http://lab.chass.utoronto.ca/italian/verbi/cosa.html -
http://www.dizionario-italiano.it/grammatica-italiana/
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La grammatica (<
Gr. grammatike- [gramma = lettera dell'alfabeto;
tekhne- = arte delle lettere]) è il sistema di codificazione e di
organizzazione di una lingua (language). Senza
grammatica, la lingua sarebbe in uno stato di caos e non ci sarebbero
norme di coerenza. L'italiano, come il catalano, il francese, il portoghese, lo spagnolo, e il rumeno (Rumenian), fa parte di quelle lingue chiamate "lingue romanze" (Romance Languages). Le lingue romanze hanno origini (originate from) nel latino. L'aggettivo "romanzo" deriva da una parola latina che significava "nella maniera dei romani" (in the way of the Romans). L'italiano ha molto in comune con queste altre lingue, comunque ha una grammatica tutta sua. L'italiano si è evoluto dal latino medioevale (chiamato latino "volgare" [Vulgar Latin]). Durante il Medioevo (Middle Ages), l'Italia era diversa geograficamente e linguisticamente dall'italia di oggi. L'"italiano" di oggi non esisteva ancora: in diverse zone d'Italia, c'erano diverse "parlate" (local vernaculars) o "volgari" (vernaculars, local tongues), ad es., il volgare toscano, quello di Roma, quello della Sicilia, quello di Venezia, quello di Torino, quello di Milano, ecc. Queste parlate erano in continua evoluzione. Una, però, quella toscana, o con precisione, quella fiorentina si è imposta anche come lingua letteraria. L'italiano che parliamo oggi è il "volgare" o la lingua evoluta che si parlava in Toscana (regione al centro ovest della penisola italiana). Perché il toscano? perché il fiorentino (parte del toscano) è stato la base letteraria della lingua italiana. Infatti (infact), i padri della letteratura italiana, Dante, Petrarca e Boccacio erano fiorentini. Sebbene ci siano state molte polemiche (polemics), questa variante linguistica (linguistic variant) si è poi evoluta ancora e si è arrichita (enriched itself) con il tempo. Solo nel Cinquecento, nel 1525 con le Prose della volgar lingua del grande e primo "ufficiale" grammatico (grammarian) italiano Pietro Bembo, è avvenuta (took place) la prima codificazione di questo "modello" comune chiamato poi l'"italiano". (Per una storia completa dell'italiano, v. (Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, 11ed. [Firenze, Sansoni, 1992] e Stefano Gensini, Elementi di storia linguistica italiana [Bergamo: Minerva Italica, 1990]). |
Il verbo (< Lat. verbum = "parola" per eccellenza) è la parte più importante di una frase (sentence) e ne indica l' |
Il verbo non solo definisce (defines) il soggetto, ma definisce anche il tempo dell'azione, presente, passato, futuro, ecc. e il tipo di rapporto temporale fra un'azione e l'altra. In aggiunta (in addition), il verbo indica e il "modo" o la maniera in cui l'azione avviene (occurs). |
Il numero del verbo
indica se il verbo è singolare (abbreviato "sing.") o plurale
(abbreviato "pl.") di numero. Il verbo è al singolare quando il soggetto esprime (expresses) una sola persona, una sola cosa o un solo animale. I possibili "pronomi" (< lat. pro nomen [che rappresenta il nome (that works on behalf of the noun)] personali soggetto sono quelli alla:
1. Il ragazzo mangia.
(= 1 ragazzo solo)
