(dal latino
gladius: spada corta). Il termine indicava colui che, nei
combattimenti del circo, combatteva con la spada. Poi, per estensione, venne ad
indicare tutti coloro che combattevano a morte negli anfiteatri davanti ad un
pubblico. Gli spettacoli gladiatorii ebbero origine presso gli Etruschi come
combattimenti funerari in sostituzione delle vittime umane che venivano in
precedenza sacrificate alla memoria dei defunti. Tali combattimenti vennero
introdotti in Roma nel 254 a.C. in occasione dei funerali di Decimo Bruto e
l'usanza permase per tutto il periodo della Roma repubblicana, sviluppandosi poi
durante l'Impero. I
g. erano generalmente prigionieri di guerra o schiavi
condannati. Non era tuttavia raro il caso di uomini liberi che abbracciassero
per miseria tale professione. Per evitare che tale fenomeno si estendesse,
Augusto promulgò un editto che proibiva ai senatori e ai cavalieri di
partecipare direttamente ai giochi dei
g. Questi erano acquistati da
appaltatori che li addestravano in scuole particolari dette
ludi
gladiatorii. A seconda delle armi di cui facevano uso erano chiamati con
nomi diversi; le loro divinità erano Marte, Diana ed Ercole Silvano. Gli
spettacoli iniziavano con la sfilata dei
g. davanti all'imperatore che
veniva salutato con le parole
Ave Caesar, morituri te salutant. Un
g. ferito aveva la facoltà di chiedere la grazia della vita agli
spettatori che potevano concederla o rifiutarla alzando od abbassando il dito
pollice. Dal 73 al 71 a.C. una famosa rivolta di
g. mise in pericolo le
strutture della Repubblica. Tale rivolta, guidata dallo schiavo trace Spartaco,
venne repressa da Pompeo il Grande. I giochi vennero definitivamente aboliti nel
402 dall'imperatore Onorio.