1773 si trasferì a New York dove frequentò il King's College (Columbia University) e si fece presto un nome come avvocato e come politico. Scrisse vari articoli in favore dell'indipendenza americana, affrontando temi economici di vasto respiro e insistendo sulle possibilità di sviluppo industriale delle colonie americane. Prese parte alla campagna del 1776 e divenne segretario di G. Washington. Quale rappresentante di New York, nel 1786 partecipò alla convenzione di Annapolis e nel 1787 a quella di Filadelfia che portarono alla costituzione degli Stati Uniti. Ministro del Tesoro con Washington dal 1789 al 1795, esercitò una tale influenza da essere considerato il presidente di fatto. Tipico esponente dell'aristocrazia industriale degli Stati del Nord, non nascose mai il proprio disprezzo per le masse che considerava incapaci di autogoverno. Convinto che la molla delle azioni umane fosse l'amore di sé e l'interesse personale, ammirava il self-made man e sosteneva la necessità di accrescere il numero dei cittadini abbienti, per creare al Governo una base più larga. Profondo conoscitore delle teorie economiche di A. Smith, fu favorevole a un potere centralizzato e a una politica economica mercantilista. H. vedeva la futura America come un paese prevalentemente industriale, convinto che l'industria avrebbe garantito prosperità alla nazione. Per rinvigorirla H. proponeva sovvenzioni e tariffe protettive che nella società agricola e commerciale del tempo incontrarono più oppositori che sostenitori. Tuttavia riuscì a far approvare dal Congresso una serie di misure che ebbero effetti benefici sull'economia americana, dando un notevole impulso all'attività industriale. Avversato duramente da Jefferson, secondo il quale la politica di H. avrebbe finito col creare negli Stati Uniti la stessa rigida distinzione di classe esistente in Europa, nel 1800 H. si schierò tuttavia in favore di Jefferson contro l'altro candidato alla presidenza degli Stati Uniti, A. Burr. In quel momento cruciale H. mise in guardia i federalisti contro i pericoli ai quali avrebbero esposto il paese scegliendo, a preferenza di Jefferson che aveva "principi sbagliati", Burr che di principi non ne aveva affatto, essendo "un Catilina fatto e finito". Nuovamente sconfitto nelle elezioni del 1804, per la nomina a Governatore dello Stato di New York, Burr incolpò delle proprie sfortune H. che, ancora una volta, aveva consigliato ai propri seguaci di non votare per lui. Ne seguì una sfida a duello. Convinto che tutto si sarebbe concluso con un colpo di pistola sparato in modo da non colpire il bersaglio, H., al segnale, non sparò, mentre il suo avversario, che si proponeva di uccidere, prese attentamente la mira e colpì a morte H. Particolarmente interessante, soprattutto sotto l'aspetto economico, è la raccolta di scritti di H. pubblicati postumi sotto il titolo The Federalist (isola Nevis, Antille 1757 - New York 1804).