Figlio di Carlo di Guisa, abbracciò dapprima la carriera ecclesiastica
divenendo nel 1629 arcivescovo di Reims. Al momento della morte del padre
abbandonò il sacerdozio e si diede all'attività politica divenendo
in breve tempo uno dei capi del partito avverso alla politica del cardinale
Richelieu. Accusato di aver complottato contro il cardinale, venne condannato a
morte nel 1641 ma la condanna non venne eseguita. Nel 1643 venne graziato da
Luigi XIII e rimesso in libertà. Cercò allora, quale discendente
indiretto di Roberto d'Angiò, d'impadronirsi della corona del regno di
Napoli. Scese per questo in Italia e, nel 1647, si fece sostenitore della
rivolta di Masaniello contro gli Spagnoli. Dopo la proclamazione della
repubblica napoletana si spostò a Napoli dove divenne in pratica
comandante delle truppe napoletane. In seguito, dal momento che gli Spagnoli
erano ancora in grado di controllare la situazione, la sua posizione si fece
gradatamente più difficile da sostenere. Dopo essere miracolosamente
sfuggito a due attentati, venne fatto prigioniero dagli Spagnoli e condotto
prigioniero a Madrid. Nel 1652 venne liberato per diretta intercessione del Gran
Condé e seguì quest'ultimo nella congiura della Fronda che oppose
la grande nobiltà francese alla politica del cardinale Mazarino succeduto
a Richelieu. Dopo il fallimento della Fronda tentò nuovamente
d'impadronirsi di Napoli ma le sue forze vennero bloccate da un intervento della
flotta d'Inghilterra. In seguito si ritirò a Parigi senza più
occuparsi di affari politici (Blois 1614 - Parigi 1664).