Laura Guidiccioni Lucchesini.

Cartina dell'Italia

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La Musica - Il Seicento e Il Settecento

Guidiccioni Lucchesini, Laura.

Poetessa italiana. Ebbe l'incarico di adattare per rappresentazione due pastorali: La disperazione di Fileno e il Satiro, musicate da Emilio de' Cavalieri. Fu questo il primo saggio di musica teatrale e la nascita del melodramma. Alla G. è attribuito il testo poetico della Rappresentazione di anima et di corpo, musicata dal Cavalieri ed eseguita a Roma nel 1600; ma pare che la poetessa abbia soltanto rielaborato una laude di padre Agostino Manni (Lucca 1550 - Firenze 1599).

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Poetessa.

Donna che compone versi; autrice di opere poetiche.

Poeta.

Chi compone poesie. A seconda del genere trattato, si parla di p. lirico, tragico, epico, satirico, ecc.

- P. maledetti: V. MALEDETTO.

- Per estens.

- Avere un animo da p.: detto di chi possiede un innato gusto estetico, una propensione a ricercare l'ideale e ad impiegare la fantasia.

Pastorali.

Titolo che si dà alle lettere spedite da San Paolo ai discepoli Filemone (una), Tito (una) e Timoteo (due), posti dall'apostolo a capo di Chiese dell'Asia anteriore. In esse sono contenute istruzioni riguardanti i doveri d'ufficio dei pastori di chiese, esortazioni e insegnamenti miranti alla difesa della dottrina di Cristo, nonché esempi di vita santa. Nel 1600 le lettere pastorali furono anche dette lettere pontificie.

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Cavalieri, Emilio dei.

(o Cavaliere, Emilio del). Compositore italiano. Appartenente ad una famiglia nobile, compì gli studi a Roma ove, dal 1578 al 1584, svolse attività di organizzatore musicale in San Marcello. Verso il 1585 si trasferì a Firenze e nel 1588 il cardinale Ferdinando dé Medici lo nominò sovrintendente per le manifestazioni musicali e artistiche della corte granducale. In tale veste musicò nel 1589 uno degli intermedi che furono rappresentati in occasione delle nozze di Ferdinando de' Medici e Cristina di Lorena. Tornò a Roma dopo il 1597 e vi musicò la Rappresentazione di anima e di corpo, un'allegoria drammatica del padre Agostino Manni che fu eseguita, non in forma scenica, all'oratorio della Vallicella nel 1600. A tale lavoro il de' C. deve principalmente la sua fama, in quanto la Rappresentazione viene generalmente considerata come il primo esempio di Oratorio (parti vocali si alternavano a quelle corali, mentre gli strumentisti si trovavano dietro la scena). Della produzione del de' C., che appartenne alla Camerata Fiorentina, conserviamo anche il madrigale Godi turba immortal, una Canzone al ballo, l'oratorio L'ascensione del Nostro Salvatore e le Lamentationes Hieremiae Prophetae per soli, coro e organo, composte in collaborazione con D. Isorelli. Abbiamo invece perduto le musiche delle due favole pastorali Il Satiro e Il Fileno su testi della poetessa Laura Guidiccioni (Roma 1550 circa-1602 circa).

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Mùsica.

