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Giustino, Santo.

Apologista e martire cristiano. Fu uno dei primi padri apologisti ed è considerato il fondatore della patristica. Figlio di pagani, e pagano egli stesso, passò, come afferma nel Dialogo con Trifone (era questi un ebreo col quale ebbe una disputa a Efeso nel periodo 132-135), da una fase stoica, attraverso una maturazione che lo portò ad abbracciare, prima, la dottrina peripatetica, poi quella pitagorica, a una lunga progressione di platonismo, finché, a Cesarea di Palestina, un vecchio maestro gli confutò anche il platonismo, inducendolo alla lettura della Bibbia, così da portarlo alla convinzione che la "la filosofia cristiana era l'unica veramente certa e utile", e che altro non era che l'insegnamento di Cristo. Cercando allora di conciliare la filosofia con la religione egli giunse a sostenere la dipendenza dei filosofi classici, specialmente di Platone, da Mosè e dai Profeti. Secondo G., infatti, coloro che vissero secondo ragione, pur se creduti atei, sono in realtà cristiani. Infatti, la verità, cui giungono anche i pagani, dipende dai semi di verità presenti in ogni uomo e che s'incarnano pienamente nel Cristo (il Logos, il Verbum del Dio immutabile), ma che sono diffusi anche in tutti i filosofi antichi. Tali semi di verità spiegano la concordanza tra cristianesimo e paganesimo e la concezione del cristianesimo come unica, vera filosofia: identificazione di fede e ragione. È in questa concezione del necessario risolversi nel cristianesimo del pensiero classico e, quindi, nella fondamentale accettazione della filosofia antica, che sta il contributo vitale di G. alla formazione del pensiero cristiano. Tra le sue opere apologetiche è nota soprattutto la Supplica in favore dei cristiani, in cui per la prima volta vengono rivelati ai pagani i misteri e i riti eucaristici e l'Apologia in cui, rivolgendosi a Marco Aurelio, dimostra la superiorità del cristianesimo sullo stoicismo (Flavia Neapolis, San Maria 100 circa - Roma 165 circa).