Essere fantastico di piccolissima statura a cui i visionari ebrei (cabalisti)
attribuivano grande astuzia e una natura benigna; gli
g., secondo la
leggenda, abiterebbero nelle viscere della terra e farebbero la guardia ai
tesori in essa sepolti o ai giacimenti di gemme e di metalli preziosi. ║
Nelle rappresentazioni grafiche gli
g. sono alti 50 cm, hanno la barba
lunga e bianca e molto spesso appaiono deformi e pieni di rughe e di grinze. I
Tedeschi li hanno sempre raffigurati con un cappuccio sulla testa: si
tratterebbe di un magico copricapo che avrebbe il potere di renderli invisibili.
I loro interessi sono rivolti soltanto alle gemme e ai metalli preziosi, che
essi sanno lavorare con grande abilità usando minuscole incudini e ancor
più piccoli martelli. In certe leggende, anzi, essi fabbricano le armi
destinate agli dei. Gli
g. non condurrebbero vita da scapoli ma avrebbero
le loro donne, piccolissime, ma di una bellezza senza pari: oltre che ai doveri
coniugali esse provvederebbero a mantenere in ordine le grotte usate come
abitazione e cucirebbero le vesti degli ometti e le proprie, sfarzosissime.
║ Leggende di
g. esistono in tutti i Paesi del mondo. Le saghe
nordiche parlano di
g. (noti anche come
folletti - per quanto
questa denominazione sia più propriamente attribuita agli spiriti
dell'aria - che rappresenterebbero le forze elementari della terra) come di
esseri nati dalle carni del gigante Ymir che diede vita anche ai giganteschi e
malefici
Hrlmthursar (giganti del gelo). Ma gli
g. sarebbero nati
dopo la morte di Ymir, ucciso da Odino e dai suoi fratelli; dalla decomposizione
del suo corpo sarebbero stati originati dei vermi che gli dei, però,
dotarono di forma umana oltre che di abilità e di intelligenza,
costringendoli poi a vivere nelle viscere della terra. Molti di essi avrebbero
poi sfidato Odino a gareggiare con loro per vedere chi fosse il più
saggio. Quattro
g., inoltre, sarebbero stati incaricati di sostenere la
volta celeste, incarico che avrebbero poi abbandonato quando gli dei
trasferirono la loro sede nel Valhalla. Antichissime leggende narrate da
Aristotele, da Filostrato, da Plinio, da Isidoro ed altri famosi scrittori greci
e latini parlano di esseri piccolissimi che alcuni ritengono essere gli
g. ed altri i pigmei. Tra le numerose divinità degli antichi
Romani sono i
minuti dei corrispondenti forse agli
g. Secondo
vecchie credenze europee e specialmente irlandesi, gli
g. non godrebbero
dell'eternità ma potrebbero vivere anche molti secoli. Nelle
rappresentazioni grafiche gli
g. sono alti 50 cm, hanno la barba lunga e
bianca e molto spesso appaiono deformi e pieni di rughe e di grinze. I Tedeschi
li hanno sempre raffigurati con un cappuccio sulla testa; si tratterebbe di un
magico copricapo che avrebbe il potere di renderli invisibili. I loro interessi
sono rivolti solo alle gemme e ai metalli preziosi, che essi sanno lavorare con
grande abilità usando minuscole incudini e ancora più piccoli
martelli. In certe leggende, anzi, essi fabbricano le armi destinate agli dei.
Gli
g. non condurrebbero vita da scapoli ma avrebbero le loro donne,
piccolissime ma di una bellezza senza pari; oltre ai doveri coniugali esse
provvederebbero a mantenere in ordine le grotte usate come abitazione e
cucirebbero le vesti degli ometti e le proprie sfarzosissime. Leggende di
g. esistono, si può dire, in tutti i Paesi del mondo: in India si
chiamarono
arhhas; in Persia
pa-lis, sorta di nanetti cattivissimi
che uccidevano la gente facendo loro il solletico sotto i piedi. Secondo il
Talmud il re Salomone sarebbe stato aiutato da uno
g. piccolissimo
nella costruzione del Tempio. Gli
g. irlandesi sono chiamati
cluricauns, di professione ciabattini: ciascuno di essi conserva in una
logora borsa una monetina magica che, quando viene spesa, è
immediatamente sostituita da un'altra. In generale, poi, tutti gli
g.
sono in ottimi rapporti con le fate mentre cercano sempre di danneggiare le
streghe. La letteratura si è spesso interessata ad essi; ricordiamo la
Saga dei Nibelunghi, i
Canti dell'Edda,
La tempesta di
Shakespeare, la
Notte di Valpurga di Goethe (nel
Faust), le favole
dei fratelli Grimm: ma ne parlarono anche autori moderni come A. Munthe, S.V.
Benet, J. Stephens.