L'arte che si esprime per mezzo dei suoni, diversi per altezza, intensità, timbro, combinati tra loro secondo determinate norme. - Opera prodotta da tale linguaggio artistico; brano musicale. - L'insieme delle opere musicali di un autore, di un periodo, di una Nazione. - Lo studio tecnico dell'uso e delle combinazioni degli elementi sonori che costituiscono il linguaggio di tale espressione artistica. - Insieme di segni che consentono di dare una forma grafica a un'impressione musicale. - Sistema di notazione delle espressioni sonore. - Genere musicale, carattere proprio di una composizione. - Fig. - Insieme di suoni particolarmente dolce e armonioso. - Fig. - Per antifrasi, insieme di suoni fastidiosi e sgradevoli. - Fig. - Situazione che si prolunga più del necessario. - St. - La m. è stata, fin dalle origini, una delle più importanti espressioni dell'uomo, che al suono attribuì una serie di significati magici, identificandolo come tramite fra la realtà empirica e il mondo sovrannaturale. La stessa connotazione magico-religiosa fu mantenuta, oltre che in tutta la preistoria, nelle prime grandi civiltà storiche dei Sumeri, degli Assiro-Babilonesi, degli Egiziani, degli Indiani e degli Ebrei. Presso tutte queste popolazioni la m. rivestì un ruolo fondamentale all'interno delle singole cosmogonie elaborate e, di conseguenza, ebbe un posto preminente nelle varie celebrazioni rituali e liturgiche. Ciò non impedì che la m. fosse presente anche nelle manifestazioni della vita quotidiana, anche quelle più umili. Le testimonianze di carattere musicale dell'antichità sono scarse e frammentarie, comunque insufficienti ad offrire un quadro completo: si tratta di qualche testimonianza letteraria, di reperti archeologici di strumenti, di rari frammenti di m. notata, di qualche documento di carattere iconografico. Un caso parzialmente diverso è rappresentato dalla m. ebraica, della quale la Bibbia offre importanti informazioni. Alle notizie che si possono ottenere in via indiretta, si aggiungono i risultati degli studi eseguiti dall'etnomusicologia (V.), che procede secondo un metodo rigidamente comparativo: le caratteristiche che la m. ebbe in epoca preistorica e antica sono, infatti, le stesse che si possono ritrovare presso popolazioni orientali o sudamericane di cultura primitiva. - Antichità classica: uno sviluppo molto ampio ebbe la civiltà musicale del mondo ellenico, costituendo una tappa fondamentale nella formazione della cultura musicale occidentale moderna: va tuttavia osservato che quest'ultima deve essere considerata come parte di una civiltà musicale molto più ampia, all'interno della quale le esperienze elaborate dalle singole popolazioni mantennero a lungo caratteri comuni. È comunque certo che la tradizione ellenica, dalla quale derivò quella occidentale, conobbe una ricchezza, una complessità e una diffusione che nessun altra civiltà poté raggiungere. I Greci per primi svolsero ricerche di carattere teorico e tecnico (riguardanti, in particolare, l'ampiezza e la disposizione degli intervalli all'interno dei sistemi); essi, inoltre, avviarono l'estetica musicale, dedicandosi con particolare attenzione al problema dei riflessi significativi propri delle strutture musicali. Si formò in tal modo una vasta letteratura teorica specializzata, mentre alla m. dedicarono opere alcuni fra i maggiori filosofi e scrittori. Secondo il principio fondamentale elaborato dai Greci, e che sarebbe rimasto come base di ogni riflessione e di ogni estetica musicale successiva, il linguaggio musicale risponde a rigide convenzioni, il cui scopo è quello di raggiungere determinati fini espressivi. La m. ebbe, inoltre, un ruolo di primo piano nell'educazione dei giovani, come momento essenziale per un armonico sviluppo intellettuale e morale dell'individuo. Tuttavia le testimonianze musicali dirette della civiltà ellenica sono molto poche e hanno tutte carattere molto frammentario: ciò si spiega con il fatto che nel mondo greco la notazione ebbe una scarsa diffusione, mentre prevalse l'abitudine di tramandare oralmente il repertorio musicale, rifacendosi a strutture modello, i cosiddetti nómoi, modificabili eventualmente dagli interpreti (significato simile ebbero i raga indiani e i maqam medio-orientali). Gli antichi Greci inclusero nel termine musiké non solo l'arte dei suoni, ma anche la poesia e la danza. I poeti dell'epoca arcaica e classica, infatti, si definivano cantori e declamavano le loro composizioni letterarie accompagnati dal suono di strumenti a corda; gli elementi poetici e quelli musicali risultavano inestricabilmente legati, come succedeva tra prosodia e movimenti ritmici, serie di accenti tonici delle parole e movimenti melodici. Nei secc. VI-V a.C. nacquero la tragedia e la commedia, forme più articolate e complesse nelle quali si assiste ad una ancora maggiore fusione di poesia e m., quest'ultima non più limitata ad una sorta di recitativo o di parlato inquadrato e sostenuto dagli strumenti. A partire dal IV sec. a.C., si assiste ad una graduale acquisizione di autonomia della m. rispetto alle espressioni poetiche e coreutiche alle quali era rimasta tradizionalmente legata e, parallelamente, ad una lenta involuzione che portò ad un elevato livello di raffinatezza, ma anche alla ripetitività e alla perdita di vigore ed efficacia. Nello stesso periodo ebbe inizio la distinzione tra una sfera pratica (esecutori professionisti) e una sfera teorico-speculativa, che si sarebbe mantenuta anche in epoca medievale. I Romani attribuirono all'arte musicale scarsa importanza: essi non apportarono significative novità e non elaborarono elementi originali rispetto ai modelli greci. - Medioevo: distinta in m. mundana (armonia del cosmo, puramente intellegibile, formata dall'armonia dei contrari), m. humana (la m. in quanto si riflette sull'animo dell'uomo) e m. instrumentalis (il fenomeno musicale contingente), la m. intesa come arte fu collocata in epoca medievale nel complesso delle arti liberali del Quadrivio. Tuttavia l'elemento fondamentale, che determinò una nuova rivalutazione dell'espressione musicale e insieme una reinterpretazione del suo significato, fu la diffusione del Cristianesimo e la sua penetrazione, soprattutto a partire dal IV sec., in ogni settore della cultura medievale. La m. tornò ad avere un'alta funzione religiosa, soprattutto nella forma del canto liturgico, e si arricchì di nuove pratiche e di esperienze musicali di varia derivazione: la vasta sintesi culturale promossa dal Cristianesimo permise, infatti, la fusione di elementi disparati, provenienti dalla tradizione ebraica, medio-orientale, greca, bizantina. In particolare, tale processo trovò espressione ufficiale nella tendenza all'unità liturgica, promossa dai papi e culminata con la riforma di Gregorio Magno (VI sec.): essa segnò la scomparsa di molti canti legati al patrimonio culturale locale (con l'eccezione del canto gregoriano, V. GREGORIANO, CANTO), ma contemporaneamente permise l'integrazione del canto romano con numerosi elementi diversi. I primi secoli dell'epoca cristiana furono caratterizzati da eventi di grande importanza storica, che impedirono la fissazione del repertorio musicale liturgico e la decadenza dell'arte musicale cristiana, nonostante il divieto di variare il repertorio ordinato dalla Chiesa a partire dal VI sec. e l'opera di unificazione liturgica promossa dai re franchi. Primo di tali eventi fu l'introduzione della notazione diastematica (V.), che sarebbe poi stata perfezionata da Guido d'Arezzo nell'XI sec. Ad essa si aggiunse l'adozione della sequenza e del tropo che, attraverso la forma del tropo dialogico, avrebbero dato origine alla sacra rappresentazione e al mistero, cioè alle prime elementari forme del teatro europeo. Con il IX sec. si verificarono i primi tentativi di trasformare il canto liturgico, rigidamente omofono, mediante l'utilizzo delle prime tecniche polifoniche (organum, canto a due voci sovrapposte e di andamento parallelo; conductus e clausola, forme più complesse); queste giunsero ad un alto grado di complessità formale nei secc. XII e XIII, in particolare presso la scuola di Notre-Dame di Parigi. Proprio a Parigi sono legati i nomi delle prime due personalità di compositori dell'Occidente, Leoninus e Pérotin. Entrambi lavorarono alla stesura del Magnus Liber Organi, nel quale erano contenuti componimenti di forma varia, accomunati da un particolare tipo di ritmo, non più elastico come nel canto gregoriano, ma rigidamente determinato da rapporti matematici di durata fra i suoni. L'adozione della notazione mensurale (V. MENSURALISMO) favorì lo sviluppo della polifonia, che ebbe nel mottetto la forma musicale più caratteristica, in particolare nel periodo detto dell'Ars Antiqua (inizio XII sec. - 1320 circa). Parallelamente allo sviluppo e alla diffusione della polifonia, numerose altre forme espressive arricchirono il panorama musicale medievale, talvolta precorrendo fenomeni che avrebbero trovato condizioni di sviluppo più adeguate in tempi successivi: il movimento dei trovatori (Francia meridionale e Italia), dei trovieri (Francia settentrionale), dei Minnesinger (Germania), lo sviluppo delle composizioni di carattere spirituale quali le laude (Italia) apportarono elementi originali e nuovi e contribuirono a rinnovare lo stile monodico. L'affermazione delle strutture polifoniche si verificò a partire dai primi decenni del XIV sec. con l'inizio dell'Ars Nova (1320 - inizio XV sec.), periodo nel quale si assiste, in particolare nelle regioni francesi e italiane, ad una grande fioritura di forme polifoniche profane (madrigale, caccia, ballata, pastorella, ecc.) e