Forma di lotta armata combattuta per piccole unità mobili e
autosufficienti. La
g., o guerra partigiana, ha assunto particolare
importanza nella seconda metà del 1900, con lo sviluppo dei movimenti di
liberazione nazionale che si servivano di questa forma di lotta per battere gli
eserciti colonialisti, assai meglio armati ed equipaggiati. La
g. ha poi
assunto in molti Paesi (specialmente in Africa e in America Latina) contenuti
ideologici e politici, divenendo il mezzo non solo per scacciare gli eserciti
stranieri, ma anche per instaurare un nuovo sistema economico e sociale. Le
azioni di
g. rispettano la regola di attaccare il nemico con veloci
spostamenti quando si ha il vantaggio della sorpresa, per poi sganciare
rapidamente in caso di rastrellamento o di azioni massicce di risposta. Inoltre
si avvale di attacchi terroristici a sorpresa per indebolire il morale delle
truppe avversarie, e di imboscate, colpi di mano, ecc. per catturare armi e
viveri al nemico, di blocchi stradali e sabotaggi per impedire la
mobilità delle truppe regolari. I principali teorici della guerra
partigiana sono stati nel secolo scorso Giuseppe Mazzini e Carlo Pisacane; nel
nostro secolo, Mao Tse-tung ne ha precisato e approfondito il concetto
ideologico, parlando del guerrigliero che si deve muovere tra il popolo "come un
pesce nell'acqua", sottolineando così il valore di solidarietà
sociale che lega la
g. alle masse popolari e ne fa un elemento della
lotta di classe. Fondamentali elementi di valutazione sul concetto moderno della
g. contiene infine il manuale di Ernesto "Che" Guevara intitolato
Guerra de guerrillas.