1. I ragazzi mangiano.
(= 1+ ragazzi) |
Il genere (gender) del verbo indica se il soggetto del verbo è al maschile (masculine) (abbreviato "m.") o al femminile (feminine) (abbreviato "f."). Il concetto del "genere" deriva dal latino classico (Classical Latin) che aveva tre generi (maschile, femminile e neutro [neuter]). Pian piano, (slowly) il latino ha perduto (lost) il genere neutro e solo il maschile e il femminile sono rimasti. Oggi tutte le lingue romanze hanno solo il maschile e il femminile. Il "genere" del verbo corrisponde al "genere" del nome solo per gli accordi nei tempi composti. Generalmente (generally), il genere del nome è
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La "persona" del verbo
può essere al singolare o al plurale. La "persona" indica "chi" (who)
esprime (expresses) il verbo:
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L'azione espressa dal
verbo
transitivo passa (o transita)
direttamente dal soggetto
all'oggetto o nell'oggetto. Il verbo transitivo richiede dunque
un complemento oggetto (direct object). Tutti i
verbi usati transitivamente richiedono l'ausiliare
AVERE nei tempi composti. Cos'è un complemento oggetto (d.o.)? Se dopo il verbo è possibile domandare "chi" o che "cosa" (what) e la risposta è quello che segue il verbo, il verbo è transitivo. Se il verbo ha un complemento oggetto è dunque un verbo transitivo. Il complemento oggetto non è sempre esplicito. Ecco come fare per sapere se il verbo è transitivo:
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L'azione del verbo intransitivo NON passa (o non transita) dal soggetto al verbo. L'azione dunque rimane nel soggetto. Il verbo intransitivo NON richiede il complemento oggetto (direct object) (e se lo richiede, allora il verbo è transitivo) non può mai rispondere alle domande "chi" o "cosa". Molti verbi intransitivi e tutti i verbi riflessivi richiedono ESSERE come ausiliare nei tempi composti e possono reggere un complemento di termine (indirect object) o complementi di tempo, luogo, ecc.
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La parola ausiliare deriva dal latino auxilium che significa "aiuto". In italiano, come nel latino e nelle altre lingue romanze, ci sono solo due ausiliari: AVERE e ESSERE. Questi "ausiliari" sono verbi che "aiutano" altri verbi nei tempi composti. Tutti i verbi usati transitivamente richiedono l'ausiliare AVERE nei tempi composti e non richede l'accordo in numero e in genere. Molti verbi intransitivi, specialmente i verbi di movimento che indicano uno spostamento (andare, ritornare, venire, arrivare, cadere, partire, ecc.), tutti i verbi riflessivi, i verbi impersonali e quelli passivi richiedono ESSERE come ausiliare nei tempi composti e richiedono l'accordo in numero e in genere.
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I tempi
composti sono
tempi
che richiedono un ausiliare + participio
passato e sono dunque composti di due (2) elementi. I "tempi semplici" invece hanno solo un (1) elemento verbale, per es. l'imperfetto e il passato remoto. Questi
tempi
composti si creano con due elementi: 1. AVERE /
ESSERE al presente/imperfetto/futuro/passato
remoto (dipende dal tempo composto) +
2. participio
passato del verbo .
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La radice
(< latino radix
[radice ="root"]) del verbo è
la parte principale del verbo che NON
CAMBIA. È alla radice che
aggiungiamo (to add) le
desinenze.
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I verbi italiani sono classificati in tre (3) coniugazioni: -are, -ere, -ire (-isc). Per esempio: il verbo amare appartiene (belongs to) alla 1a coniugazione -are; il verbo mettere appartiene (belongs to) alla 2a coniugazione -ere (e tutti i verbi -rre del tipo porre, tradurre, trarre; il verbo dormire appartiene (belongs to) alla 3a coniugazione -ire (il verbo finire appartiene [belongs to] alla 3a coniugazione -ire, del tipo "isc"). Coniugare (conjugate) (< lat. "coniugare" [to join together "stem" and "ending"]) il verbo vuol dire farlo entrare nel paradigma (paradigm, pattern) verbale delle desinenze, cioè dare la forma corretta per ogni "persona" del verbo in una lista completa sia in forma scritta sia in forma orale per un dato modo e tempo. Ogni coniugazione ha delle vocali (vowels) tematiche (thematic, particular): a per -are; e per ere; i per ire. |
L'azione del verbo
riflessivo (< lat. riflexare [riflettere]) si "riflette"
(reflects back to) sul soggetto. L'oggetto e il
soggetto sono la stessa persona.