a un inaspettato sviluppo delle strutture di carattere sacro. Fra queste ultime fu soprattutto la messa a conoscere un sensibile ampliamento strutturale, grazie anche all'opera di Guillaume de Machault, la cui Messe de Notre-Dame costituisce il primo esempio di messa interamente polifonica e unitariamente concepita. Nel corso del XV sec. la sede di un approfondimento sempre più complesso e virtuosistico delle possibilità offerte dalla polifonia vocale si spostò verso le ricche corti di Fiandra e Borgogna, dando così luogo alla scuola fiamminga, che dominò per quasi due secoli il panorama musicale europeo, rappresentata da G. Binchois, G. Dufay, J. Ockeghem, J. Obrecht. Il suo massimo esponente fu J. Després che, semplificando le strutture musicali e infondendo armonico equilibrio alla forma, preannunciò gli ideali estetici del Rinascimento. All'involuzione dell'Ars Nova in forme cerebrali e manieristiche corrispose l'introduzione, da parte degli esponenti della scuola borgognona, di un criterio fortemente razionale e organico nella strutturazione dei brani, che permise l'adozione nella prassi compositiva del contrappunto imitato. Adottato dai compositori franco-fiamminghi (Ockegem, Obrecht, Orlando di Lasso), il contrappunto ebbe una vasta e rapida diffusione in tutta Europa e divenne il sostrato comune sul quale si sarebbero poi delineate le tradizioni musicali locali e nazionali. - Rinascimento: l'epoca rinascimentale fu caratterizzata da profondi cambiamenti e dall'introduzione di numerose innovazioni, che svolsero nel complesso un'azione chiarificatrice e semplificatrice. Il canto di tipo gregoriano conobbe una fase di declino, mentre si affermarono in modo sempre più deciso i modi maggiore e minore; venne determinata la scala naturale; fu elaborata la teoria degli accordi. L'avvento della Riforma protestante ebbe importanti conseguenze anche dal punto di vista musicale: Lutero abolì, infatti, il canto gregoriano dalla liturgia sostituendolo con il corale, che volle basato su melodie popolari o facilmente accessibili al popolo. In Italia si imposero due principali centri di elaborazione musicale: la scuola romana (G.P. da Palestrina, C. Festa, G. Animuccia, G.M. Nanino, F. Anerio, F. Soriano, ecc.) e la scuola veneziana, i cui frutti furono caratterizzati da una maggiore vivacità e da una più netta inclinazione alla sperimentazione (A. Willaert, Andrea e Giovanni Gabrieli, ecc.). Accanto alla m. sacra fiorì, nel periodo rinascimentale, la m. profana: l'incontro e la fusione delle tradizioni locali con lo stile internazionale fiammingo ebbe come conseguenza la nascita di nuovi generi, quali il madrigale italiano, per il quale fu fondamentale l'influenza esercitata dai numerosi maestri fiamminghi stabilitisi in Italia (Ph. Verdelot, J. Arcadelt, Orlando di Lasso, A. Willaert, ecc.). Il madrigale regnò incontrastato nel panorama della m. profana; in esso gli autori cercarono l'essenziale equilibrio espressivo tra l'interpretazione musicale del testo poetico e le esigenze di una sperimentazione musicale che, nell'estremo sviluppo di questa raffinata e colta forma musicale, non rifuggiva anche da ardite dissonanze e cromatismi. Tra i più importanti madrigalisti si ricordano C. de Rore, L. Marenzio, G. da Venosa e soprattutto C. Monteverdi, che con i suoi libri di madrigali portò alle estreme conseguenze le possibilità tecniche ed espressive del genere, preludendo allo stile barocco. Il Rinascimento fu anche l'epoca della grande fioritura della m. strumentale, fino ad allora ristretta nell'ambito della m. popolare o ridotta a mera trascrizione di parti originariamente concepite per voci, ora invece dotata di autonome strutture compositive (canzone, toccata, suites, ecc.). - Seicento: con l'inizio del XVII sec., sperimentata ormai in tutte le sue potenzialità, la polifonia cedette il passo ad un nuovo tipo di linguaggio musicale, elaborato e proposto nelle loro opere dai musicisti della fiorentina Camerata de' Bardi: la monodia accompagnata dal basso continuo, che rappresentò la base per la creazione di nuovi generi musicali che si sarebbero imposti in un breve arco di tempo (oratorio, cantata, ecc.). All'interno del generale interesse per la tradizione classica greco-romana, caratteristico dell'epoca umanistico-rinascimentale, si colloca anche il tentativo di recupero e riproposta dell'antica tragedia, ancora da parte dei compositori della Camerata de' Bardi. Nacquero in tal modo i primi melodrammi, inizialmente rivolti alle rappresentazioni cortigiane e fondati sull'utilizzo del nuovo stile del recitar cantando; tra i primi esempi si segnalano la favola pastorale Dafne (1598) e l'Euridice (1600) di J. Peri e l'Euridice (1600) di G. Caccini. Accanto a questo filone d'ambientazione mitologica si svilupparono anche altri tipi di azioni teatrali, nelle quali la nuova esperienza del melodramma venne piegata a più spiccate esigenze di carattere morale e devozionale, come nella Rappresentazione di Anima et di Corpo (1600) di E. De' Cavalieri. Con l'Orfeo (1607) e l'Arianna (1608), destinate alla corte mantovana, e soprattutto con le successive opere veneziane, Monteverdi diede inizio al melodramma vero e proprio, nel quale l'azione tragica veniva resa musicalmente da una varia ed equilibrata successione di sinfonie strumentali, cori e interventi solistici affidati al nuovo stile recitativo. La grande svolta del nascente genere operistico si ebbe tuttavia con l'avvento dei teatri pubblici, primo fra tutti il San Cassiano aperto a Venezia nel 1637: la presenza di un pubblico più ampio e meno colto di quello cortigiano e i meccanismi economici necessariamente insiti nel nuovo contesto incisero profondamente sullo sviluppo dell'opera, che nell'età barocca assunse spiccati caratteri di spettacolarità e che conobbe una vasta diffusione in tutta Europa, con la sola eccezione della Francia. Qui, infatti, si sviluppò, soprattutto grazie all'opera di Lulli, una particolare forma drammatica, largamente influenzata dal precedente ballet de cour e dal teatro tragico di Corneille e Racine. L'affermazione della monodia fu agevolata anche, tra il XVI e il XVII sec., dal sensibile sviluppo della m. strumentale, nella quale spicca in particolare il grande interesse suscitato sia dal clavicembalo e dall'organo (le cui tecniche esecutive e potenzialità espressive furono sviluppate da G. Frescobaldi, F. Couperin e D. Scarlatti), sia dagli strumenti ad arco, che si imposero all'attenzione dei compositori in virtù anche dell'eccezionale perfezionamento tecnico raggiunto dai grandi liutai italiani (Stradivari, Amati, Guarneri). Si creò, in tal modo, un autonomo linguaggio espressivo, totalmente svincolato dalla parola, e si elaborarono le forme basilari della tecnica compositiva moderna (fuga, sonata, concerto grosso e concerto solistico). Il Seicento fu il secolo della massima fioritura della m. italiana, che impose la propria supremazia in tutta Europa con musicisti come Monteverdi, Cavalli, Cesti, Stradella, Carissimi, Frescobaldi, Corelli, Torelli, Albinoni, Vivaldi, A. Scarlatti. - Settecento: nel secolo del Barocco musicale due sono le figure di musicisti che spiccano con particolare evidenza, J.S. Bach e G.F. Haendel, i quali seppero fondere in un'originale sintesi la tradizione italiana, inglese (H. Purcell, scuola virginalistica), francese, tedesca (D. Buxtehude, H. Schütz). La m. italiana mantenne ancora, nei primi decenni del XVIII sec., il suo primato, soprattutto nel campo della m. strumentale; nella seconda metà del XVIII sec., tuttavia, il gusto musicale europeo subì un profondo mutamento, inclinando verso il grazioso stile galante e il successivo classicismo viennese, che privilegiò l'uso della simmetrica forma-sonata in tutti i nuovi generi di m. strumentale che furono coltivati nell'epoca (concerti, sinfonie, sonate e la nascente m. cameristica). Tra i precursori del classicismo viennese, che trovò la sua massima espressione nelle opere di F.J. Haydn, W.A. Mozart e L. van Beethoven, si possono segnalare G. Platti, G.B. Sammartini, J.W. Stamitz e la sua famosa orchestra di Mannheim, Ph.E. Bach e J.Ch. Bach, e gli italiani L. Boccherini e M. Clementi. Nel corso del Settecento subentrarono molti cambiamenti rispetto alla precedente età anche nella m. operistica che, nel perdurare del predominio italiano, vide la nascita e l'affermazione dell'opera buffa in alternativa all'opera seria; tra i principali operisti italiani del XVIII sec., quasi tutti legati all'ambiente napoletano, troviamo G.B. Pergolesi, N. Piccinni, D. Cimarosa e G. Paisiello. Un'importante svolta al genere teatrale venne poi impressa da Ch.W. Gluck che, in collaborazione con il librettista R. Calzabigi, propugnò una drastica riforma dell'opera seria attraverso la ricerca di una maggiore unitarietà fra testo e m., l'abolizione di alcuni stilemi propri dell'opera italiana, considerati artificiosi, e in generale una maggiore purezza melodica. - Ottocento: l'equilibrio formale e tonale raggiunto alla fine del XVIII sec. fu sviluppato e portato alle sue estreme conseguenze, fino quasi alla dissoluzione, dall'opera di Beethoven, che nella sua originalità segnò il passaggio dal Classicismo al Romanticismo. Il movimento romantico attribuì alla m. una rinnovata importanza, come linguaggio per eccellenza e mezzo privilegiato per raggiungere il mondo dell'assoluto. La ricerca di un'espressività più concentrata e al tempo stesso spontanea, la concezione della m. come linguaggio del tutto autonomo e privilegiato e l'attenzione non puramente folclorica verso il mondo popolare sono aspetti comuni alle opere dei