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Giàmbico.

Costituito di giambi. ║ Che ha carattere e tono d'invettiva, di satira. ║ Poesia g.: gli antichi chiamarono giambo il genere poetico dell'invettiva e della satira personale. La poesia g., affermatasi fra le popolazioni ioniche dell'Asia Minore, nelle feste di Dionisio e di Demetra, risente dell'individualismo ionico e della origine popolare. Il genere è considerato inventato da Archiloco di Paro, continuato, ma con tono più mite ed impersonale, da Semonide di Amorgo; crudelmente realistico è Ipponatte di Efeso, il classico dei giambografi, secondo gli Alessandrini; in lui compare, per la prima volta nella letteratura, il trimetro g. scazonte o collambo. Lo spirito g. rivive nella commedia attica antica ma con intenti diversi. In seguito, nei IV e III sec. a.C., l'aggressività personale si esprime di preferenza nell'epigramma. La poesia g. vera e propria si smorza nella semplice parodia secondo le nuove esigenze del gusto. In Roma il libero e rude motteggio, si afferma nei canti festivi di nozze e nei carmi trionfali. Nevio, poeta plebeo, portò sulla scena l'invettiva personale contro illustri personaggi. Lo spirito g. antico rinasce con Lucilio e più ancora nei neòteroi (e soprattutto in Catullo) e nei metri e nelle forme rinnovanti l'antica poesia di Archiloco. Orazio ridà al giambo la ricca varietà di forme metriche di Archiloco; i suoi giambi sono paralleli alla satira e avviamento alla lirica. L'ultima fioritura del giambo è nel senario, nello scazonte, nell'epodo di Marziale.