I verbi riflessivi si coniugano con le
"particelle pronominali": una forma speciale di oggetto che si riflette
sul soggetto stesso che compie l'azione. Ecco un esempio di un verbo
riflessivo.
Di solito, i verbi riflessivi sono comunemente divisi in
verbi riflessivi e verbi reciproci (reciprocal).
Il tipo pronominale (<lat. pro nomen [per il nome (on
behalf of the noun)]) è il tipo qui sopra, già visto. Il
tipo reciproco significa che l'azione è
fatta reciprocamente (reciprocally) da un soggetto
(e quindi oggetto) al plurale all'altro. Siccome (since)
il soggetto è al plurale, anche le particelle pronominali corrispondono
(correspond to) alla 1°, 2° e 3° p. pl. solo:
ci, vi, si.
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Il verbo impersonale
(im- = non) NON ha una persona determinata come soggetto.
Per es., il verbo impersonale si riferisce (refers to)
a fenomeni atmosferici (atmospheric phenomena).
Alcuni verbi impersonali sono nevicare (to snow),
grandinare (to hail), piovere
(to rain), tonare (to thunder),
ecc. e espressioni del tipo "fa freddo, fa caldo, fare
tempesta", ecc. Il verbo impersonale si usa solo alla 3a
p. sing. di tutti i tempi nei modi
indefiniti.
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I verbi servili hanno la funzione di
"servire" o aiutare altri infiniti. I tre (3)
verbi servili sono dovere, potere e volere e
indicano obbligo, capacità e desiderio.
Con i tempi composti, i verbi servili
prendono l'ausiliare richiesto dall'infinito
che segue.
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Il verbo ausiliare
essere è uno dei due (2)
ausiliari che si adoperano in italiano.
"Essere" si usa nei seguenti (following) casi:
Bisogna anche ricordare che siccome l'italiano è sempre stata una lingua "patriarcale" il genere maschile prevale in contesti di "femminilità" e di "maschilità" assieme.
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I verbi irregolari (non regolari)
sono verbi che non seguono (follow) perfettamente
il modello delle coniugazioni. La prima coniugazione ha solo tre (3) verbi irregolari: andare, dare, stare. La seconda coniugazione ha gran parte dei verbi irregolari, al passato remoto e al participio passato. Alcuni verbi sono avere, bere, dovere, essere, fare,piacere, porre, potere, rimanere, sapere, tenere, tradurre, trarre, vedere, vivere, volere. La terza coniugazione ha pochi verbi irregolari. Alcuni sono dire, uscire, venire. |
Il tempo (< lat. tempus [time])
del verbo indica "quando" o "in quale momento"
l'azione avviene (occurs). L'azione può avvenire
al presente, al passato o
al futuro rispetto al (with reference to,
with regards to) presente. I tempi principali sono tre (3): presente; passato; futuro
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Un modo (< lat. modus) indica la
maniera (manner) in cui l'azione del
verbo avviene. Ogni modo comunica un aspetto
diverso della modalità (modality) del verbo. In
italiano, ci sono sette (7) modi divisi in due (2) classificazioni :
modi definiti; modi
indefiniti.
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Abbreviazioni usate |
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* ec(c). indic. lat. n. sing. p. pres. pl. sec. v. |
agrammaticale (non grammaticale) viene da, deriva da che finisce in ...-* ...che inizia in 1a 2a 3a eccettera (et cetera [etc.]) modo indicativo latino numero singolare persona grammaticale presente plurale secolo verbo; vedere |
Per informazioni
sulla grammatica completa, vedi i seguenti libri:
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