primi compositori romantici, tra i quali C.M. von Weber, F. Schubert, R. Schumann, F. Mendelssohn, F. Chopin, H. Berlioz e F. Liszt. Il nuovo significato ideale attribuito alla m. ebbe come importante conseguenza lo sviluppo e il perfezionamento di ogni aspetto tecnico, mentre venivano create nuove forme accanto a quelle tradizionali (i cosiddetti Charakterstücke, brani di struttura libera composti soprattutto per il pianoforte). Parallelamente si modificò anche la funzione dell'interprete, che da mero esecutore divenne vero e proprio artista creatore, alla pari del compositore. Tutti i motivi del primo Romanticismo confluirono, a metà secolo, nel dramma musicale di R. Wagner, che accolse le tentazioni nazionalistiche già emerse nelle settecentesche espressioni del singspiel, contrapponendo alla tradizione operistica italiana sia il recupero tematico della fosca mitologia nordica sia lo sviluppo di un linguaggio musicale che, nella ricerca di una maggiore unitarietà drammatica, approdava ad una sorta di sinfonia vocale-strumentale. Nello stesso periodo anche il melodramma italiano e francese avevano recepito le istanze romantiche, aggiornando e rendendo più realistiche le tradizionali ambientazioni e tematiche che ormai non si rivolgevano più all'elitaria aristocrazia delle cosmopolite corti europee, ma ad un pubblico di prevalente estrazione borghese; alle nuove esigenze drammatiche e ideologiche si adeguò anche lo stile musicale che, pur non sacrificando il belcanto, si fece più comprensibile e moderno. Se il melodramma ottocentesco italiano, dopo il rinnovamento dell'opera buffa attuato da G. Rossini, raggiunse i risultati più alti nell'opera di G. Verdi, G. Donizetti e V. Bellini, l'opera francese, invece, partendo dal Neoclassicismo di L. Cherubini e G. Spontini e dall'ammodernamento dell'opéra-comique, si spinse verso l'esperienza del grand-opéra, trovando i suoi interpreti principali in G. Meyerbeer, Ch. Gounod, G. Bizet e J. Massenet. Favorite dall'esaltazione dello spirito popolare e dalle conseguenti istanze nazionalistiche già espresse nella cultura romantica, nella seconda metà del XIX sec. sorsero varie scuole musicali nazionali, che intendevano radicare la propria ispirazione nella più pura tradizione popolare. Questa nuova tendenza si sviluppò in particolare nell'Europa orientale, molto ricca di esperienze musicali popolari fino a quel momento ignorate dalle locali scuole musicali, il cui insegnamento rimaneva subordinato ai modelli provenienti dalle grandi corti europee. Tra le scuole nazionali la più importante per ricchezza di espressione fu quella russa, rappresentata da M. Balakirev, A. Borodin, N. Rimskij-Korsakov e M. Mussorgskij, che si contrapponevano polemicamente al connazionale P. Ciaikovski, considerato troppo eclettico ed occidentalizzante. Da non tralasciare, nell'ambito delle altre scuole nazionali, sono almeno i boemi B. Smetana, L. Janáček e A. Dvořák. - Novecento: tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec. il panorama musicale europeo fu arricchito da nuovi esperimenti, nel tentativo di superare i classici rapporti armonici e tonali. Il ripensamento di tutta la tradizione classica, che già fra i due secoli percorreva l'opera di C. Franck, A. Bruckner, H. Wolf, G. Mahler e R. Strauss, preluse così alla piena affermazione di nuovi linguaggi, tra i quali emergono l'Impressionismo francese, rappresentato da C. Debussy e M. Ravel, la corrente cromatica, che pervenne all'atonalità e si riorganizzò poi nel sistema dodecafonico, e quella diatonica, volta alla politonalità. Al primo indirizzo, sorto con l'Espressionismo tedesco, appartennero fra gli altri A. Schönberg, A. Berg e A. Webern, mentre tra gli interpreti della seconda tendenza spiccò I. Stravinskij, seguito dai cosiddetti compositori neoclassici (D. Milhaud e F. Poulenc). Questi nuovi linguaggi furono caratterizzati anche da un profondo eclettismo, evidente nella rielaborazione di elementi non strettamente tradizionali e spesso tratti dalla m. preclassica, dai modi gregoriani, dalla m. popolare o anche dalla m. afro-americana diffusasi attraverso il jazz. Tra i numerosi autori che segnarono le esperienze musicali novecentesche è necessario almeno citare P. Hindemith, B. Bartòk, M. de Falla, S. Prokofiev e, tra gli italiani, F. Busoni, A. Casella, I. Pizzetti e G.F. Malipiero. La dissoluzione degli elementi che caratterizzano la m. tonale e la ricerca di nuovi mezzi espressivi si spinsero, verso la metà del Novecento, sulla strada dello sperimentalismo acustico che ebbe come conseguenza anche un ampliamento del repertorio sonoro e lo sviluppo della m. elettronica. Se Italia, Francia e Germania rimasero per tutto il secolo i principali centri di attrazione e di elaborazione della m. contemporanea, andò gradualmente affermandosi l'importanza di altre tradizioni nazionali, come quella russa (Glinka, Dargomyžskij, il Gruppo dei Cinque costituito da Balakirev, Kjui, Borodin, Rimskij-Korsakov, Mussorgskij), boema (Smetana, Dvořák, Janáček), scandinava (Gade, Nielsen, Berwald, Grieg, Sinding, Sibelius), spagnola (Albéniz, Granados, M. de Falla). Il contributo americano rimase, invece, piuttosto modesto, con la sola eccezione degli Stati Uniti, dove l'incontro di differenti correnti musicali diede origine al fenomeno del jazz. Nel complesso, il panorama estremamente variegato del XX sec. fu determinato anche da fenomeni di natura diversa, quali il perfezionamento delle discipline musicologiche (che permise l'accostamento ad un patrimonio musicale di diverse epoche storiche e di differenti civiltà) e la diffusione della m. in tutti gli strati sociali. - Encicl. - L'esecuzione della m. è generalmente affidata alla voce umana (m. vocale), a strumenti (m. strumentale) o alla combinazione di entrambi. In rapporto alla sua estensione e al timbro, la voce umana viene solitamente classificata secondo varie categorie, corrispondenti ad una media alla quale si accostano le estensioni delle voci individuali: nelle voci maschili si distingue così fra basso, baritono e tenore e nelle voci femminili fra contralto, mezzosoprano e soprano. Quanto agli strumenti, in base ai mezzi con i quali viene prodotto il suono, è possibile attuare una classificazione generale basata su tre categorie essenziali: strumenti a percussione, strumenti a corda e strumenti a fiato (V. MUSICALI, STRUMENTI). La rappresentazione grafica del discorso musicale, ai fini della sua conservazione e della sua pratica esecuzione, viene realizzata con la notazione. - M. a programma: m. nella quale la struttura e i fini espressivi sono legati ad elementi extramusicali (poetici, letterari, biografici, pittorici, ecc.). Si tratta di un fenomeno tipico dell'età romantica, quando il linguaggio musicale fu concepito come sintesi di tutte le espressioni artistiche, l'unico in grado di raggiungere la perfezione dell'espressione e l'unico in grado di rappresentare la realtà interiore dell'uomo e quella esterna della natura. - M. assoluta o pura: V. ASSOLUTO. - M. atonale: V. ATONALITÀ. - M. classica: espressione utilizzata per distinguere la m. d'arte e colta da quella popolare e di consumo. - M. concreta: forma musicale che utilizza elementi sonori di natura diversa (grida, rumori, ecc.), priva di precisi schemi formali. Realizzata per la prima volta dall'ingegnere francese P. Schaeffer, nel 1948, in opposizione a quella tradizionale, definita astratta, viene adoperata soprattutto come materiale di commento radiofonico o televisivo. Alla m. concreta si dedicarono musicisti come Messiaen, Berio, Varèse. - M. da camera: ogni composizione eseguita da piccoli complessi strumentali o vocali, generalmente non superiori al doppio quintetto. Abbastanza varia, tuttavia, è la possibilità dell'organico previsto da questo tipo di m., che può comprendere strumenti ad arco o a fiato, anche misti, con l'eventuale presenza del pianoforte e del canto. Il termine serve soprattutto a distinguere la m. propriamente da camera da quella sinfonica, destinata alla grande orchestra, dalla m. teatrale (opere liriche, balletti, m. di scena, ecc.) e dalla m. sacra. Inizialmente tuttavia, tra il XVII e il XVIII sec., l'espressione si riferiva al luogo di esecuzione e definiva in senso più ampio tutta la m. profana, quella cioè che non veniva eseguita in chiesa, come le sonate e le cantate, nonostante esse fossero assimilabili dal punto di vista strettamente formale. In questa definizione potevano essere così comprese anche la m. sinfonica e la m. teatrale, senza distinzione cioè tra la m. strumentale e la m. vocale, purché appunto esse fossero sempre di carattere e argomento non religioso. Il successivo sviluppo delle orchestre sinfoniche e delle orchestre da teatro richiesero una distinzione più specifica e si arrivò all'odierno significato dell'espressione. Tuttavia, soprattutto dopo alcune composizioni scritte da grandi musicisti dell'età contemporanea per organici strumentali ridotti (come l'Histoire du Soldat di I. Stravinskij o la Kammersymphonie di A. Schönberg), la validità di tale distinzione è stata messa in dubbio. Oggi si definisce con più precisione m. da camera quella che, indipendentemente dal numero di strumenti, venga eseguita in un ambiente piccolo e raccolto, diversamente da quanto si verifica per la m. sinfonica. - M. descrittiva o imitativa: m. che tenta di riprodurre i fenomeni sensibili per mezzo di combinazioni vocali o strumentali. - M. di scena: il complesso dei brani musicali, strumentali o vocali, che si inseriscono in uno spettacolo teatrale allo scopo di commentare l'azione o una determinata situazione, sottolineare i sentimenti di