Pittore francese. Tra le grandi personalità in campo pittorico del XIX
sec., per la novità di alcune sue concezioni figurative anticipatrici del
Realismo e dell'Impressionismo,
G. ebbe una notevole influenza sullo
sviluppo del Romanticismo francese, nonostante il limitatissimo successo che
ottenne in vita. A lui in particolare si riferì E. Delacroix, che in
un'opera del 1822, la
Barca di Dante, si ispirò alla famosa
La
zattera della Medusa che
G. dipinse nel 1819. Antiaccademico, di idee
radicali (fu sempre un deciso oppositore del potere borbonico, sostenendo le
posizioni di quella che, allora, poteva considerarsi l'estrema sinistra),
produsse opere di chiaro impegno sociale, documenti di un'epoca ritratta senza
indulgenze, spesso in maniera criticamente polemica. Trasferitosi a Parigi con
la famiglia nei primi anni d'infanzia, nel 1808 entrò nell'atélier
di Carle Vernet, pittore specializzato in scene di caccia, dal quale trasse
forse il gusto di rappresentare cavalli in corsa. In seguito lavorò nella
bottega di Ch. Guérin. Assiduo frequentatore del Louvre, fu soprattutto
direttamente influenzato dalle opere di A. Gros. Nel 1812 espose un'opera al
Salon dal titolo
Ritratto equestre del signor Dieudonné, luogotenente
delle guide dell'imperatore, che suscitò notevole ammirazione per
l'immediatezza e la naturalezza dello stile, in netto contrasto con la cultura
accademica dominante statica e convenzionale. Rispetto alla pesantezza del
bagaglio archeologico di David e della sua scuola, al tono aulico della pittura
neoclassica ossequiente al potere politico,
G. poneva le basi,
riferendosi formalmente alla tradizione del Classicismo e del primo Seicento
italiano (soprattutto a Michelangelo e Caravaggio) e con una profonda
penetrazione dell'opera di Goya, di quel fondamentale filone del Realismo che,
attraverso Daumier e Courbet, avrebbe maturato le premesse dell'Impressionismo.
Durante il viaggio in Italia del 1816-1817 ebbe modo di condurre studi
approfonditi sugli affreschi della Cappella Sistina: al Louvre si conservano una
serie di schizzi, tra i quali appaiono particolarmente interessanti quelli
raffiguranti la corsa dei Berberi, tratti da Michelangelo. Nel 1817, rientrato a
Parigi, conobbe Delacroix ed eseguì studi di animali nel Jardin des
Plantes oltre ad alcune pregevoli litografie; l'anno seguente iniziò gli
studi per
La zattera della Medusa, la sua composizione più
importante, esposta nel 1819 al Salon, suscitando interesse e polemiche sia per
l'altissima qualità ed originalità espressiva, sia perché
in netta opposizione ai canoni dell'estetica e della cultura ufficiale: è
evidente il rifiuto del tema celebrativo e dell'esaltazione di un falso eroismo
e la volontà di imporre all'attenzione l'esperienza umana, l'impotenza e
il disfacimento del potere imperiale. Il dipinto si riferisce ad un fatto di
cronaca che aveva fortemente scosso l'opinione pubblica francese: una fregata,
incagliata al largo della costa africana, con circa 400 uomini a bordo, era
stata costretta a mettere in mare una zattera che aveva dovuto essere sostenuta
da galleggianti. Ma, durante un ammutinamento, le gomene di questa vennero
tagliate e la nave andò alla deriva per dodici giorni finché un
battello raccolse i 15 uomini superstiti. Nel 1820 l'artista partì per
Londra per organizzarvi l'esposizione ambulante della
Zattera, che venne
presentata col titolo di
Scena di un naufragio. Durante il soggiorno in
Inghilterra, durato tre anni, entrò in contatto con il Constable: nacque
così la
serie inglese di acquarelli e litografie e un altro
capolavoro, il
Derby di Epsom. I primi sintomi della malattia che lo
avrebbe presto condotto alla morte lo costrinsero a rientrare in Francia dove
dipinse una serie di quadri di grandi dimensioni e di estremo impegno, quali
Commercio di schiavi, Liberazione delle vittime dell'Inquisizione e
Marcia dell'armata turca sulla spiaggia. Per la violenza espressiva, la
ricchezza e la complessità cromatica raggiunta in queste opere,
già da lungo tempo una parte della critica ebbe a paragonare
G. al
Goya della maturità. Negli ultimi mesi di vita
G. dipinse la
splendida serie dei
Malati di mente (dieci quadri di cui cinque andarono
perduti) ispirata dalle ricerche condotte dall'artista con l'aiuto dello
psichiatra parigino Georget sui metodi psichiatrici allora in uso. Benché
solamente tre dipinti, tra tutta la sua vasta produzione, fossero stati esposti
pubblicamente, dopo la sua morte Courbet e tutti i grandi del Realismo si
riferirono insistentemente a lui, ma fu solo nel 1924, quando molte sue opere
vennero inserite nella grande Mostra organizzata a Parigi, che la critica ne
riconobbe pienamente il valore e l'importanza della sua esperienza artistica nel
quadro della formazione delle istanze e dell'estetica dell'arte moderna. La
maggior parte delle sue opere è ora conservata al Louvre e nel museo di
Rouen (Rouen, Normandia, 1791 - Parigi 1824).