Filosofo e scrittore francese. Ammiratore di Corneille, Lamartine, Hugo, Musset,
i suoi primi versi (
Vers d'un philosophe) ce lo mostrano in comunione con
la natura. Va così sviluppandosi in lui un panteismo che la lettura degli
stoici influenzerà con un senso morale destinato a restare il tratto
dominante del suo carattere. Colpito, ancora adolescente, da una malattia,
cercò nel Mediterraneo un clima più mite e quella luce che
amò al di sopra d'ogni altra cosa. Si trasferì a Mentone e
lì scrisse le sue opere principali, in uno stile che è tra i
più puri della lingua francese, superiore persino a quello di Bergson:
La morale d'Epicure; La morale anglaise contemporaine; una nuova raccolta
di versi su
La Méditerranée, pubblicati dapprima sulla
Revue des deux mondes insieme con un sonetto su Venezia intitolato
Le
vertige des choses; Les problèmes de l'esthétique contemporaine;
L'abbozzo di una morale; Education et hérédité; La
genèse de l'idée du temps; e infine quel bel poema che
è
L'irreligione dell'avvenire, in cui si fondono, in una vera
mistica del dono di se stessi, dell'invenzione poetica e della liberazione
mediante il sacrificio, tutti i temi precedenti. Per
G. la vita ben
compresa e accettata comprende, nella sua stessa intensità, un principio
di illimitata espansione, di propagazione feconda, di generosità
disinteressata (Laval 1854 - Mentone 1888).