un personaggio, far convergere l'attenzione degli spettatori sulla scena stessa. Nel teatro dell'antica Grecia la m. di scena aveva la specifica funzione di dare tempo ai cori e di facilitare l'immedesimazione del pubblico con le vicende che si rappresentavano sulla scena; in essa si assommavano perciò la funzione ritmica e quella rituale. La m. interveniva nelle parti principali della tragedia. La m. di scena continuò a ricoprire una grande importanza anche nel teatro romano, dove si distingueva una parte cantata (canticum) e una parte recitata (diverbium). Nel Medioevo la m. di scena costituì un elemento fondamentale delle rappresentazioni sceniche dell'epoca, così come nei secoli successivi, quando essa fu inserita sia nelle sacre rappresentazioni sia nelle opere d'argomento mitologico destinate alle corti signorili. L'uso di accompagnare con la m. le opere in prosa si diffuse durante il Rinascimento e più ancora nel Seicento. Nell'Inghilterra secentesca uno dei maggiori compositori di m. di scena fu H. Purcell, autore fra l'altro di brani musicali per il Sogno di una notte di mezza estate e per La tempesta di W. Shakespeare, in seguito eseguiti come autonome composizioni anche al di fuori della loro funzione contestuale. In Francia, G.B. Lulli compose non solo m. per la danza ma anche vere e proprie m. di scena per le opere di Molière, Racine, Corneille. Nel Settecento il diffondersi del melodramma in stile italiano rallentò sensibilmente l'attività dei compositori di m. di scena, anche se appartengono proprio a questo periodo veri e propri capolavori, come i brani composti da Haendel e da Mozart. Nel secolo successivo la m. di scena conobbe invece una nuova grande fioritura: Beethoven, Schubert, Weber, Mendelssohn, Schumann, Meyerbeer e Wagner scrissero m. di scena destinate al teatro in prosa, seguiti nei decenni successivi dai francesi Saint-Saëns, Berlioz, Gounod, Bizet, Massenet e Debussy, oltre che da Glinka, Ciaikovski, de Falla e Grieg. Uno dei migliori esempi contemporanei di m. di scena è forse quello offerto dal compositore K. Weill, autore delle celebri pagine musicali per L'opera da tre soldi di B. Brecht. - M. dodecafonica: V. DODECAFONIA. - M. elettronica: m. formata da suoni di natura sintetica, generati in laboratorio con apparecchiature elettroacustiche, che al tavolo di mixaggio vengono successivamente elaborati e trattati con la tecnica del montaggio su nastro magnetico in modo da ottenere suoni complessi. Nella m. elettronica si fa spesso ricorso anche al cosiddetto suono bianco, prodotto da uno speciale generatore, che può contenere le frequenze comprese nella gamma udibile da 20 a 20.000 Hz. La m. elettronica si allontana dall'abituale sistema tonale, sia diatonico che cromatico, e non richiede la notazione tradizionale, poiché l'unico elemento fondamentale è la frequenza che determina le varie altezze dei suoni. Le prime ricerche sulla m. elettronica furono condotte a Parigi dove, a partire dal 1948, l'ingegnere P. Schaeffer e il musicista P. Henry diedero il via all'esperienza della m. concreta (V.). Negli stessi anni furono svolti studi sulla m. elettronica anche a Colonia, dove nel 1951 il compositore H. Eimert fondò lo Studio di m. elettronica della Westdeutsche Rundfunk, con la collaborazione di F. Winkel, dello scienziato W. Meyer Eppler, di autori come G. Klebe, G.M. König, E. Křenek, K. Goeyvaerts e, soprattutto, K. Stockhausen; i risultati del gruppo di Colonia furono poi presentati in un concerto tenuto nella stessa città nel 1954, nell'ambito del Festival del Nordwestdeutscher. La m. elettronica si diffuse anche nei Paesi extraeuropei, trovando numerosi sostenitori. Tra le opere principali citiamo: Gesang der Jünglinge (1956) e Kontacte (1960) di K. Stockhausen, Musica su due dimensioni (1957) di B. Maderna, Différences (1959) di L. Berio, nelle quali accanto ai suoni elettronici vengono impiegati anche strumenti musicali tradizionali e voci. In Italia il primo centro di studio per la m. elettronica fu il Centro di Fonologia Musicale Italiano allestito nel 1955 dalla RAI presso la propria sede di Milano, del quale si occuparono B. Maderna e L. Berio, coadiuvati dal tecnico M. Zuccheri; più tardi, mentre la schiera degli sperimentatori italiani si allargava a L. Nono, N. Castiglioni, F. Donatoni, R. Vlad, A. Clementi, sorsero altri centri a Roma e a Firenze. Nei Paesi extraeuropei si segnalano le esperienze maturate a Tokyo, dove operarono M. Moroï e T. Mayuzumi, e soprattutto negli Stati Uniti, dove la m. elettronica venne inizialmente chiamata tape music (m. su nastro) e, a partire dai primi anni Cinquanta, si iniziarono anche le sperimentazioni sui calcolatori che aprirono la strada alla m. informatica. - M. etnica: espressione musicale caratterizzata da elementi fortemente legati alla tradizione di un gruppo etnico. È oggetto di studio dell'etnomusicologia (V.). - M. jazz: V. JAZZ. - M. informatica: m. che si ottiene mediante un elaboratore numerico. Nata poco dopo la metà del Novecento, la m. informatica conobbe un forte sviluppo a partire dagli anni Settanta, con la costituzione di centri di ricerca e con l'instaurarsi di un legame sempre più stretto fra m., scienza e tecnologia. In Italia le prime ricerche furono condotte alla fine degli anni Sessanta da P. Grossi; nei primi anni Novanta sono stati creati centri di m. informatica finalizzati alla produzione musicale. - M. leggera: genere di composizioni che si differenzia da quello colto e da quello più propriamente popolare e folcloristico. Comprende canzoni e brani strumentali. - M. omofona: V. OMOFONO. - M. orchestrale: m. composta per piccola o grande orchestra. - M. per film: m. composta o arrangiata per essere utilizzata come commento sonoro di un film. Già nel cinema muto era previsto un rudimentale accompagnamento musicale, generalmente affidato a un pianista o a una piccola orchestra. Spesso si trattava di improvvisazioni o di brani scelti all'interno di un repertorio, con la funzione soprattutto di copertura del rumore della proiezione. In seguito, la composizione e la scelta dei brani musicali fu affidata a musicisti famosi (Saint-Saëns, Mascagni, Ibert, Honegger, Šostakovič, ecc.). Con l'avvento del cinema sonoro, la m. assunse un'importanza maggiore, diventando un vero e proprio genere a sé stante, legato strettamente al film, alle sue sequenze e al succedersi delle scene. Tuttavia la m. è destinata a mantenere un ruolo essenzialmente subordinato al film, e una sua esecuzione autonoma, in una sede diversa da quella della proiezione cinematografica, richiederebbe una consistente elaborazione. Oltre alla collaborazione con famosi musicisti contemporanei (ricordiamo ancora Malipiero, Ghedini, Vlad, Rossellini, Bernstein), i registi ricorrono in molti casi anche a m. del passato. L'enorme sviluppo della m. per film ha avuto come conseguenza la creazione, sia in Italia sia nel resto dei Paesi, di una folta schiera di musicisti specializzati in questo genere musicale, fra i quali si ricordano: gli americani M. Steiner, A. Newman, D. Tiomkin; gli inglesi A. Bax, R. Addinsell, J. Greenwood; i sovietici N. Kriukov, D. Šerbacev; i francesi M. Thiriet, M.F. Gaillard, M. Landowski; gli italiani N. Rota, A. Cicognini, G. Fusco, C. Rustichelli, M. Nascimbene, E. Morricone, A.F. Lavagnino. - M. polifonica: V. POLIFONIA. - M. popolare: la m. che nasce dal popolo, del quale esprime i caratteri e la cultura peculiari, a volte in compresenza di espressioni musicali più colte con le quali spesso instaura anche rapporti di reciproca influenza. Spesso questo tipo di componimenti, che in genere mescolano i versi alla m. e sono basati su ritmi tradizionali a volte creati anche estemporaneamente, hanno un forte legame con i momenti ritualmente e socialmente più importanti della comunità in cui nascono. La m. popolare comprende sia canti sia danze, generalmente tramandati oralmente (per questo viene detta anche m. tradizionale). A causa del suo carattere spontaneo, la m. popolare è anonima, non legata al linguaggio particolare di un singolo compositore (V. anche ETNOMUSICOLOGIA). - M. sacra: m. composta per il servizio liturgico. Il termine escluderebbe di per sé le opere che, pur rispondendo a fini di devozione o spirituali, non sono state concepite appositamente come parte di una funzione liturgica; tuttavia, in seguito all'evoluzione subita dalla m. sacra soprattutto negli ultimi decenni, la distinzione tra m. sacra e profana si è fatta meno rigida, con l'esecuzione in sede concertistica di brani originariamente sacri o l'utilizzazione in celebrazioni liturgiche di m. di altra natura. - M. seriale: m. basata su una successione preordinata di suoni (serie), nella quale la disposizione dei suoni può essere mutata mediante inversione, retrogradazione, retrogradazione dell'inversione, mantenendo intatti i rapporti di intervallo della serie. I primi esperimenti di m. seriale furono condotti nell'ambito della m. dodecafonica, anche se alcuni autori (Malipiero, Stravinskij) utilizzarono le serie in m. diatoniche e tonali. - M. sinfonica: V. SINFONIA. - M. sperimentale: corrente della m. contemporanea europea e americana, comprendente numerosi filoni di ricerca (m. concreta, elettronica, ecc.), caratterizzata dall'autonomia rispetto ai presupposti teorici ed estetici della tradizione musicale. Il termine viene quindi usato correntemente nel linguaggio musicale per indicare qualsiasi ricerca di novità libera da preconcetti. - M. stocastica: m. elaborata sulla base di funzioni matematiche probabilistiche. - M. strumentale: m. composta per soli strumenti. - M. vocale: m. scritta per voci.

