Pensatore politico e scrittore inglese. Formatosi in un ambiente familiare
puritano radicaleggiante, frequentò la Hoxton Academy e per alcuni anni,
sino al 1783, svolse attività pastorale in piccole comunità di
dissidenti protestanti, dedicandosi poi interamente all'attività
pubblicistica ed editoriale. Il suo radicalismo religioso lo portò a
evolvere verso l'ateismo, mentre andavano chiarendosi i suoi ideali libertari
che applicò in campo pedagogico. Nel 1796 ebbe inizio la sua convivenza
con la scrittrice Mary Wollstonecraft (V.),
pioniera del movimento femminista. Discepolo dell'Illuminismo settecentesco,
G. fu un importante anticipatore delle dottrine che contribuirono alla
formazione del movimento socialista. Nel 1793 pubblicò
Enquiry
concerning Political Justice (Analisi sul principio della giustizia
politica). L'opera, molto importante e significativa per l'epoca in cui fu
scritta, è assai più vicina al pensiero anarchico che a quello
socialista.
G. infatti presenta l'ideale di una umanità libera da
qualsiasi forma di governo, affidata interamente allo spontaneo senso di
comprensione dei singoli, guidati dalla suprema legge della ragione. Egli
considerava la ragione come una guida alla verità e alla bontà,
innata in tutti gli uomini, anche se sopraffatta da convenzioni irrazionali e da
sistemi coercitivi. Concepiva il progresso umano come un continuo sviluppo e
credeva in un processo continuo e infinito del progresso che avrebbe portato a
una sempre più alta razionalità e a un crescente benessere
materiale. Affermava l'eguaglianza dei diritti di tutti gli uomini, pur se
diversi tra loro per capacità naturali e per sapere, oltre a criticare
l'appropriazione da parte di una minoranza delle risorse naturali che avrebbero
dovuto spettare a tutti. Discepolo dei filosofi illuministi francesi,
G.
affondava le proprie radici nel puritanesimo inglese e il suo anarchismo
comunista poggiava sull'esaltazione della coscienza individuale, portandolo a
negare qualsiasi dovere di obbedienza verso altra voce che non fosse quella
della propria coscienza: nessun organismo collettivo, per quanto
democraticamente strutturato, ha il diritto di ordinare a un individuo di
operare diversamente da come gli detta la sua coscienza illuminata dalla
ragione. Ispirato dal puritanesimo era anche il disprezzo che egli nutriva per
ogni forma di consumo individuale superfluo e artificialmente indotto. Questa
sua avversione non lo induceva però a rifiutare i progressi della tecnica
che accettava pienamente, augurandosi che un giorno la meccanizzazione avrebbe
posto fine alla necessità di compiere faticosi lavori manuali. L'uomo
ideale da lui prefigurato era colui che dipendeva solo dalla propria autonoma
iniziativa, perseguendo la felicità propria e quella altrui. La
società, intesa come qualcosa di distinto dagli individui che la
compongono, non aveva alcun diritto di imporre obblighi morali e di pretenderne
fedeltà dagli individui. Il suo ideale di organizzazione sociale era
quello di piccole comunità locali che si reggessero esercitando un libero
dibattito nel prendere decisioni. Egli non intendeva rendere collettiva la
proprietà, ma abolire l'idea stessa di proprietà. Intervenendo sul
problema dell'istruzione, affermava che un'educazione forzata era altrettanto
cattiva quanto un governo imposto dall'alto, degenerando in catechizzazione e
nozionismo, tale da minare la fiducia nelle proprie capacità di giungere
alla verità. Il tipo di educazione da lui auspicato doveva basarsi sul
libero e spontaneo scambio di idee, nell'ambito dei gruppi comunitari. Scrisse
alcuni romanzi di contenuto utopistico, tra cui:
Le cose come stanno o le
avventure di Caleb Williams (1794). Tra le altre sue opere ricordiamo:
L'indagatore, riflessioni sull'educazione, i costumi e la letteratura
(1797);
Storia del Commonwealth britannico (4 volumi 1824-28);
Pensieri sull'uomo (1831) (Wisbech, Cambridgeshire 1756 - Londra
1836).