"Come ascoltare la musica" di Michelangelo Abbado

Melodramma.

(dal greco mélos: canto e drama: azione). Composizione teatrale in versi integralmente musicata e cantata.

- Il termine m. è impiegato nel linguaggio comune come sinonimo di "opera lirica", anche se in senso stretto esso indica la tradizione librettistica e musicale italiana dalla fine del Cinquecento all'Ottocento.

- Fig.

- Ciò che nella vita è esagerato, rigonfio (poiché nel m. i personaggi e le scene hanno spesso toni tendenti all'esagerazione).

- Encicl.

- Le sue origini vengono ricondotte ai tentativi di fondere musica e dramma compiuti alla fine del XVI sec., a Firenze, nella Camerata de' Bardi. I membri della Camerata fiorentina, che ebbero in V. Galilei il massimo teorico, si proponevano di realizzare un tipo di musica che aderisse pienamente al testo poetico e lo accompagnasse, in modo da risolvere il conflitto tra musica e parola. Primi m. vengono considerati Dafne (1597) ed Euridice (1600), entrambi con versi di O. Rinuccini e musica di J. Corsi e J. Peri. La genesi del m. continuò con C. Monteverdi, che nell'Orfeo, rappresentato a Mantova nel 1607, attuò una distinzione precisa tra recitativo e aria, utilizzò la forma strofica e inserì danze nella rappresentazione. La piena affermazione del m. italiano si ebbe nell'Ottocento con musicisti come Bellini, Donizetti, Verdi, Ponchielli.

Laude.

Poesie di argomento religioso di Jacopone da Todi. Nella edizione del 1490 sono circa cento, delle quali sicuramente autentiche 93. La raccolta si distacca decisamente dai laudari dell'epoca, opere collettive di contenuto e forma tipicamente popolari. Jacopone, infatti, è a modo suo poeta e artista, dotato di cultura letteraria e di eccezionale spirito. Talune delle sue laudi sono apertamente didascaliche, altre tendono all'invettiva, violente nell'inconfondibile e tumultuosa passione che le anima. La filosofia dell'ardente frate si riassume in odio verso se stesso e amore verso Dio; per questo suo amore, egli non è mai sazio di umiliazione e di sofferenza. Terribile sgorga dalla sua penna l'invettiva, e sarcastica è l'epistola diretta a Bonifacio VIII. Ma Jacopone sa anche cantare con sublime esaltazione l'amor di Dio e l'incontro dell'uomo con Dio, reso con drammatico misticismo nella laude De la Beata Vergine Maria. Vero e proprio dramma è l'altra laude che s'intitola Donna del Paradiso ovvero Pianto della Madonna, che è altresì la migliore dell'opera.

Lucca.

Città della Toscana nord-occidentale, capoluogo della provincia omonima e sede arcivescovile. È situata nella piana di L., nella cosiddetta Lucchesia attraversata dal Serchio, che si apre tra le Alpi Apuane e il monte Pisano. 86.387 ab. CAP 55100.

- Econ.

- Importante centro agricolo, rinomato per la produzione di vino e olio d'oliva, è anche un nodo commerciale di prim'ordine nella regione. Le industrie presenti sono quelle tessili, cartarie, meccaniche, alimentari (pastifici, oleifici, salumifici), del legno (mobilifici) e le manifatture di tabacchi. Artigianato del gesso e del marmo.

- St.

- L'antica Luca, fondata dai Liguri, fu poi occupata dagli Etruschi (V sec. a.C.). Divenne colonia latina nel 180 a.C. e fu sede del convegno tra Cesare, Pompeo e Crasso per riconfermare il triunvirato (56 a.C.). Capitale del ducato di Tuscia in epoca longobarda (VI sec.), divenne sede del margraviato di Toscana durante la dominazione franca (VIII sec.). Nel Medioevo fu dapprima libero comune, riconosciuto dall'imperatore Federico I a partire dal 1162. Nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini L. si schierò con i secondi, sostenendo lotte accanite con Pisa. Fu poi signoria sotto Uguccione della Faggiola, signore di Pisa (dal 1314), che nel 1316 fu esiliato e sostituito con il ghibellino Castruccio Castracani degli Antelminelli. Dal XV sec. si trasformò in Repubblica non senza sporadici ritorni alla signoria, come quello del 1430 quando Paolo Guinigi, marito di Ilaria del Carretto, si autoproclamò signore di L. regnando per un trentennio. La città in seguito riuscì a riconquistare e a conservare l'indipendenza fino al 1799 quando venne occupata dalle truppe francesi. La città fu poi amministrata da vari governi provvisori finché, nel 1805, Napoleone la trasformò in principato (detto di L. e Piombino), che venne affidato alla sorella Elisa Bonaparte Baciocchi. Nel 1815, caduto Napoleone, il congresso di Vienna fece di L. un piccolo ducato che fu retto per trent'anni dai Borbone-Parma, prima con Maria Luisa di Borbone, poi con Carlo Ludovico, il quale cedette L. al granduca di Toscana Leopoldo II (1847). L. seguì poi le sorti della Toscana e quindi quelle del Regno d'Italia. - Arte - L. è una città d'arte di grande interesse culturale e vanta alcuni importanti monumenti. Fra i resti dell'antichità classica conservati nell'abitato sono degni di nota l'anfiteatro romano (I-II sec. d.C.) e alcuni tratti di mura romane. Della cinta di mura del XII sec. restano solamente due porte monumentali, mentre le mura bastionate, fatte costruire tra il 1550 e il 1650 sono integralmente conservate. Il duomo di L., la cattedrale di San Martino, presenta una stupenda facciata asimmetrica di stile romanico, terminata nel 1204 da Giudetto da Como. Tra il 1233 e il 1257 fu ultimato l'atrio in cui si possono scorgere suggestioni pisane e un gusto "antelamico": le storie del santo arricchiscono il portale maggiore. L'interno, ricostruito nei secc. XIV-XV, è per così dire un "museo" ricco di opere d'arte, tra le quali ricordiamo: il Volto Santo, un grande crocefisso scolpito in legno; il sarcofago di Ilaria Del Carretto, moglie di Paolo Guinigi, eseguito da Jacopo della Quercia (1407); il gruppo equestre in marmo che illustra L'elemosina di S. Martino (XIII sec.); le opere dello scultore lucchese Matteo Civitali (XV sec.); una Madonna del Ghirlandaio; le vetrate di Pandolfo di Ugolino. Sull'area dell'antico Foro romano sorge la chiesa di S. Michele, costruita nei secc. XI-XIII, che conserva opere di della Robbia e Filippino Lippi e che risente, specie nell'alzato absidale con le arcate a colonnine cieche, della lezione pisana del Diotisalvi. Nei borghi esterni alla cinta del castrum sorge la chiesa di S. Frediano, costruita a tre navate nel XII sec. e rialzata nei primi decenni del secolo successivo. Sulla facciata si può ammirare, fatto rarissimo in Toscana, un grande mosaico avente per tema l'Ascensione, opera di Berlinghieri. All'interno troviamo un pregevole fonte battesimale romanico (XII sec.), opera di Roberto, uno dei maggiori scultori romanici; la cappella Trenta, con sculture di Jacopo della Quercia eseguite per Lorenzo Trenta nel 1422 e gli affreschi di Amico Aspertini nella cappella di S. Agostino del 1508-1509. Altre chiese di grande interesse sono: la chiesa di Sant'Alessandro, con i suoi marmi bianchi e grigi; Santa Giulia, con la facciata di Coluccio di Collo; San Giusto con le sue forme lucchesi-pisane. Tra gli edifici civili spicca palazzo Guinigi, costruito sul finire del XIV sec., che rappresenta un esempio della tipica casa romanico-gotica lucchese. A Paolo Guinigi, signore di L., appartenne anche la villa Guinigi, oggi sede del Museo Nazionale, che conserva materiale archeologico, sculture, dipinti, mobili dal Medioevo al XIX sec. Della città antica si ricordano anche le strade tortuose, asimmetriche, con le caratteristiche case ad arco che sostituirono i fondaci altomedievali. - Provincia di L. (1.773 kmq; 374.144 ab.): si estende tra l'Appennino tosco-emiliano e il Mar Tirreno. Il corso d'acqua più importante è il Serchio che scorre in una larga vallata (Garfagnana) tra l'Appennino e le Alpi Apuane; queste ultime occupano la parte mediana del territorio provinciale, degradando a Sud nella piana di L. a Ovest in quella costiera della Versilia. L'agricoltura (cereali, ortaggi, alberi da frutta, vigneti, uliveti) è favorita dal clima mite nelle zone prossime al mare. Diffusa è la floricoltura praticata in serre. Nelle zone montuose più elevate si trovano boschi, parecchi castagneti e pascoli per l'allevamento bovino (da latte e da carne). Le numerose cave di marmo alimentano un artigianato locale che si dedica anche alla lavorazione del gesso, del vimine e del legno. Industrie presenti sul territorio riguardano la lavorazione dei marmi, della carta, l'abbigliamento, la siderurgia, la chimica, i settore dei mobili. Centri principali della provincia: Barga, Castelnuovo di Garfagnana, Capannori, Altopascio, Seravezza, Pietrasanta, Massarosa, Camaiore, Bagni di Lucca, Montecatini (queste ultime antiche stazioni termali). Numerosi e rinomati i centri balneari lungo la costa: Viareggio, Forte dei Marmi, Lido di Camaiore, Marina di Pietrasanta.

Firenze.

Città della Toscana, capoluogo di provincia sulle due rive dell'Arno. A Nord-Est risale le prime pendici delle colline di Careggi, Fiesole e Settignano; a Sud, quelle di Arcetri e di Bellosguardo. Lo sviluppo urbanistico recente, tende nella direzione di Sesto e di Prato, dove sono localizzati i quartieri industriali. 380.060 ab. CAP 50100. - Econ. - L'economia cittadina si fonda principalmente sul turismo, sulle industrie tessili, dell'abbigliamento, metalmeccaniche, ottiche, chimiche, farmaceutiche, del vetro e della ceramica e artigianato (merletti, oreficeria, lavorazione della paglia). - St. - Colonia romana, fu fondata al centro delle vie che dalla Via Tiberina e dalla Val d'Arno risalgono l'Appennino. Divenne prima municipio, poi colonia cesariana. Devastata dai barbari, rinacque sotto Carlo Magno, e divenne feudo dei marchesi di Toscana. Costituitasi a Comune nel Xll sec., stabilì gradatamente la sua egemonia sui centri vicini. L'uccisione di Buondelmonte dei Buondelmonti (1215), creò i due partiti degli Amidei e degli Uberti, ghibellini, e dei Buondelmonti, guelfi, che si combatterono accanitamente per tutto il XIII sec. Malgrado queste violente lotte, la città si arricchì con i commerci, ed estese la sua potenza, vincendo Pisa, Siena, Pistoia, Volterra ed Arezzo. Con la vittoria di Montaperti (1260), i profughi ghibellini, con a capo Farinata degli Uberti rientrarono nella città: caduti gli Svevi, trionfò di nuovo la parte guelfa, appoggiata dai ceti popolari. F. guelfa vinse Siena nella battaglia di Colle (1267) ad Arezzo ed i ghibellini in quella di Campaldino (1289), riuscendo, così, ad estendere la sua egemonia su buona parte della Toscana. Contro un ritorno al potere dei ricchi e dei nobili insorse il popolo con gli ordinamenti di giustizia di Giano della Bella (1293), che affidò il governo della repubblica alle corporazioni artigiane, nelle quali però, prevalse il cosiddetto popolo grasso. Nel 1300, i Guelfi si scissero in due nuovi partiti: Bianchi e Neri, capitanati i primi dai Cerchi, i secondi dai Donati: questi prevalsero, con l'aiuto del papa e cacciarono dalla città i capi avversari, tra cui Dante Alighieri. Nel 1346, un avventuriero francese, Gualtieri di Brienne, ottenne la signoria di F. a vita, ma per il suo malgoverno fu cacciato dalla città con un'insurrezione popolare. Ripresero le lotte intestine: il cosiddetto tumulto dei Ciompi (1378) insediò gonfaloniere della città il lanaiolo Michele di Lando, e mise il governo del Comune nelle mani del popolo minuto. Ma, nel 1382, salì nuovamente al potere l'oligarchia, con gli Albizzi, cui successero i Medici, con a capo Cosimo il Vecchio, fondatore della dinastia medicea, che tenne il governo di F. fino al 1737, salvo le interruzioni dal 1494 al 1512 e dal 1527 al 1530. Estinta nel 1737 la famiglia Medici, il Granducato passò ai Lorena, che lo tennero fino alla sua unione con l'Italia (1860), di cui F. fu capitale dal 1865 al 1871, salvo il periodo del dominio francese (1799-1815). - Assedio di F.: assedio posto a F. da Carlo V, nel 1529, per soddisfare all'accordo stipulato con il papa Clemente VII. Malgrado i tentativi di liberazione dei Fiorentini, fra cui gli atti eroici compiuti dal patriota Francesco Ferrucci, nel 1530, F. dovette firmare i patti della resa, che la sottoponeva nuovamente alla signoria dei Medici. - Concilio di F.: concilio convocato nel 1055 da papa Vittore II: confermò le sanzioni disposte in precedenti concili contro il clero simoniaco e concubinario. - Concilio ecumenico di F.: aperto a Ferrara nel 1438, l'anno dopo fu trasferito a F., dove si protrasse fino al 1442. Proclamò l'unione della Chiesa greca con la latina. Il concilio ebbe importanti conseguenze nel campo culturale, perché il contatto con i Greci diede notevole impulso all'Umanesimo; e in quello teologico, perché i decreti dogmatici stabilitivi fornirono il modello per le unioni future ed influirono, in parte, sulle definizioni del concilio di Trento. - Trattati di F.: denominazione data a tre trattati conclusi a F. in epoche diverse. Il primo, concluso nel 1171 tra F. e Pisa, assicurò alla prima vantaggiosi privilegi commerciali, ed esenzioni doganali. Il secondo, concluso nel 1557 tra Cosimo I duca di F. e Filippo II re di Spagna, riconobbe al duca il diritto di dominio su Siena, eccettuati i Presidi, che rimasero agli Spagnoli. Il terzo trattato di pace (1801) fu stipulato tra Napoleone primo console ed il re di Napoli Ferdinando IV; lasciò a quest'ultimo il Regno di Napoli, in cambio dell'evacuazione dello Stato romano da parte delle truppe napoletane, della rinunzia ad ogni dominio in Toscana, della chiusura dei porti alle navi inglesi, dell'indulto generale per i condannati politici e del mantenimento, a spese del Regno, di un corpo d'occupazione francese nell'Abruzzo e nel Leccese. - Tregua di F.: conclusa nel 1438 tra Filippo Maria Visconti, duca di Milano e F., che si impegnò a sospendere per tre anni la guerra contro Lucca. - Urban. - Fondata da Cesare, come colonia, alla confluenza dell'Arno con il Mugnone, F. conservò la pianta rettangolare a maglie reticolari della città romana, per tutto il Medioevo; nel 1172, con l'erezione della seconda cinta di mura, F. si estese anche sulla riva sinistra dell'Arno, a cui la collegarono numerosi ponti. Tra questi, il più noto è il Ponte Vecchio, con i caratteristici negozi di orafi. Tra il 1284 e il 1333 fu costruita la terza cerchia. Nel 1348, il rapido propagarsi di un'epidemia di peste decimò gli abitanti della città. Lo sviluppo moderno della città e la ripresa dell'incremento demografico datano dal periodo in cui F. fu capitale del Regno (1865-71). - Arte - Il patrimonio artistico e culturale di F. è tra i maggiori del mondo. Sono celebri i suoi musei (Uffizi, Pitti, Bargello, Etrusco-romano, di Arte moderna, dell'Opera del Duomo, la Casa Buonarroti); le sue Accademie (Crusca, Cimento, Colombaria); le sue biblioteche (Laurenziana, Riccardiana, Marucelliana, Magliabechiana). I giardini (Cascine, Boboli) furono imitati da tutti i Paesi europei durante il Rinascimento. Eccezionale il complesso dei monumenti religiosi, tra cui: il Duomo (Santa Maria del Fiore) che, insieme con altri capolavori, vanta una delle più celebri Pietà di Michelangelo; il campanile di Giotto (82 m); il Battistero, con le celebri porte di bronzo di Ghiberti e di Andrea Pisano; le chiese di San Miniato al Monte, di Santa Maria Novella (facciata rinascimentale dell'Alberti); di Santa Croce (sepolcri di Machiavelli, Michelangelo, Galileo, Alfieri, Foscolo e Rossini) e annessa Cappella dei Pazzi; di San Lorenzo, con la Sagrestia vecchia (Donatello, Brunelleschi e Luca della Robbia), la Sagrestia nuova e tombe medicee (Michelangelo); di Santo Spirito (sagrestia di Giuliano da Sangallo); del Carmine (affreschi di Masaccio); di San Marco (pitture del Beato Angelico), infine l'oratorio di Orsammichele. Anche l'architettura civile è ricchissima di opere artistiche: il Palazzo Vecchio, la loggia dell'Orcagna, il Bargello (museo di scultura fiorentina); i palazzi di Parte Guelfa, dell'Arte della Lana, Medici (cappella di Benozzo Gozzoli), Strozzi, Pitti (galleria di pitture), Pazzi, Rucellai, degli Uffizi. Alcune opere sono state danneggiate dall'inondazione avvenuta in F. nel 1966. - Provincia di F. (3.880 kmq; 951.160 ab.): si estende tra l'Appennino, a Nord, e i monti del Chianti e le Colline Metallifere a Sud; è in gran parte occupata da rilievi, interrotti dall'ampia vallata dell'Arno, che si allarga in una fertile pianura tra F. e Prato. Agricoltura (frumento, vigneti, olio, ortaggi, frutta). Foresta; allevamento bovino ed ovino. Industrie metalmeccaniche, tessili, dell'abbigliamento, del vetro, del cemento e delle ceramiche. Tra i centri principali, oltre il capoluogo: Empoli, Sesto Fiorentino, Scandicci, Campi Bisenzio, Bagno a Ripoli e Fucecchio.

Firenze: il duomo e il campanile di Giotto

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Panorama di Firenze

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Firenze: il Ponte Vecchio sull'Arno

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